Approvata la revisione della legge sulla Qualità dell'Aria. Il mondo delle imprese è in allerta. Svantaggi per la provincia di Frosinone. Limati dopo un lungo confronto sugli emendamenti
Il testo è stato approvato. Il Lazio da oggi ha una legge aggiornata a tutela della qualità dell’aria. Che nel modo in cui è stata scritta rischia di diventare la tomba per il futuro industriale della provincia di Frosinone: non converrà più allargare una fabbrica, investire su nuovi posti di lavoro in Ciociaria. Sarà più conveniente farlo spostandosi di pochi chilometri. Perché la Legge approvata in queste ore non è uguale per tutti: colpa di poche ma determinati parole inserite nel testo.
Cosa dice la Legge
Quella approvata oggi dal Consiglio regionale del Lazio è la proposta di aggiornamento del Prqa – Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria. L’iter era iniziato nel 2018. Recepisce una norma Europea per la protezione della salute dei cittadini favorendo “l’equilibrio degli ecosistemi”. Cioè? Le attività umane generano inquinamento: va ricostruito un equilibrio che consenta a quelle attività di funzionare ed allo stesso tempo proteggendo i cittadini dalle conseguenze. Più facile? Se inquini l’aria devi fare cose che la puliscano: come piantare alberi, creare parcheggi per fare in modo che le auto non girono a vuoto cercando un posto per fermarsi…
Viene fissata la data del 2025: si punta a raggiungere entro la fine di quell’anno i traguardi europei per una crescita intelligente, sostenibile ed esclusiva.
Per abbattere l’inquinamento ci sono 210 milioni di euro. Di loro, circa 90 milioni sono per mobilità e trasporto pubblico e privato: finanzieranno i Comuni che vorranno dotarsi di bus elettrici o altri sistemi di trasporto green; verrà rifinanziata la misura che anche negli anni scorsi incentivava chi volesse comprare un’auto elettrica o ibrida. In quella somma ci sono gli interventi per economia circolare ed energia: finanziando il passaggio a caldaie green. Altri 30 milioni vanno agli interventi in agricoltura e zootecnia.
Siamo già in ritardo
Il Lazio vorrebbe realizzare in tre anni quello che l’Italia avrebbe dovuto fare già da 14 anni. Durante i quali abbiamo fatto niente con la scusa che ci fossero problemi più seri. Infatti la Direttiva Ue è del 2008, i limiti da raggiungere sono stati fissati nel 2010.
E l’Ue ci ha sanzionato (tagliandoci i fondi) nel 2014 ma anche nel 2015 e nel 2020: contestando all’Italia di superare in modo sistematico i valori giornalieri di polveri sottili Pm10, di biossido d’azoto.
Dovunque? No, in due aree precise del Lazio: la Valle del Sacco per quanto riguarda le PM10 e l’agglomerato di Roma per le PM10 e il biossido di azoto.
La Legge non è uguale per tutti
Bello. Ma c’è un problema. La Legge non è uguale per tutti. Le imprese che vengono trattate in modo diverso. C’è una distinzione tra la Ciociaria, la provincia di Roma ed il resto del Lazio. Perché le prime due aree sono quelle dove ci sono gli sforamenti. E lì chi vuole investire realizzando una nuova attività dovrà realizzare le opere compensative (o mitigative). Che nelle altre zone non sono previste.
Per essere pratici: una persona interessata ad investire nel Lazio ha un motivo in meno per farlo in Ciociaria. Gli costerà di meno farlo spostandosi qualche chilometro pur rimanendo nella stessa Regione.
C’è poi un problema ideologico. Lo dicono i numeri. Quelli registrati dalle centraline poste nella Valle del Sacco dai Comuni per misurare la qualità dell’aria. Durante il lockdown si è fermato il traffico in autostrada: ma le polveri sottili sono rimaste le stesse; poi sono state fermate le fabbriche: le centraline hanno continuato a misurare gli stessi numeri. Appena è arrivata la primavera e sono stati spenti i riscaldamenti è crollato lo smog.
Le analisi dicono che le fabbriche contribuiscono all’inquinamento per il 7%. Dove sta il problema ideologico? Che le compensazioni vengono chieste a chi produce il 7% dell’inquinamento. Facendosi carico dello smog creato anche dal restante 93%: cioè da caldaie vecchie e stufe a pellet.
La battaglia interna
Il mondo imprenditoriale è in attesa del testo definitivo. La bozza arrivata in Aula prevedeva che le imprese debbano piazzarsi sul valore più basso del range previsto dalla norma europea. In questo modo non c’è più un range all’interno del quale stare: c’è un valore preciso da raggiungere. Il che crea svantaggio ulteriore per le imprese ciociare.
Perché solo quelle Ciociare e non anche quelle romane, visto che entrambe hanno il problema degli sforamenti di Pm10? Perché il tessuto industriale è quasi tutto in provincia di Frosinone. A Roma ci sono altre attività.
Su quei punti c’è stata battaglia. Il consigliere Mauro Buschini (Pd) ad esempio ha innescato un duro braccio di ferro con il M5S. Ha combattuto per ottenere un testo che non fosse punitivo per un sistema industriale che è in regola, ha i filtri di ultima generazione, le Autorizzazioni Ambientali in Regola, ma deve pagare lo stesso. L’assessore Roberta Lombardi è stata elastica su alcuni aspetti, invalicabile su altri. Il testo finale è frutto di una mediazione. Alla quale hanno contribuito il capogruppo M5S Loreto Marcelli e del Pd Marta Leonori.
Quanto sia riuscita, lo si capirà dalle reazioni nei prossimi giorni.