Zingaretti, Renzi, Crozza e… Peppe Patrizi

Il Governatore Nicola Zingaretti (che odia l’appellativo Governatore ma che adesso lo usa per riti scaramantici) sta ripassando nel dettaglio la storia politica recente della Regione Lazio e ha scoperto che nessun presidente è mai stato confermato nella carica. Nessuno ha mai governato la Regione per due mandati di fila. Per la legge dei grandi numeri lui potrebbe sfatare il tabù, ma vuoi mettere i portatori di iella? Perfino quelli “sani”, che continuano a promettergli che il fiume Tevere si aprirà al suo passaggio? Come il Mar Rosso con Mosé.
Però insomma, Piero Badaloni venne sconfitto clamorosamente da Francesco Storace, il quale fu protagonista di una rimonta che neppure la Juventus di Allegri può sognarsi. Poi però Francesco Storace venne beffato in extremis da Piero Marrazzo. A proposito: Badaloni, Storace e Marrazzo sono tre giornalisti. Un fattore che portasse sfiga? Argomento da approfondire.
Piero Marrazzo non riuscì a portare a termine la legislatura per i noti fatti e a quel punto per un discreto tempo gli subentrò Esterino Montino. Il centrosinistra contava di rivincere comunque, soprattutto perché candidò alla presidenza Emma Bonino. Il centrodestra risposte con Renata Polverini, ma il Popolo delle Libertà, non sapendo come fare per perdere, fece un tale pasticcio nella presentazione delle liste a Roma, che le stesse non furono inserite nella scheda con il simbolo. Nella Capitale e dintorni. A quel punto Silvio Berlusconi decise che il “ghe pensi mi” non era soltanto una battuta. Scese in campo lui, mise da parte Gianfranco Fini che aveva proposto Renata Polverini, sui palchi andò lui e fece… il miracolo.

Ma attenzione: la Bonino trionfò a Roma, mentre per la vittoria di Renata Polverini furono protagoniste le province. Quella di Latina su tutte, ma pure quella di Frosinone.

Che infatti fu ricompensata con… zero assessori e due premi di consolazione: Mario Abbruzzese presidente del Consiglio Regionale, Franco Fiorito capogruppo del Pdl. Dopo poco tempo il nome di Fiorito finì alla ribalta delle cronache nazionali e internazionali, la vicenda travolse la giunta di Renata Polverini, il centrodestra andò in frantumi, esplose lo scandalo dei fondi ai gruppi e dopo qualche tempo si scoprì però che “così fan tutti” non era la solita banalizzazione italica.

Arriviamo alla vittoria di Nicola Zingaretti, l’unico esponente del Pd capace di vincere con una coalizione di centrosinistra vera e pura. In questi anni però è cambiato il mondo della politica. Matteo Renzi ha ribaltato il Pd come un calzino, facendo fuori politicamente Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Rosy Bindi, Pierluigi Bersani, Enrico Letta e chi più ne ha più ne metta. Scegliendosi come “pasdaran” della maggioranza i delfini di Silvio Berlusconi: prima Angelino Alfano; prima, durante e dopo, Denis Verdini. Quello vero, non quello imitato da Crozza.
Nel frattempo il sindaco di Roma Ignazio Marino veniva “giubilato” da Renzi e dal Giglio Magico, mentre Maria Elena Boschi e Luca Lotti venivano innalzati al ruolo di Cardinali… Richelieu e Mazzarino. Proposti per la santificazione mediatica.
Nicola Zingaretti ultimamente ha rapporti migliori con Matteo Renzi, grazie soprattutto alla certosina opera di mediazione di Bruno Astorre, eminenza grigia alla Pisana prima di finire dirottato a palazzo madama. Ma non fa parte del mondo del presidente del consiglio. Sa che a Roma è difficile che il Pd possa risalire e questo è un problema anche per lui in prospettiva. Quindi, rotta sulle Province.

Dove però i problemi irrisolti sono enormi: Sanità, Lavoro, Ambiente, Rifiuti, Collegamenti, Infrastrutture, Treni. L’annuncio di finanziamenti mirabolanti non risolve i problemi quotidiani. La gente è inc… arrabbiata , Zingaretti lo sa. Ma su chi puntare, a parte l’assessore Mauro Buschini, elemento di spicco della Guardia Pretoriana?

Francesco Scalia e Francesco De Angelis non riescono neppure ad ottenere il simbolo del Pd sulla scheda elettorale di Sora; non ce la fanno nemmeno a riunire attorno allo tavolo Giuseppe Golini Petrarcone, Marino Fardelli e Francesco Mosillo a Cassino; non sono stati capaci di indicare un direttore generale della Asl condiviso. Il presidente della Provincia Antonio Pompeo è rampante ma gioca da solo, con la sua squadra. Il consigliere regionale Daniela Bianchi nei banchi di Sel non può fare più la scudiera di Zingaretti.
C’è bisogno di un colpo di genio. Pare che Nicola Zingaretti stia accarezzando l’idea di “arruolare alla causa” Peppe Patrizi, già commissario della Provincia, uomo con un passato di centrodestra, ma talmente incazzato con Mario Abbruzzese e Antonello Iannarilli che… mettere le corna ad entrambi andando sotto le lenzuola (politiche) con Alfredo Pallone non basta. Patrizi sarebbe perfetto come Verdini ciociaro. Ha tutto: simpatia, capacità culinarie, entrature “potenti”, facilità di movimento, rapidità di azione. Potrebbe essere lui il “cavallo di Troia” per svuotare il centrodestra ciociaro. Poi basterà individuare altri esponenti del genere nelle varie province e il gioco è fatto. Patrizi non mi ha le preferenze e quando venne candidato sindaco a Ferentino fu un bagno di sangue? Era un’altra epoca geologica. Oggi, a furia di tagliare nastri, stringere più mani più di quante ne abbia strette il presidente Sergio Mattarella, baciare sulla fronte più bimbi di quanto ne abbia benedetti Papa Giovanni XXIII, è un’altra storia.

A Roma, per esempio, Alfio Marchini potrebbe essere perfetto per le strategie elettorali future di Zingaretti.

Il quale però adesso qualche risposta vera dovrà pure darla, perfino in provincia di Frosinone: ai disoccupati che a giugno resteranno senza ammortizzatori sociali. Ai pazienti che nei Pronto Soccorso hanno le flebo attaccate ai chiodi o agli estintori per esempio.

Perciò Zingaretti sta studiando giorno e notte il “tabù dei presidenti in carica”. Nessuno è stato riconfermato.

Che alla fine non sia meglio entrare nel Giglio Magico e ottenere una comoda candidatura alla Camera? In fondo Matteo Renzi è anche simpatico. Quello imitato da Crozza però.

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