Il movimentato dopocena a Frosinone che è costato l'incarico ad Albino Ruberti e la candidatura a Francesco De Angelis. Ha molti aspetti da non sottovalutare. Che stanno dietro all'apparenza delle parole pronunciate dall'alto dirigente
Chi di noi in questi giorni non ha visto letto o ascoltato l’ormai famoso dopocena tra dirigenti del Pd, avvenuto in un ristorante di Frosinone che è subito balzato alle cronache nazionali provocando un terremoto politico. Ecco su questo argomento ho intenzione di dire cose molto molto molto pesanti e nessuno mi potrà fermare.
Ma prima di questo propongo un piccolo ragionamento introduttivo, scollegato dall’attualità, sulla comunicazione moderna tra “vizi privati e pubbliche virtù”.
Vizi privati e pubbliche virtù
Lo ricordate vero il film scandalo di Miklós Jancsó che portava questo titolo. In una villa sontuosa circondata da un vasto parco, l’erede al trono imperiale l’arciduca Rodolfo d’Asburgo trascorre l’estate contestando il vecchio imperatore il padre Francesco Giuseppe; lo fa nell’unico modo che gli è congeniale: lo sberleffo, l’imprecazione e soprattutto l’orgia.
Circondato prima dalla ristretta cerchia della propria corte, poi dai giovani dell’aristocrazia, una compagnia di attori e un gruppo di campagnoli, scatena una sarabanda condita di tutte le turpidudini e deviazioni. Respinte le ripetute rampogne e gli ultimatum del padre, fatto violentare il generale che ne è latore, il delfino e i suoi intimi vengono sterminati infine dalla polizia imperiale. La versione ufficiale è: suicidio.
Il vizio rimase privato e pubbliche rimasero le virtù.
Bei tempi quando ancora esistevano le versioni ufficiali. Quando ancora i telefonini non erano strumenti da cameraman semiprofessionisti in mano a milioni di assatanati di gossip e spioni di varia fattura che si nascondono in ogni angolo.
È cosi che il dualismo tra la necessità di un atteggiamento pubblico impeccabile ed i naturali eccessi del privato spesso stridono. Ed esplodono di fronte a momenti che potevano e dovevano rimanere privati.
Ecco è una specie di lotteria, diciamocelo. Nel privato tutti usiamo un linguaggio più o meno iroso o volgare, tutti diciamo parolacce ad ogni piè sospinto. Oggi la fortuna è solo non essere beccati in quel momento: non ti beccano sei un signore, ti beccano sei un reprobo e giù tutti i moralisti di ogni fatta. Che è certo siano più volgari del reo in privato, ma vanno giù duri ad esprimere giudizi di una moralità cristallina ed inoppugnabile.
E qual è il campo dove sopravvive integra e splendente questa forma assoluta di moralità? La politica. Che non per niente oggi è arrivata a dei livelli di finzione fantasmagorici. Oggi la politica è solo finzione e se non è finzione non è. Direbbero i filosofi.
Lo sdoganamento del turpiloquio
Diciamoci la verità, la parolaccia, il turpiloquio lo abbiamo sdoganato da tempo. Nella musica? L’avete mai sentita qualche canzone dei giovani trapper che vanno per la maggiore. Violenza, sesso, parolacce a non finire che arrivano nei telefonini di bambinetti e bambinette che ne sanno ormai più dei genitori. Nelle arti visive? Ti spingono porno push ad ogni pagina internet se non stai attento ti ritrovi a guardare un pornazzo senza manco accorgertene se schiacci un tasto sbagliato nelle pubblicità. Più c’è violenza verbale più piace.
Per questo nessuno ci può contraddire se definiamo l’evo contemporaneo come quello della coprolalia.
La coprolalia è un comportamento compulsivo patologico che provoca, nell’individuo che ne è affetto, la necessità impellente ed esplosiva di pronunciare parole o frasi dal contenuto osceno o volgare.
La coprolalia è tipicamente associata alla sindrome di Tourette, della quale è la comorbidità più caratteristica. Eh si perché ormai è talmente diffusa che l’hanno stabilmente descritta in una ben specifica sindrome dandole ovviamente una sua solennità. Non ci facciamo mancare nulla.
