Zingaretti si è stancato della melina di Conte

Il segretario del Pd pronto a decisioni clamorose perché il presidente del consiglio continua a prendere tempo. Escluso in ritorno alle elezioni anticipate, si andrebbe verso una crisi pilotata. E a quel punto lo zar Nicola potrebbe perfino decidere di guidare il Governo, aprendo la strada ad elezioni anticipate nel Lazio.

Francesco Verderami è uno dei cronisti parlamentari più informati e autorevoli. C’è da credergli se sul Corriere della Sera scrive: «L’analisi del segretario Dem è condivisa con Luigi Di Maio e persino con Matteo Renzi. Secondo il quale “continuare così non si può”. E allora, o si stabilisce un patto per il rilancio della alleanza, che blinderebbe la coalizione fino al termine della legislatura. “O sarà difficile gestire questa fase“. Specie se a Bruxelles venisse calpestato lo specchietto usato da Conte nell’ultimo mese. Se tardassero cioè quelle risorse europee che considera una sorta di assicurazione sulla vita».

«È chiaro che un’intesa tra gli azionisti di maggioranza sui nodi programmatici (e sulla futura legge elettorale) passerebbe per una modifica degli accordi di governo. Non un rimpasto, ma un nuovo esecutivo. Di fatto una crisi pilotata».

Perché Nicola Zingaretti, segretario del Pd, si è stancato dell’attendismo e dei ritardi di Giuseppe Conte.

Conte salvato dal voto

Giuseppe Conte

La differenza rispetto ai mesi scorsi è che stavolta non c’è più tempo. La vittoria del Pd in Toscana, Puglia e Campania ha salvato il Governo, che però continua a cincischiare, specialmente sul punto che più sta a cuore a Zingaretti: il Mes.

Analizza Verderami: «Il punto non è verificare se l’arma del premier sia carica e se abbia davvero in serbo la lista “Italia 2021“. Il tema è capire le mosse di Zingaretti, che è davanti a un bivio. Se dovesse tramontare la prospettiva di un nuovo assetto, non potrebbe certo restare a guardia al bidone».

«Già considera l’attuale gabinetto alla stregua di un “governo amico”. In più se propone nel Pd di rinforzare l’esecutivo si trova contro “i ministerialisti“. Se chiede il Mes nel Pd si ritrova contro Gualtieri. Se chiede un candidato per Roma nel Pd non trova nessuno. E allora il leader democratico lascia puntualmente balenare l’ipotesi del congresso. È un segnale al suo partito ma anche un modo per far capire a palazzo Chigi che il surplace non potrà durare. “La realtà del Paese ci sta piombando addosso”, avvisa l’esponente della segreteria dem Miceli».

Non solo scosse di assestamento

Roberto Gualtieri © Imagoeconomica, Paolo Cerroni

«C’è la sensazione che qualcosa di più profondo delle solite scosse di assestamento stia per verificarsi nella maggioranza. E soprattutto nel Pd. Se persino chi oggi siede nell’esecutivo, come il sottosegretario Margiotta, si mette a ripetere le parole di Zingaretti. “Il governo non sta in piedi solo per tirare fino all’elezione del capo dello Stato”».

Nel Lazio, dove è presidente, Zingaretti il segnale lo ha dato: obbligo di mascherine anche all’aperto. Anticipando il Governo. Giuseppe Conte finora è stata aggrappato allo stato di emergenza, ma ora non basta più. (Leggi qui I protagonisti del giorno. Top e Flop del 3 ottobre 2020).

Nicola Zingaretti continua ritenere di dover restare alla guida del Lazio, ma se la situazione precipita nessuno scenario può escluso. Neppure che il segretario Dem vada a Palazzo Chigi.