V come vittoria G come Giorgia M come millantatori

La vittoria di Giorgia Meloni ha scatenato un'orda di millantatori. Sarebbero piaciuti a Flaiano. Eccone un breve ritratto: per riconoscerli da subito

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Insomma è successo davvero: per la prima volta una donna sarà incaricata di formare un governo e di fare il Presidente del Consiglio. Per la prima volta sarà un esponente di destra di quella destra che ha ancora la fiamma nel simbolo. E succede dopo uno straordinario successo elettorale nel quale primeggia il Partito di Giorgia Meloni con più del ventisei per cento staccando Lega e Forza Italia che si fermano sopra l’otto e i moderati vicini all’uno. Dunque realizzando da sola più della somma degli altri Partiti.

Lo dico subito a me è piaciuto molto l’atteggiamento della Meloni. Sia il giorno del voto, dove non è andata a fare passerelle; sia la sera delle elezioni e per tutta la settimana corrente. Niente chiasso né festeggiamenti sguaiati, una giusta felicità per il risultato ottenuto ma soprattutto la sensazione che già da subito abbia capito che il compito che la attende non è affatto semplice.

La giusta sobrietà

Giorgia Meloni (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Per un duplice ordine di motivi. Il primo lapalissiano che guidare una nazione complessa come l’Italia farebbe tremare i polsi a chiunque. Il secondo perché la vittoria è stata talmente ampia da sembrare quasi umiliante agli occhi dei suoi alleati.

La Lega uscita molto ridimensionata ed alle prese con le frizioni interne. Forza Italia che ha sostanzialmente tenuto nonostante i recenti  illustri abbandoni, nessuno dei quali rieletto, che ricordiamo è guidata da un tale, il Cavaliere, che invece esperienza di governo ne ha ed anche una certa dose di autoconsiderazione.

Dunque non sarà semplice per lei superare prima le spine interne. A maggior ragione per il fatto che si è già capito non gradisce figure ingombranti o problematiche all’interno dell’esecutivo. Un esempio per tutti Salvini agli interni.

Troverà poi una pletora di inferociti ad attenderla all’opposizione che, quando si riprenderanno dalla batosta elettorale, affileranno gli artigli per creare ogni difficoltà al Governo. E li sarà determinante un fattore sul quale la destra non ha mai veramente lavorato: la classe dirigente burocratica. Passate le forche caudine degli alleati, dell’opposizione, troverà l’esercito dei dirigenti sinistrorsi ad attenderla che prima si mostreranno suadenti e disponibili per poi disseminarle il cammino di trappoloni di ogni tipo. E finita questa ulteriore prova troverà il bonus finale: l’Europa. E come special d’occasione tutto si svolgerà con un occhio di riguardo nei confronti dello zio Sam, degli Stati Uniti.

Meloni d’Europa

Giorgia Meloni (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Delle uscite della Ursula Von Der Leyen abbiamo già parlato. Joe Biden subito dopo il voto si è fatto immediatamente riconoscere commentando il risultato italiano con una frase che di certo non esprimeva gioia : «Avete visto cosa è accaduto in Italia… Non si può essere troppo ottimisti». (Leggi qui la riflessione su Von Der Leyen: “L’avvelenata” e le elezioni).

Eppure la Meloni nell’ultimo periodo aveva fatto professione di atlantismo assoluta sperticandosi in dichiarazioni filoamericane in ogni campo e latitudine. Infatti una delle poche frasi proferite questa settimana è stata di condanna ferma dell’annessione di quattro regioni ucraine alla Russia beatamente effettuata da Putin con tanto di referendum popolare confermativo.

La dichiarazione di annessione alla Federazione russa di quattro regioni ucraine dopo i referendum farsa, svoltisi sotto violenta occupazione militare, non ha alcun valore giuridico o politico. Putin dimostra ancora una volta la sua visione neo-imperialista di stampo sovietico che minaccia la sicurezza dell’intero continente europeo”. Se l’avessero scritta gli Usa l’avrebbero scritta uguale. Eppure la Meloni “di lotta”nel 2014 con un tweet scriveva: “giusto che sul futuro della Crimea si esprima il popolo con un referendum”. Ecco allora la “Meloni di governo” che prende posizione.

