Vaticano, le spese di Di Ruzza? “Regolari, archiviamo l’accusa”

Colpo di scena nel capitolo del processo in Vaticano che coinvolge il banchiere ciociaro. Ha dimostrato che le sue spese erano regolari e non approfittò dei soldi dell'Authority Anti Riciclaggio. Chiesta l'archiviazione. Va avanti il processo per il palazzo di Londra.

Se fu distratto e non vide le tangenti resta da accertare, con certezza non fu un accattone e non approfittò della carta di credito: il banchiere Tommaso Di Ruzza di Aquino incassa la prima richiesta d’archiviazione dalle accuse che gli sono state mosse dalla Giustizia vaticana. È avvenuto durante la sesta udienza del processo celebrato oggi per lo scandalo finanziario nato dall’acquisto del palazzo di Londra che ha fatto saltare cardinali e funzionari.

Il caso è quello dell’acquisto dell’immobile di Sloane Avenue a Londra. Un’operazione finanziaria fatta con i soldi del vaticano e molto discussa. Al punto da portare alla citazione per dieci persone, tra cui il cardinale Angelo Becciu (ex Sostituto della Segreteria di Stato) ed il dottor Tommaso Di Ruzza che era a capo dell’Antiriciclaggio. (Leggi qui: Speculazioni nel nome del Signore: le accuse a Di Ruzza).

Le accuse a Di Ruzza

Tommaso Di Ruzza (Foto: Paola Onofri / Imagoeconomica)

La volta scorsa avevano lasciato il processo ed erano tornate alla fase delle indagini una serie di accuse mosse al dottor Tommaso Di Ruzza (ex direttore dell’Antiriciclaggio presso la Città del Vaticano). I suoi avvocati avevano fatto notare che nessuno l’aveva mai ascoltato su quei temi: il direttore si era trovato davanti ai giudici senza avere mai avuto modo di spiegare la sua posizione. (leggi qui Scandalo Vaticano: le accuse a Di Ruzza tornano indietro).

Il reato che gli aveniva contestato è il peculato. In pratica: avere apporofittato della carta di credito dell’Authority usandola per spese personali. In tutto 23mila euro pagate tra il 2015 ed il 2019. Poco più di 4mila euro l’anno. Per cosa? Spese di ristorante, il noleggio di un’imbarcazione, l’acquisto di biglietti aerei e ferroviari, il conto di alcuni alberghi.

In queste settimane Tommaso di Ruzza è stato sentito. Ricevute e agende alla mano ha ricostruito che si trattava di spese fatte per servizio, spostamenti fatti per l’ufficio. A confermarlo sono stati chiamati i testimoni che controllavano le spese. In un caso, per la precisione, hanno riferito il direttore aveva usato la carta dell’Authority per una spesa personale “ma aveva immediatamente segnalato la cosa e provveduto alla restituzione della somma”.

Al termine degli interrogatori, l’Accusa ha deciso di chiedere l’archiviazione «alla luce delle delucidazioni fornite dal dottor Tommaso Di Ruzza e dai riscontri effettuati».

L’indignazione di monsignore

Resta in piedi il processo sulla compravendita del palazzo. Per l’Accusa, tra le altre cose, sarebbero circolate tangenti. Che l’ufficio guidato dal dottor Tommaso Di Ruzza avrebbe dovuto vedere e segnalare.

Un’accusa che il direttore ha sempre respinto, sostenendo di avere rispettato in pieno la procedura. Come ha confermato il suo superiore gerarchico René Brülhart èsecondo il quale siamo davanti ad un “abbaglio processualeSiamo certi che non appena ci sarà consentito di spiegare tutto questo verrà chiarito in un batter d’occhio”.

Foto: © CNS photo/Paul Haring / Catholic News Service

All’udienza di oggi erano assenti tutti gli imputati. Mancava pure il cardinale Angelo Becciu che fino a oggi non era mai mancato. L’assenza è stata spiegata in una lettera inviata al tribunale: monsignor Becciu ha scritto che non intendeva ascoltare le questioni sollevate da alcuni passaggi dell’interrogatorio del grande accusatore monsignor Perlasca.

Perché non ha voluto sentirle? Per la sua difesa “perché contengono pesanti insinuazioni e falsità“:. L’ex sostituto vaticano ha messo nero su bianco la sua “indignazione” per quanto emerso di “inaccettabile” in interrogatori a suo avviso lesivi della sua dignità sacerdotale e offensivi per l’intero collegio cardinalizio del quale è membro.

Già nella scorsa udienza l’avvocato Fabio Viglione ha chiesto di dichiarale la nullità “radicale e assoluta” del provvedimento che ha disposto l’apertura del processo. Oggi ha rinnovato quella richiesta. Il motivo è lo stesso: non sono stati ancora depositati gli atti ed i documenti richiesti dalla difesa. Eppure sono carte fondamentali per le accuse. Al punto che la volta scorsa il deposito era stato autorizzato dal presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone.

Qui mancano le carte

Foto: Giuseppe Carotenuto / Imagoeconomica

Il materiale copiato e conferito è incompleto” ha detto l’avvocato Viglione. Il suo consulente sostiene che dei 255 supporti informatici sequestrati, ben 239 non sono stati rilasciati in copia. L’avvocato di Enrico Crasso, Luigi Panella, ha eccepito la radicale nullità del procedimento per mancato deposito degli atti chiesti la prima volta il 27 luglio. Anche l’avvocato Ruggio, difensore di Cecilia Marogna, si è associato alla richiesta di nullità del procedimento.

Non si è scomposta l’Accusa. Il promotore di giustizia Alessandro Diddi ha spiegato: “Siamo tranquilli su come abbiamo operato, mentre sui profili tecnici eccepiti non capisco cosa non sia stato dato. Non so cosa manca, le copie le ha fatte la polizia giudiziaria“.

Il presidente Pignatone ha dato perciò tempo fino a lunedì prossimo per verificare quali siano le parti mancanti negli atti.

E per quanto riguarda le parti cancellate dai verbali? Diddi ha spiegato: “Abbiamo cercato di rappresentare tutto quello che è stato dichiarato tutelando al contempo la moralità dell’assistito, e dunque espungendo quello che poteva lederne la reputazione“.

Il processo riprende il 18 febbraio alle 9.30.