Un ambasciatore poco diplomatico, lo scivolone di Orlowski

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Un ambasciatore poco diplomatico. Traspare questo dalla lettera che sua eccellenza Tomasz Orlowski, rappresentante della Polonia a Roma, ha scritto al padre abate di Montecassino Donato Ogliari.

L’ha inviata per lamentarsi di quanto ha appreso dai giornali: un dazio per passare sulla strada lungo la quale i suoi eroici compatrioti nel ’44 diedero la vita per conquistare l’abazia di Montecassino.

Una feluca esperta come quella di sua eccellenza Orlowski questa volta ha compiuto una serie di errori.

Non è nei canoni della diplomazia scrivere una lettera destinata ad una persona e poi sbatterla su Facebook prima che il destinatario l’abbia ricevuta e letta. C’è differenza tra le ‘lettere aperte’, cioè destinate ad essere conosciute da tutti, e le lettere private.

Scrivere una lettera privata e pubblicarla come è avvenuto, rappresenta una grave mancanza di rispetto nei confronti del destinatario. E’ una forma di maleducazione nel momento in cui quel destinatario indossa la tonaca. Rasenta l’insulto nel momento in cui quel destinatario è un padre abate ordinario che è a capo dell’abazia di Montecassino cioè in uno Stato estero.

Significa voler venire meno al rispetto che si deve ad un uomo, un pastore, una guida di una comunità millenaria alla quale la Cultura europea deve molte delle sue conoscenze.

Un atteggiamento tanto irriguardoso non si vedeva dai tempi del regime di Bolesław Bierut che mise agli arresti quel sant’uomo di Stefan Wyszyński, primate di Polonia, guida dalle cui mani uscì Karol Woijtyla.

Qualcuno spieghi a eccellenza Tomasz Orlowski che l’Italia sta con le pezze ai pantaloni, si è fatta rappresentare da primi ministri al quanto surreali nello scenario politico europeo, ma nondimeno egli è tenuto a al rispetto dell’Italia, delle sue democratiche istituzioni, che non sono vassalle di Varsavia in alcun modo.

Non è nei canoni di un ambasciatore di carriera rivolgersi all’abate di Montecassino come se fosse un sottoposto, scrivendogli «Con quest’ultimo gesto siamo costretti a prendere atto che anche le Sue rassicurazioni sono venute meno».

Non è nei canoni di un fine diplomatico stare al telefono con il sindaco di Cassino, concordare con lui una visita sui luoghi in cui gli eroici soldati polacchi confermarono tutto il rispetto e l’ammirazione che si deve a coloro che portano la divisa con cui a Krojanty non esitarono a lanciarsi, a cavallo e sciabola sguainata, contro i panzer nazisti. E dopo avere concluso la telefonata, firmare un’invettiva di quel genere senza nemmeno informarne il primo cittadino.

Se è un politico che aspira a diventare ministro, allora si può comprendere. Ma se è ambasciatore, allora è poco diplomatico.

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