Come strano invece è suonato praticamente il silenzio sulla distruzione del gasdotto north stream che sta provocando ingenti danni ecologici ed ha visto un rimpallo di responsabilità tra Usa e Russia. La mancata presa di posizione vorrà dire che sarà stata informata che forse l’attentato, chiamiamolo così, non è di matrice russa. Che poi non è che servivano i servizi segreti a capirlo, ai russi bastava chiudere i rubinetti non serviva pure rompere il tubo.

Meloni d’Italia

Giuseppe Conte

Ma dopo la prova delle prese di posizione estere la vera chiave della partenza del governo Meloni sarà proprio sull’economia italiana. Forse sarebbe bene scrivere sul disastro economico che ci aspetta in autunno, bollette alle stelle, crisi economica, problemi sociali.

Eppure si dovrebbe capire subito che una parte dei problemi ha natura endemica altri soprattutto quelli energetici sono provocati soprattutto esternamente dal conflitto in corso.

Ciò nonostante c’è chi freme per attaccare la Meloni. Il primo è Conte che celebrando festoso il dimezzamento dei voti come una grande vittoria ha subito attaccato la nuova premier in pectore.

L’ex avvocato del popolo cinguetta su Twitter: “Il nuovo esecutivo mi sembra concentrato sulle caselle del governo: dovrebbe preoccuparsi invece delle famiglie e delle imprese su cui gravano gli aumenti dei costi energetici del 60% circa“.

Le parole di Conte sono di per sé giuste, ma alla guida del Paese si trova ancora il governo di Mario Draghi. Un dettaglio che deve essere sfuggito al leader del Movimento 5 Stelle ma è indicativo del clima che si troverà.

Francesco Aracri (Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica)

Mi è sembrato come quella volta che il “baroneFrancesco Aracri coordinatore regionale di Alleanza Nazionale commentò una mozione in un congresso che si opponeva ad una candidatura prima ancora che quella candidatura si presentasse con queste parole: “mi sembrate come quello che per montare a cavallo prese talmente tanta rincorsa che cadde dal lato opposto”.

Una pedana per Giorgia

Il leader della Cgil Maurizio Landini non è stato da meno ha già avvisato che sta per arrivare il caro bollette. Sembra quasi uno che si era fatto ibernare fino a ieri ed oggi è uscito a rivedere il sole incredulo e spaesato.

Ieri la prima uscita pubblica di Giorgia all’assemblea di Coldiretti. L’aria stanca ma serena. Un blazer blu coi bottoni dorati da tre centimetri come non si vedevano dagli anni ottanta, i jeansetti sdruciti e le Stan Smith bianche diciamo tra il country per l’occasione e lo shabby chic.

Giorgia Meloni (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Quando arriva sul pulpito la fanno aspettare un secondo per montare la pedana rialzata stile Berlusconi sennò scompariva dietro il simbolo Coldiretti. Lei scherza “che umiliazione” ma poi attacca bene.

«Lo Stato crei condizioni per produrre ricchezza. La nostra bussola è non disturbare chi vuole fare. La ricchezza la fanno i lavoratori e le imprese, lo Stato deve metterli in grado di produrla. Il tema non è come compensare la speculazione sul gas ma come fermarla. L’obiettivo è quello di restituire una strategia industriale a questa Nazione che da tempo non l’ha avuta». Parole che piacciono alla platea che a tratti la scambia per Briatore.

E ancora: «L’Italia deve tornare alla difesa del suo interesse per trovare soluzioni comuni.  Lo dicevamo da tempo che in Europa si parte dagli interessi nazionali per arrivare a quelli comuni. Bisogna controllare le catene di approvvigionamento per essere padroni del proprio destino. E bisogna fermare la speculazione sull’energia». 

Insomma brava, equilibrata, chiara, decisa. L’intervento piace. Speriamo rimanga così.

