Scusate ma… tengo famiglia (Il caffè di Monia)

Longanesi propose di scriverlo sulla bandiera italiana. Proprio sotto alla stella ed alla ruota dentata. "Tengo famiglia" è il motto che unisce un intero Paese, giustificando ogni sua debolezza

Monia Lauroni

Scrivere per descrivere

La mia piccola è di là, in cucina, a riattaccare un bottone al vestito da signorina chic in una specie di raso nero e veletta trasparente che la nonna le sta sistemando. Deve andare ad un altro compleanno di diciotto anni, ne avrò già contati trenta quest’anno. Per rifinire il tutto ha anche una borsetta secchiello alla moda che a me sembra ottenuta ritagliando il barattolo dello yogurt da un chilo e ricoprendolo con la stoffa nera. Il tutto mi è costato, inconsapevolmente, intorno ai centottanta euro, yogurt escluso.

Cinque o sei anni fa non me sarei preoccupata eccessivamente. Oggi, quando ho sentito la cifra, sono andata a parlare da sola fuori in terrazza che non mi piace che le mie “bambine” sentano quello che dico. Non capirebbero loro, che quello che per le altre mamme appare normale, come mangiare una pizza al sabato sera, per me è una specie di moltiplicazione di pani e di pesci.

Poco prima stavo al PC a vedere i prezzi di un biglietto ferroviario. La televisione era accesa sulla RAI alla quale ho appena finito di versare le novanta euro. Ogni anno mi dico che non voglio più pagare per questo servizio che, tra parentesi, non uso se non casualmente tra uno scambio di telecomando e l’altro. Poi, come sempre, penso alla noia delle raccomandate, alle intimidazioni, alla possibilità che scagnozzi dell’Agenzia delle Entrate mi spezzino le dita impedendomi per sempre di suonare il pianoforte che non suono, ma che potrei sempre imparare, e pago.

In televisione c’erano dei tizi che vedono la Madonna. Una signora dice che la Madonna è diventata una persona di famiglia, che sta sempre in casa, che suo figlio la chiama “la mamma buona”. Io non riuscirei a vivere con una estranea che mi gira per casa. Sì, sarà pure buona, ma va bene una visita, ma averla notte e giorno nel salotto mi inquieterebbe.

Un altro racconta che la Madonna gli appare ogni cinque del mese. Questa regolarità impiegatizia proprio non la capisco. Perché ogni cinque del mese? Forse perché gli altri giorni la Madonna è a casa della signora e fa una scappatina una volta al mese dal ragazzo. Io, il cinque di ogni mese verso pochi spicci sulla carta per la ricarica telefonica. Vabbé, non è la stessa cosa, ma è l’unica che mi succede ogni cinque del mese.

Poi c’è Brosio che dice di essersi convertito dopo aver lungamente amato donne, bevuto, drogato, giocato d’azzardo. La cosa lo ha talmente colpito che ci ha scritto tre o quattro libri. Penso che mi ci vorrebbe una bella sigaretta e una boccata di aria fresca, ma a casa dei miei che si fanno sempre più vecchi e con i quali sono costretta a vivere non è gradito molto il fumo. E, tra parentesi, non vedono di buon occhio nemmeno le finestre aperte chè fa corrente, anche se fuori il mondo è in fiamme.

Ci sono eremi più allegri di casa mia. Posto qualcosa su facebook, leggiucchio con difficoltà visive qualche notizia. Mi accorgo che in TV ora tocca al Ministro fare la maestrina. Poi parla anche Grignani. No, Grignani dico.

Ad una tipa con gli occhiali invece il compito di informarmi che se cerco un lavoro fisso vicino ai miei genitori sono una senza attributi. A quelli di prima bastava farmi fessa, questa invece, oltre a fregarmi mi vuole pure insegnare come va la vita.

Mi sembrano un branco di stupratori di gruppo. Da ragazza ero un’ idealista, convinta di poter dare un fattivo contributo al cambiamento delle cose, gravida di quel desiderio di fecondità del bene che ogni anima giovane o almeno la gran parte delle anime giovani, detiene come gioioso patrimonio naturale. Anche un po’ “reazionaria”, non ero da sola, tanti come me. Poi uno alla volta si sono adattati alla grande legge universale che regola le meccaniche complesse in cui viviamo: la legge del ”tengo famiglia“. E sulla base del “tengo famiglia” che uno si è ficcato alle Poste, un altro è impiegato statale, una è diventata segretaria di un grande centro commerciale.

Mi accorgo che ho partecipato ad una guerra dall’esito scontato e l’ho persa. Come quei poveri fanti dell’Armir mandati sul Don con gli stivali di cartone. Me ne rendo conto con la triste consapevolezza che quando si ha la fortuna di aver accumulato un’esperienza, bisogna avere l’acume per servirsene in ogni occasione, senza cedere ai tardi richiami del cuore e dell’ideale.

Personalmente sto ancora affrontando una mia personale ed intima lotta per trattenere ancora dentro di me quello spirto guerrier ch’entro mi rugge, se è ancora lecito citare Foscolo. E’ una lotta difficile. I tempi non sono buoni e forse una ritirata ordinata è meglio della sopraffazione. Tengo famiglia pure io.

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