Raggi assolta: «Finiti due anni di fango»

Assoluzione con formula piena. Il fatto non costituisce reato. La sindaca, su Facebook: «Fine a due anni di fango». Luigi Di Maio «Giornalisti infimi sciacalli»

Innocente. La sindaca di Roma Virginia Raggi è stata assolta dall’accusa di falso in atto pubblico nella nomina di Renato Marra a capo della direzione Turismo di Roma Capitale. Per   il giudice monocratico Roberto Ranazzi il fatto non costituisce reato.

Al momento della lettura della sentenza c’è stato un urlo di gioia dei sostenitori della Sindaca. Virginia Raggi subito dopo il verdetto ha abbracciato i suoi avvocati e baciato il marito. Poi ha raggiunto il sostituto procuratore Francesco Dall’Olio e gli ha stretto la mano.

La Procura aveva chiesto una condanna a dieci mesi senza attenuanti: sosteneva che la sindaca avesse mentito in merito alla nomina di Renato Marra, fratello del suo allora braccio destro Raffaele, alla direzione del dipartimento Turismo del Comune di Roma. Quella nomina gli aveva determinato anche un robusto aumento di stipendio.

 

L’accusa

Il fatto, dice la sentenza, c’è stato: ma non è un reato. Al punto che ha deciso l’assoluzione con formula piena. Non è stato un “falso ideologico in atto pubblico” come invece sosteneva la Procura. Secondo Raffaele Marra, allora capo del Personale del Campidoglio, aveva pilotato la nomina di suo fratello Renato. Ed il sindaco – sempre secondo l’accusa – avrebbe commesso il falso firmando una nota indirizzata all’Anticorruzione capitolina assumendosi la paternità di quella nomina, escludendo qualsiasi ruolo di Marra.

Perché quella dichiarazione? Per non incorrere nelle sanzioni previste dal codice etico del Movimento 5 Stelle.

Un problema interno, al limite. Non un reato.

 

La difesa

Il giudice ha accolto in pieno la tesi del difensore della sindaca, l’avvocato Francesco Bruno. «A nostro avviso – ha sostenuto Bruno – ciò che la sindaca ha riferito rispetto alle richieste dell’Anac è oggettivamente vero. Fosse, invece, risultato da elementi concreti che Raffaele Marra si fosse occupato di quei frammenti del procedimento che riguardavano il fratello e lei non lo sapesse, allora, ob torto collo, avremmo dovuto chiedere l’assoluzione perché ‘il fatto non sussiste’».

Nel corso della requisitoria, il legale ha sostenuto che il processo non si è basato su «prove dirette ma indiziario» e il quesito Anac sulla nomina di Renato Marra che ha portato alla nota della Raggi, finita poi al centro del procedimento, «sembra fatto apposta per confondere il destinatario (l’Anticorruzione del Campidoglio). Quel quesito avrebbe dovuto esser restituito con il timbro ‘Non capisco’ – ha proseguito l’avvocato – Peraltro la sindaca non era contemplata nelle richieste di chiarimento e l’Anac avrebbe anche potuto evitare di consultarla».

Infine, quanto alla questione del codice etico, uno dei moventi del reato secondo la Procura, «è mera illazione e non giustifica il riconoscimento di una responsabilità penale».

 

La reazione

La sindaca ha affidato il suo commento alla sua bacheca Facebook.

«Vorrei liberarmi in un solo momento del fango che hanno prodotto per screditarmi, delle accuse ingiuriose, dei sorrisetti falsi che mi hanno rivolto, delle allusioni, delle volgarità, degli attacchi personali che hanno colpito anche la mia famiglia. Vorrei, soprattutto, che questo fosse un riscatto per tutti i romani, di qualsiasi appartenenza politica, perché il loro sindaco ce la sta mettendo tutta per far risorgere la nostra città».

«Non provo rancore nei confronti di nessuno. Mi auguro che quanto accaduto a me possa divenire una occasione per riflettere: il dibattito politico non deve trasformarsi in odio. Adesso vorrei che i cittadini, tutti, collaborassero alla rinascita di Roma. Rimbocchiamoci le maniche: da domani si torna al lavoro. Ancora più forti».

 

Di Maio: giornalisti infimi sciacalli

Su Facebook anche la reazione di Luigi Di Maio. Secondo il quale la colpa è dei giornalisti.

«Il peggio in questa vicenda lo hanno dato invece la stragrande maggioranza di quelli che si autodefinsicono ancora giornalisti, ma che sono solo degli infimi sciacalli, che ogni giorno per due anni, con le loro ridicole insinuazioni, hanno provato a convincere il Movimento a scaricare la Raggi».

Per il vice premier, sono state scritte «Pagine e pagine di fake news. Giornalisti di inchiesta diventati cani da riporto di mafia capitale, direttori di testata sull’orlo di una crisi di nervi, scrittori di libri contro ‘la casta’ diventati inviati speciali del potere costituito».