Ma anche volendo uscire dallo schema medico, che ovviamente estremizza, chi di noi oggi ha remore nell’usare una parolaccia. Nessuno. E chi si scandalizza più. Ve lo ricordate il celebre conduttore televisivo Gianfranco Funari quando in un noto intervento disse che a determinate categorie di persone “bisognava dargli dello Stronzo perché se gli dicevi stupidino si creava delle illusioni”.
Ed il monologo di Gigi Proietti che al pari testimoniava che la parola in questione oramai aveva assunto sfumature tali da essere insostituibile. Da non avere altri sinonimi.
E chi di noi non ha usato questa o parole simili anche senza essere affetto dalla sindrome di Tourette. Viviamo nell’epoca della coprolalia e lo abbiamo già accettato da tempo. Violenza e turpiloquio sono il nostro pane quotidiano.
I picchi preventivabili
Pensate adesso le ondate di coprolalia posso essere addirittura preventivate. Se ne ipotizza un picco per domani lunedì alle ore 12. Quando saranno rese note finalmente le liste elettorali. Vedrete quando i trombati scopriranno di esserlo e molti di coloro che pensavano di essere in lista scopriranno che li hanno sfilati all’ultimo momento spesso senza dirlo. Il picco di parolacce raggiungerà vette ragguardevoli. E senza distinzione di schieramento politico.
Ve lo ricordate il film “Viva l’Italia” dove Michele Placido indossa i panni di un importante politico nazionale dopo un malore aveva iniziato a dire compulsivamente la verità a tutti, condita da parolacce ed improperi vari. Rivelando che tutte le dichiarazioni svolte da politico fino ad allora non erano affatto sentite. Anzi il suoi reali sentimenti erano esattamente opposti. Cosa successe, la classe politica si indignò protestò si meravigliò. Mentre quella inaspettata volgarità piacque alla gente, al popolo di cui divenne inaspettato beniamino.
Ecco, esattamente come oggi, solo la casta politica si finge morigerata mentre al popolo piace il volgare. Anche perché l’etimologia non mente. La lingua volgare è letteralmente la lingua del volgo, del popolo. Questa accezione negativa la abbiamo data noi nei secoli. Prima serviva solo a distinguerla dal linguaggio delle classi dominanti che parlavano il latino.
Il rischio dello schema morale
E comunque deve essere una sindrome che gira. Come esci dallo schema morale comune ti fanno fuori. In questi giorni di candidature per esempio è diventata pari ad una bestemmia criticare Israele. Un paio di sprovveduti candidati del Pd hanno osato farlo e sono stati subito espunti dalle liste elettorali. Ed il bello è che ad aizzare le folle contro questi sono stati esponenti di Fratelli d’Italia. Che generalmente in questo periodo invece vengono tacciati di nazifascismi o antisemitismi vari. Vedi come gira il mondo.
Che poi la sindrome gira parecchio! L’altroieri ad Anagni c’è stato per la festa del patrono un bello e riuscito concerto di Loredana Bertè. Grande artista. Peccato non si sia tenuta la tradizionale conferenza presso il palazzo comunale. Infatti un retroscena vuole che per sbaglio la Bertè abbia incontrato il responsabile locale di Fratelli d’Italia. Come lo ha visto, pare folgorata, si sia rintanata subito in albergo ed abbia prodotto un video contro Fratelli d’Italia e la Meloni che sta girando alla grande sui social in queste ore. Dove, tra improperi vari, intima imperiosamente alla leader di espungere la fiamma tricolore dal simbolo seguendo la richiesta della senatrice a vita Liliana Segre. Ulteriore conferma fresca fresca che la sindrome sta girando molto soprattutto in Ciociaria.
Le cose cattivissime
Adesso quindi passerò alle cose cattivissime che avevo annunciato riguardo il famoso video che gira in questi giorni.
In realtà scrivendo tutti questi voli pindarici a cui vi ho sottoposto, partendo dalla banale realtà ho pure dimenticato cosa volevo dire. Forse l’età mi ha reso più buono o più molle. Forse non mi è mai piaciuto attaccare le persone nei momenti di difficoltà l’ho sempre trovato un po’ vigliacco. Anzi: essendoci passato so cosa vuol dire. Le persone le devi sfidare quando sono forti.
Per esempio di Francesco De Angelis sono stato collega ed onesto oppositore sul territorio ed in Regione. Durante una nottata di Commissione Bilancio, approfittando che tutti dormivano in piedi ed io invece ero fresco come una rosa, feci bocciare tutti gli emendamenti fuori sacco tra questi uno ingente sul Cosilam, il consorzio industriale del Cassinate.
