Zingaretti: «Le dimissioni domani, ho servito la Costituzione»

Nicola Zingaretti rassegnerà domani le dimissioni da Governatore del Lazio. Lo ha annunciato questa mattina dal Tempio di Adriano durante la sua conferenza di fine mandato. Assenti gli assessori M5S. D'Amato non va allo scontro: "Candidato? Unitario”. La risposta di Calenda arriva con lo scooter

Fa freddo dentro al Tempio di Adriano. E non è colpa dell’impianto di riscaldamento nella struttura eretta in Campo Marzio per onorare l’imperatore. Il clima politico è gelido. Non sono venuti i due assessori del Movimento 5 Stelle ad ascoltare il presidente Nicola Zingaretti per il suo resoconto dei dieci anni di governo del Lazio. Eppure molte pagine le hanno scritte anche loro.

«Forse c’hanno sonno. Ma non creiamo casi che non ci sono. La maggioranza questa notte ha votato compatta e unita. Il M5s in questi anni è stato una garanzia per governare bene»: stempera fino alla fine Nicola Zingaretti. Se lui non fosse così non sarebbe mai nata la più grande coalizione Progressista vista in Italia dai tempi dell’Ulivo. Dal Pd al M5s, da Azione ad Italia Viva, dai Verdi a Sinistra Italiana ed i movimenti. Ma è un dato di fatto: Zingaretti traccia il bilancio di dieci anni e non ci sono né Roberta Lombardi né Valentina Corrado.

Dimissioni giovedì

Nicola Zingaretti (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

L’orologio delle elezioni per individuare il suo sostituto inizierà segnare il tempo da domani. Nicola Zingaretti ha ufficializzato che rassegnerà giovedì le dimissioni da Governatore del Lazio. Lo farà subito dopo il giudizio di parifica della Corte dei Conti sul bilancio regionale: la conferma che i conti del Lazio sono in ordine. Si increspa la voce quando dal podio mette la parola fine a dieci anni di rivoluzione morbida: amministrativa e politica. Perché nulla del Lazio di oggi è uguale al Lazio ereditato dal suo centrosinistra dieci anni fa. Meglio o peggio dipende solo da quale lato della curva si guarda la partita.

Quanto il Lazio sia cambiato, Nicola Zingaretti lo tratteggia con i provvedimenti adottati in questi anni. Rivendicando di avere guidato «uno straordinario periodo di rinnovamento per la nostra Regione». Elenca leggi e provvedimenti, treni e bus nuovi sui quali oggi viaggiano i pendolari, aziende dei trasporti e delle strade ora risanate, un nuovo modello di Sanità con quattro ospedali in fase di costruzione e la riapertura di quelli che erano stati chiusi prima di lui, una nuova legge che finanzi gli studi universitari dei ragazzi. «È questo il nostro modo di intendere il potere: utile non per chi gestisce ma per i cittadini».

Devoluzione con Roma

Regione Lazio, l’Aula Consiliare. (Foto: Carlo Carino / Imagoeconomica)

Poi la notizia della svolta epocale: «Alle 4 di questa mattina il Consiglio regionale del Lazio ha approvato l’ultima legge di questa consiliatura»: è il collegato al Bilancio con 25 milioni di euro in aiuti sul costo energetico, 10 milioni di lavori per chi vive in case Ater, altri 23 per i Comuni del Lazio. Non è questa la svolta.

«Sono contento di poter annunciare una svolta epocale per la Capitale. Dopo anni di parole la Regione ha concesso la devoluzione dei poteri urbanistici a Roma“. Che significa? Roma è autonoma dalla Regione per le sue decisioni in materia di Urbanistica, Parcheggi. Varianti… Fine dei doppi passaggi Regione – Comune, di provvedimenti che dovevano conciliarsi l’uno con l’altro quasi come accade in Parlamento tra Camera e Senato.

Da ora Roma decide. E basta. Si risparmia tempo, soldi, burocrazia.

La stoccata a Conte

Fioretto e non sciabola. Nicola Zingaretti lascia un ricamino per Giuseppe Conte, il leader del Movimento 5 Stelle che proprio lui aveva individuato come il possibile federatore di un nuovo centrosinistra. I fatti di questi giorni dicono che l’ex premier non intende federare bensì sgretolare ed inglobare una parte del Pd. (leggi qui: Top e Flop, i protagonisti del giorno: mercoledì 9 novembre 2022).

Giuseppe Conte

Ma il Governatore non intende lasciargli il pretesto. Non sarà il Lazio la scusa con la quale rompere l’alleanza. Scandisce le parole Nicola Zingaretti quando dice «La Regione Lazio non ha mai aperto inceneritori. Anzi li ha chiusi. Questo non è un tema che riguarda l’amministrazione regionale. Il sindaco di Roma ha ricevuto poteri commissariali per dare una svolta sul tema dei rifiuti». Il termovalorizzatore voluto da Roberto Gualtieri è stato il pretesto per far cadere il Governo Draghi e portare alle elezioni il Paese. «Non è un tema che riguarda questa amministrazione».

