Il sorriso di dom Pietro dal balcone di Londra

Dom Pietro Vittorelli apre la sua bacheca personale su Facebook. Un segnale chiaro: una scelta di coraggio. Di fronte alla quale nessuno ha il diritto di giudicare. Ora però compia l'ultimo atto: per coerenza.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Una foto scattata da un terrazzo lo ritrae sorridente in un elegante vestito a righe marroni e bianche. La camicia a righe azzurre riprende lo stesso motivo, abbinandosi alla perfezione con la cravatta. Sembra felice Pietro Vittorelli, 191° abate di Montecassino in aspettativa. Lo sguardo verso chi impugna la macchina fotografica, il Tamigi in basso, sullo sfondo il cielo sempre uggioso di Londra.

 

Rompe il silenzio così Pietro Vittorelli per ora non dom:  il trattamento riservato ai monaci benedettini. Dominus. Nulla a che vedere con il Don che è trattamento per i presbiteri diocesani.

 

Ha aperto una bacheca su Facebook, infrangendo il silenzio assoluto che si è imposto da quando è scoppiato lo scandalo.

 

O meglio gli scandali. Uno giudiziario: soldi spariti dai conti dell’abbazia o della diocesi, dice l’accusa senza riuscire però a precisare bene; anche perché gli economi a capo delle due casse hanno testimoniato che nulla manca, né dai conti di Montecassino né da quelli della fu diocesi di Cassino ora Sora – Cassino – Pontecorvo. (leggi qui ‘L’abate dal giudice: «Da Montecassino non mancano soldi». Processo ad ottobre) L’altro scandalo è quello dello stile di vita dissoluto e per nulla in linea con il rigore del monaco, nel quale sarebbe piombato negli ultimi mesi prima di chiedere l’esclaustrazione: il congedo dalla vita monastica. (leggi qui Montecassino – Dom Pietro in congedo altri due anni).

 

Il primo è faccenda per i giudici. Il secondo è affare della sua coscienza. E di nessun altro. (leggi qui La coscienza di dom Pietro di fronte ad un televisore a Londra’).

 

Sorride, appare abbronzato, con la barba curata sulla quale quale l’ingiuria del tempo inizia a segnare le prime chiazze bianche. Vive a Roma. E continua a coltivare relazioni pubbliche: la sua agenda è piena di appuntamenti. Costruisce ponti tra le persone. Prima cercava di farlo tra le religioni, cercando di realizzare una linea di dialogo tra il mondo cattolico romano e la chiesa Anglicana. La sua sterminata cultura, la sua profonda conoscenza delle cose, lo aiuta molto.

 

La scelta di aprire la bacheca personale, mostrarsi al mondo senza più il saio nero o il clergyman, è una scelta di coraggio. È l’urlo di un uomo che rivendica la sua dimensione. Lo fa accendendo di persona quei riflettori sotto i quali tutti gli hanno consigliato di non mettersi. Per non riempire di nuovo veleno e fiele i fiumi di odio che lo hanno travolto nei mesi scorsi. Nuove chiacchiere. Altre etichette. Giudizi da pulpiti che non sono migliori.

 

Se quel sorriso è la gioia di un uomo che ha trovato la serenità nella sua nuova dimensione, Pietro Vittorelli sia il benvenuto. Non sarà il primo né l’ultimo ad avere gettato alle ortiche la tonaca: meglio un bravo cristiano che un pessimo prete.

 

Ma se è così, Pietro sbrighi in fretta la faccenda che è ancora rimasta in piedi: lasci quella Santa Madre Chiesa nella quale è ancora incardinato e vi si accomodi, se si sente ancora a casa, dall’altra parte dell’altare. Troverà tanta gente pronta ad accoglierlo, senza giudicarlo: in base ai principi che lui stesso a lungo ha contribuito ad insegnare, facendo abitare il Verbo tra di noi.

 

Lo deve a se stesso ed alla sua coerenza. Lo deve a noi che preferiamo un Pietro sorridente ad un dom in conflitto con la coscienza.