Nella pausa lo incontrai alla buvette e gli dissi “ti ho sfilato quattordici milioni”, lui mi sorrise io mi allontanai. Dopo dieci minuti, alle luci dell’alba, scoperto che era vero mi inseguì in Aula dove iniziò una lunga discussione sul reinserimento della norma che poi avvenne. In fondo serviva al territorio.
Oggi credo che il suo “difetto” più grande sia che, per il suo ruolo, sia diventato molto potente. E spesso proprio gli amici te la fanno pagare. Sara Battisti mi sembra un’ottima ragazza, impegnata nel suo ruolo: per lei parlano i provvedimenti che ha trasformato in Leggi regionali. E Albino Ruberti l’ho solo incrociato una volta ad un ristorante. Ma anche lui ha assunto lo stesso “difetto” di De Angelis, è un uomo potente, certamente ancora di più di Francesco.
Il video di Almirante
Ricordo un video di Giorgio Almirante che con quegli occhi azzurro limpido dopo una buona vittoria elettorale del Movimento Sociale fu comunque attaccato dalle minoranze interne già pronte a sparare contro. Rispose con una frase che non ho mai dimenticato: “a volte in politica devi farti perdonare anche le vittorie”.
A me zelanti colleghi di Partito non hanno mai perdonato che senza padrini diventai il primo degli eletti in Regione con ventisettemila preferenze, facendo poi di tutto per distruggermi. A loro, allo stesso modo, non perdoneranno il potere acquisito.
Il video per quanto forte possa essere, tenuto in frigo per mesi e usato come una bomba ad orologeria nel momento più giusto, non depone molto a favore di una ingenua azione di moralizzazione, diciamocelo.
Ad una sola cosa non ha abboccato nessuno dobbiamo dirlo però. La lite sul rigore Roma – Lazio quando ogni abitante di questa provincia sa che De Angelis ed il fratello sono Juventini sfegatati. Si poteva trovare una scusa migliore.
Ricordate la Shandenfreude
Comunque visto che tutto ha una logica, mi farà gioco facile ricordare a chi mi segue da quando ho l’onore di scrivere su questa testata che il primo articolo che scrissi da queste colonne parlava della “Shandenfreude”. La gioia nel godere delle disgrazie altrui. Un vezzo umano diffuso ancor più sul suolo italico. Il piacere provocato dalla sfortuna altrui. La gioia maligna, la soddisfazione cinica. (Leggi qui Il gusto sadico della gente per il potente nel fango).
In questi casi allora consiglio sempre calma e qualche buona lettura. Qualcuno ricorda il “De brevitate vitae” di Seneca. Il filosofo greco, nel suo immortale capolavoro, “la brevità della vita”, ci ricorda che il nostro problema non è l’avere poco tempo per vivere, ma lo sprecare il tempo che abbiamo a disposizione.
“Se la vita è breve non è colpa della natura ma del cattivo impiego che se ne fa”. Sacrosanto.
È il decimo dei Dialoghi di Seneca, fra i più intensi e brillanti da lui scritti, forse dedicato al suocero Pompeo (Sic) , che aveva in quel momento l’importante incarico di prefetto dell’Annona, che presiedeva alla raccolta e distribuzione del grano nell’Urbe. E proprio all’amico, oltre che parente, Seneca dà il consiglio di ritirarsi a vita privata, tralasciando ogni attività pubblica. È in realtà una fase difficile, questa, per Seneca, per un breve lasso di tempo fuori dai giochi politici, prima di ritornare in auge grazie al nuovo imperatore Nerone.
Il trattatello si basa su un paradosso. Non è la vita a essere breve, come invece comunemente si crede. Essa è lunga, purché la si sappia razionalmente impiegare, soprattutto se dedicata al sapere e alla filosofia.
Ma oggi di temi veri di cultura non parla più nessuno, i programmi politici sono fotocopia da trent’anni. Ci vogliono convincere che la politica oggi si faccia con il chiacchiericcio, la spiata, la maldicenza. Le campagne elettorali sono solo contro.
Ecco! A questo punto per chiudere ci vorrebbe un sonoro improperio, una bella parolaccia! Ma non me ne vengono di adatte. Sto invecchiando. Sicuro.