Zingaretti ostaggio della coerenza

Un quesito che tocca la Costituzione. Per questo è poco affine ad una sinistra che ha nella Carta il suo totem. La scelta del Pd: dettata dalla coerenza. Che ora rischia di rendere Zingaretti ostaggio della parola data.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Nicola Zingaretti non voleva fare il Governo con il Movimento 5 Stelle. Glielo ha imposto la coerenza con il suo modo di pensare il ruolo del Segretario di Partito: un uomo capace di fare la sintesi tra le varie opinioni e non un leader da solo al comando.

Lo stesso principio della coerenza gli ha imposto di sopportare l’alleato, nonostante da tale i Cinque Stelle non si comportassero. Il fastidio esibito in ogni occasione da Luigi Di Maio e la sua compagnia di giro ministeriale era reciproco. Ma mai dalle file di Zingaretti è stato messo in evidenza, a costo di apparire l’alleato arrivato per miracolo a Palazzo Chigi.

Nicola Zingaretti

Quella stessa coerenza ha imposto al Segretario Nazionale del Partito Democratico di ingoiare il boccone meno affine ai palati della Sinistra: la riforma per tagliare il numero dei parlamentari. Il popolo della sinistra ha pochi dogmi: uno dei quali è la Costituzione italiana, repubblicana e antifascista, scritta con un lungo e paziente lavoro di mediazione con le altre forze democratiche.

I fatti danno ragione alla prudenza degli elettori che furono dei Ds: l’unica volta in cui la Carta venne riformata si arricchì d’una serie di concetti Federalisti che nulla hanno da spartire con l’Unità d’Italia (altro dogma della sinistra). Quella riforma concepita in epoca berlusconiana sotto la spinta di Bossi e Calderoli, ci ha lasciato il caos delle Sanità Regionali in virtù del quale ognuno fa un po’ come gli pare.

Coerenza fino alla fine

Solo la fede al principio della coerenza ha costretto Nicola Zingaretti a dire si ad una riforma che non cambierà l’Italia e ridurrà in maniera concreta il numero di parlamentari sui territori. Portando in pratica a zero i deputati e senatori che rappresenteranno le esigenze della provincia di Frosinone. (Leggi qui Il coraggio di dire No a questo referendum).

Fino ad un anno fa il Pd aveva votato No a quella riforma: esprimendolo nelle Aule di Camera e Senato. Poi, pur di garantire un Governo al Paese, il Segretario aveva dato all’alleato a Cinque Stelle la sua parola (che è quella del Pd) che l’avrebbe sostenuta. E l’ha fatto pur consapevole che in caso di vittoria del Si non si sarebbe potuto intestare alcun merito. Perché quella del taglio dei parlamentari è una battaglia tutta pentastellata.

L’ha mantenuta nonostante sia consapevole che gli italiani si siano già espressi sul taglio dei Parlamentari: lo hanno fatto con il referendum proposto da Matteo Renzi che voleva addirittura sopprimere il Senato della Repubblica. Gli italiano hanno detto No, in maniera chiara.

Voltagabbana e twittaroli

Nicola Zingaretti alla Festa nazionale dell’unità a Modena

Motivi per venire meno alla parola data, il Segretario ne aveva in abbondanza. Uno su tutti: la riforma della Legge Elettorale che doveva accompagnare il taglio dei parlamentari non si vede nonostante facesse parte dei patti. E sono i parlamentari grillini a non rispettare quell’impegno.

Non è un caso se nelle ore scorse da Modena Nicola Zingaretti finalmente abbia tuonato dal palco della Festa de L’Unità. Gridando: «In quest’Italia di parolai, voltagabbana, twittaroli, il Pd rappresenta ovunque l’unica garanzia contro l’avanzata delle destre, altri non li ho visti».

L’espressione “Altri non li ho visti” a scanso di equivoci è rivolta ai grillini. Ai quali il Segretario ha detto: «Chiederemo rigore assoluto al Governo che sentiamo nostro e sosteniamo ma ora dovremo dire basta ai troppi se, alle attese e ai ritardi». Il riferimento è a quella parte del patto che i grillini non stanno rispettando.

Ancora più diretto. «Ai nostri alleati mi permetto di dire: basta con l’ipocrisia di essere alleati ma in tv fare la parte degli avversari perché questo logora. Serve progettualità: non si fugge da questo. Se la posta in gioco è questa, occorre un passo in avanti. Siamo uniti non per occupare poltrone ma realizzare un programma di rinascita e giustizia italiana. Non abbiamo molto tempo». (Leggi qui Zingaretti, più orgoglio che rabbia: “Solo il Pd contro le Destre”).

Il rischio di essere coerente

Nicola Zingaretti e Stefano Bonaccini

Nicola Zingaretti ha capito che ora è proprio la sua coerenza a rappresentare un rischio. Ai No che naturalmente fanno parte della Sinistra, a quelli che faticosamente sta convincendo a spostarsi sul Si, si stanno sostituendo i No di quelli che per anni hanno sostenuto invece l’esigenza di ridurre i parlamentari.

Perché ora votando No – contrariamente ai loro principi – potrebbero mettere sotto assedio questo Governo e contestargli di non rappresentare il Paese. Una politicizzazione del referendum che Zingaretti si è ben guardato dal fare.

Zingaretti lo sa e dice: «Non è in gioco un governo o un leader, ma la tenuta del Paese». Non tutti hanno questo senso dello Stato, pochi hanno quel senso della coerenza. Per questo motivo, se anche i No dovessero essere una valanga, non sarebbe una sconfitta per il Segretario.