I Millantatori

Giorgia Meloni (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

In platea non solo agricoltori una prima fila di militari pieni di stellette, imprenditori importanti, autorità. Tutti con sorrisi a 48 denti che dicono “presidente siamo con lei conti su di noi”. Magari fino a ieri le davano della “lavannara pesciarola” ma oggi con piglio tutto italico la lodano sperticatamente. Flaiano ne sarebbe compiaciuto.

E qui viene l’ultimo tema della giornata. La M di millantatori. Questa settimana se volete fare un esperimento scientifico sociale avvisterete insieme a noi due tipi di millantatori. Quelli esterni e quelli interni.

Quelli esterni da diverse ore ormai stanno tirando fuori i cimeli della buonanima, il nonno balilla, lo zio in orbace,  l’abbonamento al Secolo d’Italia, il gagliardetto degli arditi,  pronti in fila a farsi ricevere e dichiarare la loro atavica appartenenza ideale per poi rivendicare favori e prebende. In particolare tra i dirigenti pubblici tutti affermeranno di essere stati costretti a tacere la loro anima destrorsa per non incorrere in ripercussioni da parte dell’ordine costituito di rigida gerarchia burocratico sinistra.

Millantatori professionisti

Ricordo la prima volta che andammo al governo con Berlusconi ero nella segreteria di un viceministro le prime tre quattro settimane le passammo a ricevere e filtrare gente che postuma dichiarava il proprio grande sostegno e la straordinaria dedizione. I discorsi erano tutti simili, sappiamo che l’Italia è un Paese di millantatori professionisti.

Quelli più tristi sono però i millantatori interni. Tutti quei dirigenti, eletti, amministratori e sindaci che nonostante siano invisi ai loro locali elettori si sono immediatamente sperticati nel rivendicare lo straordinario successo elettorale che a loro detta era merito dell’attenta ed ineffabile campagna territoriale appena compiuta sul territorio. Qualcuno più millantatore e fantasioso si è spinto a dire che il successo del centrodestra era la conferma che i cittadini apprezzavano l’azione di governo locale decretando il loro trionfo e non invece quello della Meloni. Beati.

Ora ad una analisi sommaria considerato che Fratelli d’Italia è stato il primo Partito in ogni realtà dal Lazio in su forse potevano mettersi d’accordo e stampare un unico comunicato tanto le condizioni numero più numero meno erano identiche su tutto il territorio nazionale. Lo stesso comunicato allora lo potevano fare i Cinque Stelle in tutto il sud, peccato avessero pochi amministratori. Insomma come uno dicesse, gli esempi sono del tutto casuali, ad Anagni alle politiche vince la destra il comune verrà riconfermato a Ferentino vince alle politiche la destra lo stesso quindi il comune verrà bocciato. Poi vedremo se sarà vero. Nel frattempo sa tanto di ridicolo.

La sinusoide degli elettori

Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica

Ormai qualsiasi analista ha capito che l’onda dell’andamento elettorale si comporta esattamente come una sinusoide che premia o punisce chi prima è stato al governo e non è riuscito ad ottenere risultati. Non è un caso che i partiti che hanno ottenuto il primato nelle varie realtà fossero o Fratelli d’Italia o i cinque stelle cioè chi al governo Draghi ed ai precedenti si è opposto e chi lo ha fatto cadere.

È cosi che tra vittorie nette e millantatori conclamati la vincitrice assoluta Giorgia si appresta ad intraprendere la strada di Governo che seppur tortuosa speriamo ed auspichiamo possa percorrere spedita e diretta per il bene dell’Italia e degli italiani.

Auspichiamo restino delusi tutti i gufi che preconizzano una veloce caduta del prossimo Governo per tornare alle ammucchiate istituzionali e che invece la maggioranza netta e forte nei numeri governi come prevede la costituzione forte di questa ondata di fiducia appena raggiunta.

Diceva Gramsci: “La buona politica è connessione sentimentale tra governanti e popolo”. Speriamo per la Meloni che questo sentimento sia lungo e sincero perché spesso, lo sappiamo, gli italiani sono come le belle donne, tanto velocemente si infatuano tanto velocemente tradiscono. Ad maiora.

(Leggi qui tutte le analisi di Franco Fiorito).