Una risata per seppellire il potere

La satira che frusta il potere. Non è solo un fenomeno nazionale. Se si ha la capacità, l'intelligenza, si può fare anche sui territori. Nasce così il fenomeno 'Uanemammamea'

Paolo Carnevale

La stampa serve chi è governato, non chi governa

Il principio è sempre quello messo a punto a suo tempo dal poeta latinista francese Jean de Santeul. La satira “castigat ridendo mores”. Ovvero: il suo scopo è sempre quello di dare mazzate sui denti al potere, di qualunque natura sia, utilizzando l’arma più rivoluzionaria che ci sia; la risata (che, bene ricordarlo, per Baudelaire era satanica).

In italia gli esempi non mancano: per i più anziani c’era Il Becco Giallo. Un coraggioso insieme di vignette e didascalie capace di prendere in giro (quando era difficile farlo) il regime fascista. Capace, per dire, di ritrarre Benito Mussolini gonfio e supponente sulla bara di Giacomo Matteotti.

La celebre beffa su Ugo Tognazzi

Per quelli di poco più giovani c’era Il Male. Qui la satira era soprattutto di costume. Capace di mettere insieme sacro e profano, alto e basso. Chi non ricorda la copertina su Tognazzi capo delle Br? C’è da pensare che l’Ugo nazionale si stia ancora sganasciando (uno che, per dire, arrivò a comprarsi l’isola norvegese di Fan-Kul solo per mandarci la ex moglie; sono soddisfazioni, in effetti).

Per i redattori di questo giornale si potrebbe restare ore a parlare di Cuore. Il supplemento satirico de L’Unità diventato, ai tempi di Tangentopoli, simbolo di un’epoca. Da “Hanno a faccia come il culo” a “Scatta l’ora legale, panico tra i socialisti”, il giornale di Michele Serra ha segnato un periodo storico. 

E oggi?

Il fenomeno Uanemammamea

Alcune foto di Uanemammamea

Se siete ad Anagni potreste, ogni tanto, dare un’occhiata alla pagina di Uanemammamea. Una crasi nata dall’unione tra due espressioni tipiche della città dei papi, diventata col tempo simbolo di un modo di vedere la politica locale in bilico tra lo sberleffo e la sottile analisi politica. Che poi spesso è la stessa cosa.

Se riuscite a superare (ma non è difficile) le difficoltà legate all’uso del vernacolo locale (del resto, il Vernacoliere di Livorno è letto in tutta Italia), scoprirete che la satira è anzitutto un modo intelligente di vedere la realtà che si ha davanti.

Per cui si può collegare la vicenda di Franco Stazi trombato dalla Pro loco a quella di Giorgia Meloni, al grido di “Io sono Franco, io sono un marito, io sono un attore, io sono un ex presidente della Pro Loco”. O si può pensare che (qualche mese fa) Fiorito sarebbe stato meglio averlo come candidato a palazzo Chigi che candidato sindaco ad Anagni. O si può utilizzare l’immortale Troisi di Non ci resta che piangere (“mo’ me lo segno”) per commentare l’esortazione al sindaco Natalia di fare presto con la frana della Calzatora. (Leggi qui: Blitz alla Pro Loco, inizia la marcia verso il voto. E leggi anche: Cosa non quadra nella rimozione del presidente Stazi).

Il ‘potere’ nel mirino

Il sindaco Daniele Natalia con l’assessore Carlo Marino

Certo, Uanemammamea (come Bettino Craxi all’epoca di Cuore) ha i suoi bersagli preferiti. Come Carlo Marino, la cui maschera da assessore alla Cultura è “la migliore dell’ultimo Carnevale”. Come il sindaco Daniele Natalia, sbeffeggiato più o meno apertamente per l’atteggiamento ondivago sul caso del biodigestore. O come il consigliere Riccardo Ambrosetti, affiancato a Mike Tyson per la sua nota condiscendenza alle critiche.

Insomma, quelli di Uanemammamea svelano, il lato ridicolo (c’è sempre) del potere. Restando fedeli al motto del ‘68; in qualunque circostanza e ad ogni latitudine “una risata vi seppellirà”.

Vediamo che tirano fuori per la prossima campagna elettorale.