Mercoledì sera l'ex Segretario ed ex premier Matteo Renzi sarà a Frosinone per presentare il suo libro Un'Altra Strada. Sarà l'occasione per l'investitura di Valentina Calcagni. E per capire quanto siano distanti le strade dell'ex rottamatore dalla moderna via del Pd
Sì d’accordo, viene a a presentare un libro. Ma già il titolo è evocativo: “Un’altra strada: idee per l’Italia di domani“. Un’altra strada, con riferimento a quella che lui ha provato a percorrere durante la sua stagione da Presidente del Consiglio, da rottamatore, da uomo nuovo della sinistra italiana. E fino ad un certo periodo ha percorso. Prima di quel maledetto 4 dicembre 2016 quando il referendum costituzionale fu bocciato. E quando lui stesso commise degli errori: per averlo polarizzato troppo sulla sua persona. Fu l’inizio della fine della strada.
Ma Un’altra strada, per Matteo Renzi, potrebbe essere quella che porta al suo futuro politico. Perché lui dalla scena politica non è mai sparito. Mai si è messo da parte.
Si d’accordo fa il senatore, non è più lui Segretario del Partito, ora c’è Nicola Zingaretti che ha tutta un’altra impostazione: più di sinistra, più in linea con quella che è la storia del Pd. Ma Matteo Renzi un ruolo continua a recitarlo. E lo continuerà a rectare
C’è un dato che forse è passato inosservato: Nicola Zingaretti ha scelto di nominare la Segreteria Politica soltanto dopo le Europee: non soltanto perché le Europee saranno la madre di tutte le battaglie politiche, ma perché diranno quale è il peso ed il controllo che il neo segretario ha effettivamente sul Partito Democratico.
Zingaretti vorrebbe, in cuor suo, aprire una porticina per la ditta di Pier Luigi Bersani, quelli che comunque un pezzo di storia del Partito l’hanno costruita. Una porticina per quelli che ad un certo punto se ne sono andati dal Pd renziano nel quale non potevano più stare: troppo diverso dal loro modo di essere, di pensare, di immaginare la strada per il futuro del Paese. A partire da Massimo D’Alema e gli altri passati con MdP.
Un’altra strada, questa, troppo diversa e distante da quella immaginata da Matteo Renzi che non vuole neppure immaginare uno scenario in cui si possano prendere in considerazione accordi, intese programmatiche, con il Movimento 5 Stelle. E allora la partita per la Segreteria è la partita politica all’interno del Partito. Nicola Zingaretti ha vinto, non c’è dubbio, è lui il segretario, non c’è dubbio, è il leader non c’è dubbio. Ma Matteo Renzi è lì e non ha una vocazione da gregario
Mercoledì alle 21 presso il salone della Provincia presterà il suo libro Un’altra strada. E con lui, alle sue spalle, ci sarà come sempre Francesco Scalia, ex senatore Pd. È lui quello che ha organizzato l’evento: che sarà un riconoscimento ufficiale all’ultima giapponese rimaste fedele nella foresta delle Filippine: Valentina Calcagni.
Sia lei che Scalia non hanno mai rinnegato l’esperienza renziana. Eppure fino a poco più di un anno fa erano tutti renziani in provincia di Frosinone, come adesso sono tutti zingarettiani. Il Pd sotto questo punto di vista in provincia di Frosinone si muove forse prima, anticipando quello che è il flusso delle tendenze del Pd a livello nazionale.
Matteo Renzi non è uno che puoi mettere da parte. Certo parlerà del libro, ma non ha la vocazione dello scrittore: non è un Federico Buffa, quello che racconta le storie più grandi dello Sport mescolandoci la storia, la cultura, la società. Matteo Renzi è un politico, resta un politico, resta l’ex rottamatore, resta quello che ha mandato in soffitta una intera generazione del Pd. Che ha pagato politicamente, soprattutto all’interno, questo suo voler cercare di cambiare.
Cosa resta oggi dell’altra strada costruita da Matteo Renzi nel Partito Democratico. Non lo scopriremo con il libro. Lo scopriremo invece da quelle che saranno le presenze di mercoledì nel salone di Rappresentanza. Osservando chi ci sarà, seduto accanto a Francesco Scalia e Valentina Calcagni.
Bisognerà vedere chi ci andrà e come ci andrà. Se ci andranno per curiosità, per ascoltare ciò che vuole dire quello che comunque resta un senatore Pd ed un ex premier. Sarà interessante vedere se ci saranno Francesco De Angelis e Mauro Buschini, i leader della componente Dem largamente maggioritaria in provincia di Frosinone. Che hanno dato linfa vitale al giglio renziano ottenendone poco o nulla: la candidatura negata a De Angelis per Montecitorio grida ancora vendetta. Tanto quanto quella negata a Scalia a Palazzo Madama. È vero, c’erano in lista: ma in posizioni mai eleggibili.
Il che autorizzerebbe molti a declinare. Tanto quanto la concomitante partita della Juventus contro i lancieri dell’Ajax. Vedremo se prevarrà quello che può essere il non farsi vedere troppo vicino a Renzi, che comunque resta molto distante da Zingaretti.
Sarà interessante vedere se ci sarà qualcuno che professerà la propria fede renziana. Se ci sarà l’ex senatrice Maria Spilabotte o l’ex parlamentare Nazzareno Pilozzi che è stato un fedelissimo di Maria Elena Boschi petalo pregiato e potentissimo del fu giglio magico.
Un’altra strada – è questo il punto – indicherà una via che poteva essere percorsa e che può ancora essere ripresa. Bisogna capire quanto e fino a che punto ci sia spazio per quella via nel Pd di Zingaretti. Che una cosa ha detto subito dopo l’elezione. E cioè che deve finire le stagione del Segretario che deve per forza essere candidato premier. Significa che c’è spazio per tutti che i recuperi sono possibili.
D’altronde, esattamente alle scorse Europee, Matteo Renzi centrava il 40% di consenso del Pd. Una percentuale centrata solo da De Gasperi padre della patria, Amintore Fanfani cavallo di razza della Dc. Dopo, quel consenso è evaporato, vale per tutti: vale per la attuale stagione politica che vede veleggiare con il vento in poppa la Lega ed in risalita il M5S.
Ma la competizione Europea è la scadenza che dà al Pd di Zingaretti l’occasione per schiodarsi dalle secche del 18% per tentare di rimettersi in rotta. E magari agganciare o superare i grillini. Per fare questi occorrono tutti: da Zingaretti a Franceschini, da Boschi a Guerini.
Il Pd non può permettersi spaccature. E nemmeno si può permettere di perdere Matteo Renzi. Allora si che ci sarebbe il rischio di imboccare un altra strada. Da Renzi però.