È come lo sparo di Sarajevo, quell’impianto. Perché gli assessori del M5S in Regione Lazio hanno sempre riconosciuto che Roma ha bisogno di impianti per gestire il dramma dei rifiuti. Il disaccordo è sulla tecnologia da impiegare. «Ho ascoltato la conferenza stampa di ieri. Io penso che in questo modo Conte rompe l’alleanza di centrosinistra che governa il Lazio, senza motivo, perché la Regione non ha mai autorizzato e mai autorizzerà nessun inceneritore. Lo abbiamo deciso noi da anni e non lo decide certo Giuseppe Conte. Non serve che ce lo ricordi“. È la rottura definitiva.

Quella di Conte «è una scusa. Non si può dire che ‘non vengo a vedere Bambi perché c’è il Re Leone e ho paura’. Non c’è un problema di programma o di merito».

Perseverare è diabolico

Nella giornata di martedì in molti hanno chiesto a Zingaretti di prendere in mano la situazione. Il Pd non ha un leader ed hanno chiesto di mettere in campo la sua autorevolezza per fare ordine sul dibattito che riguarda la sua successione. Forse si spiega così una delle frasi pronunciate verso la fine. «Io ora non ho il compito di costruire l’alleanza del futuro perché chiudo un decennio. Però quello che penso è che io sono un costruttore di unità contro coloro che l’unità la distruggono per vicende partitiche che fanno un danno ai cittadini. Sono vicende che con il Lazio non c’entrano assolutamente nulla“.

La stoccata sta per arrivare. Zingaretti rinfaccia a Conte il Governo nazionale di centrodestra. «Queste sono brutte ingerenze di vicende politiche che riguardano il passato del centrosinistra e che per altro hanno già permesso l’elezione di La Russa al Senato, Fontana alla Camera e di Giorgia Meloni alla presidenza del Consiglio. Errare è umano. Perseverare diabolico».

Riflettori su D’Amato

Alessio D’Amato (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

A spargere il sale sulla ferita ci pensa Alessio D’Amato. I riflettori da oggi si accendono su di lui per la successione a Nicola Zingaretti. Perché il vice presidente Daniele Leodori a fine ottobre ha detto che non sarebbe stato disponibile in assenza di un Campo Largo. I rumors vogliono che l’assessore alla Sanità scenda in campo comunque, sostenuto da Azione ed Italia Viva, a costo di spaccare il Partito Democratico. Non sarà così.

Impugna la sciabola. E di fronte alle due sedie vuote in sala commenta l’assenza delle assessore regionali del M5s, Roberta Lombardi e Valentina Corrado, alla presentazione del Rapporto di fine mandato «È uno sgarbo istituzionale che segna una rottura definitiva».

Non è venuto a salutare. Non si congeda dal centrosinistra e tantomeno dal Pd. «Io candidato del Terzo Polo? Del Terzo Polo no… candidato unitario».

Già. Ma unitario con chi? A quali condizioni. Perché pure Calenda e Renzi non hanno un progetto molto diverso da quello di Giuseppe Conte. Pure loro vogliono smantellare il Partito Democratico ed inglobarne tutto il possibile.  «Le alleanze? Adesso vediamo, c’è una discussione in corso. Ricordo che alle ultime elezioni regionali il centrosinistra unito vinse, i Cinquestelle andarono per conto loro. Quello che conta sono i risultati, il rendiconto rispetto ai cittadini e di fare la massima unità possibile“.

Calenda: Che volemo fà?

Carlo Calenda (Foto: Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

La risposta di Carlo Calenda non si fa attendere. Per farla sapere non solleva il telefono, non chiama le agenzie. Indossa il casco e passa con lo scooter accanto al Tempio di Adriano. I giornalisti lo bloccano. «Conte ha rotto l’alleanza. Ora che volemo fa’? Il candidato è loro. D’Amato si è candidato autonomamente e io ho detto che mi va bene. Che devo fare? Io non ho posto condizioni e sto dialogando con il Partito Democratico da molto tempo su Moratti e su D’Amato, anche se le due cose non sono collegate. Io ho detto solo che non si poteva fare che da un lato il Pd stava con il Terzo Polo perché gli conveniva e dall’altro con il M5s. Ma se loro non riescono ad andare sulla Moratti, amen“.

Se il nome è quello di Alessio D’Amato, Azione non mette veti. «Primarie? Su cosa? C’è un solo candidato. Ed è uno di loro. Bonafoni? Facessero un bel ticket». Accorcia i tempi. È pronto a chiudere. «Ma quale campo largo. Siamo solo in due (Pd e Terzo Polo). Sediamoci a un bar e decidiamo». 

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright