Verso il ricorso al Tar del Lazio per celebrare le Messe. Paglia: «Le soluzioni ci sono»

Monsignor Vincenzo Paglia contro la proroga delo stop alle Messe. "I mezzi per soddisfare le misure anti contagio ci sono”. Il Centro Studi Livatino studia un ricorso al Tar

È amareggiato «e penso che anche il Papa lo sia»: monsignor Vincenzo Paglia da Boville Ernica è presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Non riesce a comprendere perché il nuovo decreto del Governo non preveda la riapertura delle Chiese ai fedeli per assistere alle Messe. (leggi qui L’anatema dei Vescovi isola il Governo Conte).

«È sorprendente – dice il vescovo – che riaprano tanti esercizi commerciali e non si riaprano le chiese per le liturgie almeno della domenica. Per i cristiani è centrale. È il cuore della fede».

Nel momento dell’emergenza, lo stop alle Messe è stata una dolorosa necessità. Monsignor Paglia riconosce che «era comprensibile che nell’emergenza si sospendesse e l’abbiamo fatto. Ma quando si apre un periodo, che sarà abbastanza lungo, dove vengono offerte numerose possibilità, non si capisce perché non debba avvenire anche per le messe della domenica».

Le soluzioni ci sono

Messa on line Foto © Sergio Oliverio / Imagoeconomica

Il Comitato Tecnico Scientifico parla di “criticità insuperabili” per il ritorno alle funzioni religiose. Il vescovo Paglia ribatte che le soluzioni ci sono. Ipotizza: «Si possono togliere tutti i banchi della chiesa e mettere sedie alla giusta distanza. Oppure tenere i banchi a distanza di due metri l’uno dall’altro, con numero chiuso di fedeli. Per dire, 40 banchi? Quaranta persone». Il segno della pace? «Ma non siamo sciocchi, in farmacia, in fabbrica, dal parrucchiere o in edicola e altrove non diamo la mano. Siamo consapevoli di non poterlo fare anche a messa».

Tra le criticità che hanno portato al no alle Messe nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri c’è anche il nodo della comunione: con i fedeli in fila ad un passol’uno dall’alto. Anche su questo il vescovo ha una soluzione: «File dei fedeli abolite, passa il sacerdote tra i banchi. Io poi ho suggerito di usare ostie grandi al posto delle piccole per evitare il contatto prete – fedele. Al momento della consacrazione, il sacerdote può consacrare l’ostia da un paio di metri, pure con la mascherina. Il problema è che c’è stata leggerezza. Capiamo quel che è di Cesare, capiamo meno bene quel che è di Dio».

Anche per la messa di precetto monsignor Paglia ricorda che c’è un giorno e mezzo per rispettarlo con la possibilità quindi di più messe spalmate onde evitare assembramenti.

Rivedere il decreto

Messa ai tempi del coronavirus Foto © Carlo Carino / Imagoeconomica

«Mi auguro che il presidente Conte riveda il decreto e mi auguro che sia da parte della Cei che del governo si trovi la giusta soluzione» per ovviare ad un digiuno che va avanti da più di un mese. «I cristiani – ribadisce il vescovo Paglia – non possono vivere la loro fede senza ritrovarsi insieme. Per me è come l’aria, non possiamo vivere virtualmente, Dio non si è manifestato via streaming. Il primo sacramento della presenza di Cristo sulla terra è l’assemblea cristiana».

C’è qualcosa di più, osserva ancora il vescovo Paglia, che rende indispensabile la celebrazione: «La messa domenicale è importante per la tenuta della società perché nel mondo attuale dove l’individualismo è una delle cause di questo disastro, noi rischiamo di sostenerlo. In questo senso una delle ‘medicine’ più efficaci contro la disgregazione che il virus sta provocando è appunto quella di mostrare che possiamo stare assieme senza contagiarci ma vincendo paura, tristezza e rassegnazione. La messa in tutta sicurezza è un atto socialmente utile. Per gli antichi una medicina, per il Papa chiesa come ospedale da campo».

Verso il ricorso al Tar

Il Tribunale Amministrativo Regionale

A Cesare ciò che è di Cesare: il Decreto è del Presidente del Consiglio dei Ministri e allora il luogo nel quale impugnarlo è il Tar del Lazio. Al quale sta valutando un ricorso il Centro studi Rosario Livatino.

Punta all’annullamento della parte in cui il decreto conferma la sospensione delle cerimonie religiose (unica eccezione i funerali) dopo aver ribadito però che ‘l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro’.

Il Centro Studi reputa illegittima la proroga allo stop delle Messe in quanto «comprime la libertà di culto, che è espressione della libertà religiosa».

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