I veleni che Zingaretti deve eliminare dal cuore del Pd

La battaglia a colpi di tweet e fake news, lungo la strada per il Congresso Nazionale Pd. Zingaretti ed il dna da curare. Il dialogo da costruire a sinistra. Che è cosa diversa dagli accordi con i dirigenti dalemiani o grillini

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Tutto comincia con un telegramma ed un articolo di giornale. Il telegramma è quello spedito da Nicola Zingaretti per scusarsi dell’assenza al Convegno di sabato scorso per i vent’anni della Fondazione ItalianiEuropei. È il pensatoio di sinistra fondato da Massimo D’Alema e per celebrarlo ci sono tutti gli uomini della sinistra ex Ds.

L’articolo è quello di Repubblica. Nel quale si racconta che al compleanno erano assenti i due più quotati tra i candidati a diventare Segretario nazionale del Pd: Maurizio Martina è impegnato a Milano e Nicola Zingaretti che ha inviato il telegramma a D’Alema. Nel quale c’è scritto che che i rispettivi “pensieri politici” e le “proposte per il futuro” si sarebbero “confrontate e intrecciate“.

Nell’arena infuocata che si prepara al Congresso, tanto basta per tradurre che gli ex Ds e Zingaretti si preparano ad un accordo: appoggio dalemiano al governatore del Lazio nei gazebo delle Primarie in cui Zingaretti cerca l’elezione diretta a Segretario. In cambio: un listone unico alle Europee in modo da consentire alle truppe del leader Maximo di superare lo scoglio del 4% al di sotto del quale non si viene eletti. 

Il cerino di Calenda

A lanciare il cerino acceso nel lago di benzina è l’ex ministro Carlo Calenda. Su twitter chiede chiarezza a Nicola Zingaretti: vuole sapere se è vero quello che scrivono i giornali e cioè che c’è la possibilità di un ritorno nel Pd per Massimo D’Alema e gli altri colonnelli del vecchio gruppo dirigente.  

Nel tweet Carlo Calenda scrive

“Non capisco. L’idea di Nicola Zingaretti e Paolo Gentiloni è ricominciare da Massimo D’Alema, Goffredo Bettini, Antonio Bassolino eccetera per fare un’alleanza con i 5 Stelle che stanno crollando in mezzo a mille contraddizioni? Che senso ha. Non si comprende”.

Passa poco. Zingaretti smentisce la ricostruzione. Calenda riprende in mano la tastiera e in un altro tweet scrive:

“Prendo per buona la smentita di Zingaretti ma ogni settimana ce ne e’ una nuova su Leu o M5S. Anche basta. E mi stupisco che Paolo Gentiloni non dica una parola chiara su questa linea. E lo dico da suo supporter numero 1″.

Martina: No a operazioni nostalgia 

I cinguettii si moltiplicano. Twittano tutti gli altri candidati alla segreteria Pd. Per prendere le distanze dall’ipotesi di un ritorno degli ex Ds.  Il più netto è Maurizio Martina che scrive: “Non si riparte da operazioni nostalgiche di vertice come qualcuno vorrebbe. La somma di gruppi dirigenti e leader del passato non farà mai la svolta necessaria. Noi andiamo a cercare nuove energie nel Paese“.

Non si lascia sfuggire l’occasione Roberto Giachetti. «È chiaro – cinguetta – che gli altri vogliono riportarci indietro tutta. Listone con D’Alema e Bersani? Alleanze con M5s? Cosi’ piu’ che un congresso sembra un incubo“.

Il deputato dem Marco Di Maio ci mette il carico: “No alle ambiguità: se qualcuno vuole richiamare in casa chi ha fatto di tutto per distruggerla, lo farà senza di me”.

E l’onorevole Camillo D’Alessandro arriva a paragonare Zingaretti ad “Un cavallo di Troia. D’Alema provare a rientrare dalla finestra dopo aver sbattuto la porta e dato alle fiamme le mura“.

La sortita di Goffredo

A spezzare il principio di accerchiamento interviene quello che fu il papa nero dei Ds. L’eurodeputatio Goffredo Bettini  è corrosivo nella sua dichiarazione alle agenzie: “Se il contributo che Calenda intende dare al congresso del Pd sono le polemiche personali e le menzogne, inizia male. E penso che si illuda, per questa via, di togliere consensi a Zingaretti per raccattarne, forse, un po’ di piu’ lui“.

