Il secondo stupro sulla Ciociara

Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l’indifferenza dei buoni”. Aveva ragione Martin Luther King.

Perché la maggioranza non può restare sempre silenziosa, non quando si violentano perfino la storia, la memoria, l’arte e la cultura.

Il remake in salsa porno de La Ciociara è inaccettabile. Parliamo di un romanzo, quello di Alberto Moravia, che è una pietra miliare della letteratura. Perfino della storia dal momento che mette in luce lo scempio delle “marocchinate”, tenute nascoste per non “sporcare” la liberazione degli Alleati. Parliamo di un film, quello di Vittorio De Sica e del premio Oscar Sophia Loren, che è un capolavoro assoluto. Adesso ci dicono che Roberta Gemma sarà Sophia Loren, mentre Mario Salieri sarebbe l’equivalente hard di Vittorio De Sica e Cesare Zavattini.

Il tema del film originario è stato spesso cancellato dalla storiografia ufficiale: le marocchinate. Efferati episodi di violenza contro le donne, contro i bambini, perfino contro gli uomini, perpetrati in Ciociaria dalle truppe marocchine mandate in avanscoperta perché evidentemente nemmeno in tempo di guerra il valore della vita è uguale per tutti. I goumier francesi hanno stuprato l’intera Ciociaria, questa è la verità storica.

Lo storico Costantino Jadecola nella sua opera Linea Gustav (1994) ha ricostruito il dramma del passaggio della guerra attraverso i diari scritti giorno per giorno dai ciociari. In quello di Antonio Iannetta è annotato “Questi Africani, dei soldati avevano soltanto l’apparenza. Spesso neppure questa, ma soltanto le armi. Vestivano in modo trasandato. Avevano un’enorme lenzuolo intorno al corpo, un altro panno attorno alla testa. Erano sporchi, nel loro aspetto c’era molto di primitivo e di selvaggio” .

A Vallerotonda Jadecola trova il diario di Celestino Di Meo in cui è annotato “Spesso s’incontravano per le vie del paese vestiti soltanto con delle mutande e giacchettine da donna, scalzi e col collo cinto con le fasce che si usano per fasciare i bambini. Erano sudicissimi. Prendevano l’acqua da bere in una pozzanghera (soglio) di mia proprietà a destra del lavatoio pubblico. Spesso cucinavano e mangiavano nei nostri urinali

Il quotidiano Il Giornale: “Il Sindaco di Esperia, allora, dichiarò esemplificativamente che 700 donne su un totale di 2.500 donne vennero coinvolte in episodi di stupro. Nel numero erano presenti anche le donne morte. La prassi, del resto, fu ripetuta nel circondario, nella valle del Liri ed in tantissimi Comuni appartenenti alla zona che comunemente viene chiamata Ciociaria. La Ciociara ha il merito di aver smascherato questa tragica pagina della nostra storia nazionale”.

Ancora Costantino Jadecola traccia la contabilità di quella carneficina. “Il generale medico professor Alfredo Bucciante sottopose 800 donne marocchinate i cui casi erano certamente rappresentativi dei moltissimi altri, migliaia e migliaia. In 52 casi la furia selvaggia delle truppe di colore si è scatenata su bambine dai 12 ai 16 anni; in 80 su ragazze fra i 17 ed i 20 anni; in 250 su donne dai 21 ai 30 anni; in 199 fra i 31 ed i 40 anni; in 141 fra i 41 ed i 50 anni; in 52 casi su donne fra i 51 ed i 60 anni; in 26 casi su donne fra i 61 e gli 80 anni”.

Riporta le parole di Felice Chilanti: “Le ragazze della Valle del Liri erano belle come le sante dei quadri antichi. Belle, dolci e oneste nel viso. S’erano rifugiate sui monti perchè cannoni e mitraglie battevano l’abitato. Gli ufficiali francesi, per mandare avanti i loro uomini promettevano proprio le ragazze della Valle del Liri. ‘Troverete donne, belle donne’: questo era l’incitamento. I marocchini hanno diritto di preda secondo una vecchia legge dell’Impero di Francia. Gli ufficiali, mentre i marocchini ‘predavano’, se ne stavano rinchiusi nei rifugi, impauriti loro stessi”.

“(…) Da Polleca ad Arva salivano le urla delle donne trascinate a forza, mitra alla mano, a quel sacrificio brutale: le loro invocazioni riempirono quelle calde notti di maggio. Gli uomini difesero le loro donne qualche volta fino alla morte. Il messo esattoriale di Esperia, Luigi Assante, un uomo sui quarant’anni, fu ucciso a baionettate per difendere le sue due sorelle, Beatrice e Jolanda”.

“Il parroco di questo comune, don Alberto Terilli, che fu testimone di tanti delitti, morì nell’agosto dello scorso anno di malattia mai confessata. I marocchini violentarono senza distinzione bimbe e vecchie dagli 8 agli 80 anni: persino una vecchia di 78 anni, col volto deturpato da una cancrena. Una giovane donna dedita alla vita devota fu spogliata nuda e legata in croce lungo una mulattiera; man mano che la soldataglia passava la poveretta doveva subire turpi violenze. Ed una sua sorella ha fatto la stessa fine. Molte donne, soprattutto di tarda età, morirono sotto la violenza”.

Ecco perché, alla notizia del remake porno, il presidente dell’Associazione delle vittime delle Marocchinate, Emiliano Ciotti, ha scritto al Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, “sottolineando l’impatto psicologico non indifferente che, anche solamente il sapere che esiste un film di questo genere, avrebbe sulle famiglie delle vittime di quelle violenze e chiedendo di limitare la distribuzione del film”.

E la senatrice Maria Spilabotte ha scritto: “La riproposizione del film in chiave porno di quei momenti terribili passati alla storia come le “marocchinate” è un’offesa verso il nostro territorio e verso tutte le donne. Come si fa a pensare di poter ironizzare e non aver rispetto del dolore di tutta quella gente che ha subito quegli atroci episodi o alle tante donne che sono state vittime di abusi sessuali e di stupro durante la guerra, a tutte quelle donne che ancora subiscono tale infamia, a coloro che ancora ne portano i segni, gli effetti dello stupro in periodi di guerra e non”.

Ancora Emiliano Ciotti a proposito del regista del film hard: “Si fa chiamare Maestro, lo invito a studiare la Storia. Magari anche quello che le truppe marocchine hanno combinato nella sua Napoli e nell’hinterland. Mi chiedo come si faccia a costruire qualcosa che si ritiene artistico su questo dolore e cosa dovrebbero pensare i parenti delle vittime di stupri e di omicidi“.

Ora, in occasione della Festa della donna, vale la pena riportare un passaggio del celebre monologo di Franca Rame sullo stupro: “Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile”.

Bene ha fatto Maria Spilabotte a sollevare il problema, ma il punto vero è il silenzio di tutti gli altri. Naturalmente oggi tutti si produrranno in comunicati stampa sdegnati, in prese di posizione durissime, in rivisitazioni storiche ardite. Ma bisognava muoversi prima, anche per dare un segnale di attenzione verso questo territorio.

C’è una canzone di Francesco De Gregori emblematica: “La storia siamo noi, siamo noi padri e figli, siamo noi, Bella Ciao che partiamo, la storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano. La storia siamo noi. Siamo noi questo piatto di grano”. La storia siamo noi: difendiamolo, custodiamola, manteniamo il senso della tragedia.

Non facciamola insozzare.

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