Zingaretti parla e spiazza tutti: «Se il Lazio resta immobile mando io tutti a casa»

Il discorso di insediamento di Nicola Zingaretti. Non c'è la maggioranza: "Se l'Aula diventa una palude sarò io stesso a farmi garante di promuovere lo scioglimento del Consiglio". Divide tra tutti le responsabilità. E spiazza le opposizioni.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Niente trucco per il presidente. Nessuna scorciatoia per lo Zingaretti II.

Zar Nicola, governatore del Lazio, lascia a casa la retorica del vincitore. Nel suo discorso di re insediamento alla guida della Regione obbliga tutti a sedersi di fronte al simbolo del realismo. Impersonato da lui stesso.

Sa che le opposizioni lo aspettano al varco. Non ha la maggioranza e senza i loro voti si va tutti a casa. Sul percorso di quel discorso sono appostati i Cinque Stelle che gli hanno concesso tre mesi di non aggressione per verificare se condividerà davvero l’agenda. Sono pronti all’imboscata i leghisti che vogliono tornare subito al voto. Stanno con le armi spianate sia il rappresentante di Energie per l’Italia Stefano Parisi, lasciato solo dalla coalizione che lo sosteneva, e Sergio Pirozzi che solo c’era partito dall’inizio. Fionde e cerbottane in mano li impugnano pure gli azzurri di Forza Italia, divisi in due al loro interno ma pronti a punzecchiare il governatore se sbaglierà a bilanciare gli equilibri delle Commissioni con le quali dovrà governare.

Fratelli d’Italia protocolla e deposita la mozione di sfiducia al presidente, ne invia copia ai gruppi di opposizione per farla firmare. «È evidente che non ci sono le premesse per avviare una legislatura regionale» scrivono.

Il discorso di Nicola II

Nicola Zingaretti zittisce tutti. Lo fa quando dice «Non c’é una maggioranza, niente scorciatoie»

Il bis Governatore dice che «Ora si apre una nuova fase, un nuovo ciclo impegnativo e complicato, ma anche di grandissime potenzialità. A me spetta da oggi il compito di ridare a questa Aula un metodo e una possibile agenda condivisa».

Niente retorica. Subito sostanza. Zingaretti annuncia le due le novità di questa legislatura. Sono «la conferma del presidente uscente che rappresenta una opportunità per dare respiro alla programmazione», ma soprattutto che «per la prima volta nessun gruppo è legato a una maggioranza predefinita. Non esiste una maggioranza. Sarebbe stupido negarlo o non prenderne atto. Questo scenario rappresenta un fattore di difficoltà per l’esecutivo ma anche una grande sfida per me e per il Consiglio».

Più chiaro di così non è possibile. Se qualcuno vuole sparare sulla carovana si accomodi. Il presidente dice alle opposizioni (che hanno la maggioranza) in sostanza: io traccio la rotta, farò in modo che passi il più possibile nei punti in cui i nostri programmi coincidono, se non vi sta bene premete il grilletto.

«Quello che é stato sancito dalle urne ci spinge infatti a ricercare una strada diversa, impegnativa e faticosa, ma potenzialmente molto proficua. Se vogliamo andare avanti non ci sono scorciatoie, non dobbiamo aver paura di avere le nostre idee e rappresentarle. Ma al tempo stesso tutti dobbiamo aver chiaro di doverci predisporre all’ascolto delle idee degli altri e poi decidere».

 

Se immobili si va a casa

È così che Nicola Zingaretti trasforma l’anatra zoppa da una debolezza ad una forza. Spiega all’Aula che «Il Lazio può tornare a essere protagonista italiano dello sviluppo, a patto però che questo Consiglio possa produrre gli atti necessari. Io ce la metterò tutta».

Sa benissimo che il rischio non sono le mozioni di sfiducia. Ma le opposizioni che trasformano l’Aula in una palude nella quale rimanere intrappolati senza produrre nulla per il Lazio.

Lo dice con la chiarezza che segna l’impronta di tutto l’intervento: «Se tra qualche mese dovessimo prendere atto di un immobilismo patologico sarò io stesso a farmi garante di promuovere lo scioglimento del Consiglio e l’indizione di nuove elezioni».

È così che piazza su ognuno, maggioranza (che è minoranza) e opposizioni (che sono la maggioranza), la propria quota di responsabilità. Che «Ora è sulle spalle di tutti, non possiamo tenere in vita un’Aula solo per dibattere e parlare – ha concluso – Possiamo fare di più».

 

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