Non lascerò distruggere il Pd

Alla fine scende in campo Nicola Zingaretti. La risposta appare sulla sua bacheca Facebook, sulla quale scrive stizzito:

“Ci risiamo. Qualcuno vuole distruggere il Pd anche a colpi di tweet e fake news. Io non lo permetterò mai. Sulle Europee ho letto ricostruzioni fantasiose su inesistenti accordi.

Io ho sempre sostenuto l’esigenza di presentare la lista del Pd.

Il resto sono solo campagne organizzate, su cose che non ho mai detto, dal vecchio gruppo dirigente che ci ha portato alle drammatiche sconfitte di questi anni.

Serve veramente una svolta, cambiare tutto e andare avanti cominciando ad archiviare questi metodi barbari di confronto tra di noi”.

La controffensiva

È l’inizio della controffensiva. Gianni Cuperlo si rivolge direttamente al ticket avversario di Zingaretti: Maurizio Martina e Matteo Richetti. Con la sua prosa forbita dice che “la nostalgia è un sentimento. Invece la politica è visione del dopo. Ieri per una intera giornata, al ventennale di Italianieuropei, personalità di provenienza diversa e senza steccati hanno colto l’occasione e discusso sul destino della sinistra e dell’Europa. Sarebbe stato bello ascoltare anche il punto di vista di Martina come si era previsto. Peccato, sarà per la prossima volta“.

Dopo la prima stoccata, Cuperlo lancia un secondo assalto. “Impedire la saldatura dell’elettorato 5 Stelle con la destra peggiore dovrebbe essere l’alfabeto di una sinistra che non si arrende a mani alzate

Un messaggio a Martina lo manda anche il deputato romano Roberto Morassut. Gli ricorda che durante il suo mandato di Segretario ha tentato un’interlocuzione con il Movimento 5 Stelle per farci un governo. “Ebbe l’opposizione delle correnti che ora lo sostengono. In realtà il tema non era fare un governo con i 5 Stelle (assai improbabile) ma confrontarsi con loro per togliere ogni alibi ‘di sinistra’ e lasciar emergere la scelta per la Lega come la vera e naturale unica opzione da loro perseguita“.

Il dna deviato

Il Partito Democratico ha nel suo dna una malattia autoimmune. Se il prossimo Segretario non la curerà subito, porterà il Pd all’autodistruzione: consumato dagli anticorpi che produce e attaccano la parte di se stesso  che non riconoscono.

Nicola Zingaretti potrebbe essere il Segretario giusto per sradicare quella malattia potenzialmente mortale. Perché è portatore di un dna sano e più in linea con la tradizione del Partito.

Una tradizione capace di tenere insieme gli operaisti di Pietro Ingrao con i miglioristi di Giorgio Napolitano, protagonisti del confronto più acceso e aspro ma mai sconfinato nella delegittimazione. Una tradizione nella quale il candidato che arrivava secondo al Congresso andava a fare il capo della Segreteria Politica del vincitore. Perché il Partito è uno.

È una tradizione che Nicola Zingaretti ha osservato con religioso rigore quando ha vinto il congresso regionale dei Ds diventandone il segretario: il suo avversario Piero Latino è stato subito chiamato da Zingaretti a svolgere il ruolo di coordinatore della Segreteria.

Una tradizione che nulla ha da spartire con la moderna rottamazione degli avversari. Nulla ha a che vedere con le fake news sparse per delegittimare l’avversario. Non trovando tangenti o malaffare in un’intera vita trascorsa nell’amministrare la cosa pubblica, su Zingaretti si è costretti ad inventare fantomatiche alleanze o riesumazioni postume.

Il dialogo e la concertazione  

C’è un modo di stare insieme nel Partito che va ritrovato. Debellando la malattia autoimmune.

Fatta questa premessa, una considerazione va fatta. Va bene l’ottimismo: ma le maggioranze si costruiscono sui numeri. Che il Pd di oggi non ha e che nemmeno quello di domani avrà. La realtà non consente di fare più di tanto gli schizzinosi. A meno che non si voglia continuare a stare in minoranza per l’eternità. Con sano realismo, Nicola Zingaretti vuole provare a mettere su un Pd capace di dialogare e attrarre.

È questo il punto che deve essere chiaro: un Pd che parla all’elettorato fuggito dal Pd e rifugiatosi per legittima delusione nel M5S o in Mdp – Articolo 1 – LeU, è cosa diversa dal fare accordi con il gruppo dirigente del Cinque Stelle o con Massimo D’Alema. 

E se il Pd non dialoga con quell’elettorato, confrontando ed intrecciando le sue proposte con chi è – per sua natura – in grado di comprenderle e condividerle, con chi altri dovrebbe farlo: con Forza Italia?


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