Urbanistica: silenzio, parla Ottaviani

Alla fine, dopo averci dormito su qualche ora ed avere metabolizzato il trionfo politico centrato nella nottata, il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani rompe il silenzio. E lo fa per dare la sua chiave di lettura su quello che è successo durante la notte quando ha ottenuto il via alla pratica urbanistica da 35mila metri cubi a ridosso della Villa Comunale con cui si ridisegna il profilo della parte bassa di Frosinone, in un’area a ridosso di antichi reperti romani (leggi qui la nostra cronaca della nottata)(leggi qui come hanno raccontato il Consiglio Comunale i quotidiani locali).

L’Ottaviani – pensiero è 1) “Il consiglio ha approvato una serie di pratiche urbanistiche che la città attendeva da oltre quarant’anni” 2) “La città ci guadagna 5.800 mq di aree su cui realizzare piazze, parcheggi e verde mentre ai privati vengono concessi 21.000 mq di superfici edificabili”. 3) In questo modo vengono sbloccati investimenti per circa 50 milioni di euro, con l’incasso di circa 1,5 milioni per oneri urbanistici e concessori”.

Per Ottaviani 《Il pacchetto urbanistico vagliato dal consiglio comunale colma il gap edificatorio lasciato dal vecchio Prg, datato ormai quarant’anni,  nella zona compresa tra via Aldo Moro,  piazzale De Matthaeis,  via Tiburtina e via Maria. Grazie allo strumento dell’articolo 28 bis vengono sbloccate risorse private che rischiavano di spostarsi verso gli altri Comuni del circondario, facendo venir meno finanziamenti importanti per la riqualificazione urbanistica ed ambientale.  A breve saranno valutate altre proposte di compartecipazione pubblico – privato,  essenziali per lo sviluppo in periodi in cui i finanziamenti regionali e statali continuano ad essere ridotti》.

E sulla questione terme? Quella che ha portato decine di cittadini a manifestare, sostenendo che quella colata di cemento cancellerà gli antichi reperti romani? Le slides proiettate durante la notte e le carte esibite in aula dicono che non è vero niente e che nessun’opera andrà a toccare alcun reperto. Ottaviani contrattacca e dice di avere riaperto gli scavi:《Dopo la confusione che si era creata di recente sulle terme romane  abbiamo adottato una delibera con la quale viene disposta la riapertura dell’impianto termale e degli altri reperti archeologici presenti sull’area posta a ridosso della Villa Comunale. Inoltre, è stato chiarito con grafici e tavole catastali che l’intervento edilizio proposto da un privato sulla particella n. 159 non riguarda l’area delle terme romane, ma un altro sito che la Sovrintendenza per i Beni Archeologici e la Direzione Regionale competente non hanno ritenuto di interesse archeologico. Abbiamo, comunque, imposto al privato la tutela e la salvaguardia di qualsiasi reperto che dovesse emergere nel corso della cantierizzazione che riguarda un’area,  purtroppo, qualificata come edificabile dal Prg e ribadita come tale, appunto edificabile, dalle amministrazioni comunali del 2004 e del 2011. Per questo motivo, in controtendenza rispetto al passato, abbiamo deliberato la riapertura dei reperti delle terme romane, attraverso il finanziamento del nuovo progetto di un privato, riportando alla luce quei resti sui quali in passato vennero stesi asfalto e cemento. Il patrimonio archeologico appartiene all’intera collettività e non è permesso ad alcuna amministrazione di “abbelarlo”, per utilizzare uno slang neologico》.

Non la pensa così l’associazione Oltre l’Occidente secondo la quale quello approvato durante la notte è stato uno “scempio di 35 mila mc in località via De Matthaeis nell’area dove i cittadini di Frosinone avevano pensato e sperato ad un parco archeologico senza che si ripetesse la costruzione sull’anfiteatro romano di viale Roma di 47 anni fa. Ciò invece non è stato, nonostante in alcuni punti della discussione le ragioni e lo spirito con il quale stavolta l’opposizione si è battuta sia stato encomiabile e addirittura trascinante. La forza del ragionamento sia tecnico sia generale sembrava potesse scalfire quella che veramente appariva ignoranza crassa o indifferenza o pervicace perseguimento di interessi che non coincidevano con quelli pubblici. Lo stesso Marzi si è lasciato trasportare dall’impeto della difesa di un futuro che non sia riservato solo al cemento (sigh!), proponendo una rivisitazione dell’area dal punto di vista archeologico – la famosa particella 159 che la Soprintendenza ha dichiarato non setacciata sufficientemente. Nella stessa direzione andavano i ragionamenti accalorati di Raffa, le prese di posizione della Martini, i contributi di Galassi, finanche l’intervento di Marini, per ultimo, lasciavano cadere quei dubbi che pure in altre epoche li avevano visti protagonisti in negativo, quando anche loro erano favorevoli all’edificazione in quell’area. Niente da fare. Il pilone centrale, come suo fare, non ha mai indietreggiato. Ha tenuto la posizione anche con argomentazioni spesso fantasiose ed effimere; con ragionamenti che si sovrapponevano in miscugli inintellegibili, facendo apparire la votazione un atto dovuto; un’opera privata come se fosse pubblica; il costruttore improvvisamente preso dall’amore per l’archeologia; lo sconto sugli oneri concessori come favori al territorio; e, appunto, la cementificazione dell’area come la rivalutazione delle terme”.