Come va al di là dello sportello: l’eterno idillio delle banche italiane

Il numero uno di Bankitalia e lo stato dell’arte sull’universo creditizio del Paese: che non sta affatto malissimo ma con alcune pregiudiziali

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Non va bene per chi sta al di là dello sportello, va benissimo per chi sta al di qua. Il sunto (solo per parte di sua competenza) per le banche italiane è questo. Parola di uno che ha le sue radici in Ciociaria, a Pescosolido per la precisione. Cioè quel Fabio Panetta figlio dello storico sindaco di quel piccolo Comune che, dal Frusinate, “bacia” l’Abruzzo sul versante nord-est della nostra terra.

Il contesto recente nel quale relazionare è stato di pregio assoluto, la Giornata mondiale del risparmio, ma il dato è evidente. Quando il concetto di risparmio viene associato a quello di banche il primo prende il viraggio del profitto per le seconde e dello zero virgola per i clienti.

Ovviamente in sé è un’iperbole e che in un sistema complesso liberista ed occidentale le banche debbano guadagnare è mantra. Lo scopo è andare oltre l’ovvio e la retorica pop.

Lo screening “da Pescosolido”

Giorgia Meloni

Solo che poi ci si mettono in mezzo i governi prog con comparaggi forti di settore eredi de format azzurro, in ultimo, quello di Giorgia Meloni e alla fine della catena alimentare, il cittadino un (bel) po’ lo mastica, amaro. La premier attuale ha ripreso verve dialettica, nelle ultime ore.

Ed ha sentenziato belluina in ordine alla bozza di Legge di Bilancio 2026: “Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione 5 per aiutare le fasce più deboli credo che possano essere soddisfatte”. Anche perché Forza Italia ha goduto anche del “ristoro etico” della riforma della Giustizia e Marina Berlusconi è potuta tornare a sentenziare fino in Patagonia che suo padre era un lungimirante precursore di civiltà.

Resta il dato per cui quello con le banche – in ordine agli extraprofitti – è un compromesso che gioca al ribasso per l’utenza. O “sciolgono” i dividendi tra gli azionisti facendoli tassare con vantaggio oppure li tengono in conto capitale e la tassazione sugli stessi sarà maggiorata ma non assoluta.

Valutazione di settore

Clienti in banca © Bettolini / Imagoeconomica

E Panetta? Ovviamente la sua è una valutazione settoriale, quindi non ha assolutamente il crisma della casella acida e giolittiana “versus” i cittadini. Però qualche segnale emerge al di là della compostezza assoluta del relatore, che è pur sempre parte in causa, non arbitro. “Il sistema bancario italiano è nell’insieme solido, ben patrimonializzato e oggi tra i più redditizi d’Europa. I rischi di credito restano limitati, grazie anche alle buone condizioni finanziarie delle imprese”.

E cos’è che aiuta? “Contribuisce l’ampio utilizzo dei prestiti garantiti dallo Stato, tutt’ora pari a un quarto di quelli alle imprese. I ricavi continuano a crescere, nonostante la discesa dei tassi di interesse, a conferma della capacità degli intermediari di adattarsi e diversificare la propria attività”.

Resta il problema dell’utilizzo, che tradotto in termini più “papali” significa: questo gran favore che abbiamo ricevuto, visto che finanziamo (anche) i conti pubblici snocciolati da Palazzo Chigi, come lo mettiamo a crasi tra gratitudine e funzionalità di comparto?

Risorse salvagente

Il Modello Minimi della FN Herstal in dotazione ora all’Esercito Italiano

“E’ importante che le banche utilizzino le risorse generate in questa fase favorevole per rafforzare la capacità di affrontare scenari sfavorevoli, continuare a investire in tecnologia e sicurezza informatica e, soprattutto, sostenere la crescita dell’economia”.

C’è un futuro a cui guardare, e ci sono percentuali che addosso alle lenti per guardare il futuro hanno lanciato roba lattiginosa. “La politica di bilancio dovrà tenere conto dell’invecchiamento della popolazione e dei nuovi impegni in materia di difesa, sostenendo la capacità produttiva”.

Missili e umarèl, dunque, questi in iperbole i cardini. “È essenziale innalzare stabilmente il ritmo di crescita dell’economia oltre quell’1 per cento stentato su cui sembriamo esserci assestati, preparando fin d’ora il terreno per la fase in cui non saranno più disponibili i fondi del Pnrr.

Il problema è sempre quello, ed anche il settore bancario ne sente l’usta. Come farà lo Stato italiano a compensare una prospettiva di default per il prossimo triennio appena il “salvadanaio” del Pnrr, con tutte le variazioni di pezza che ha subito, sarà vuoto?

Passata la festa, gabbato…

Adolfo Urso (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

Panetta ha detto la sua: “Il recente accordo tra l’Unione europea e gli Stati Uniti ha ridotto l’incertezza sul quadro dei rapporti doganali bilaterali, ma ha anche comportato un sensibile aumento, dal 2 al 16 per cento, dei dazi medi effettivi sulle esportazioni europee”.

Il problema non sono tanto le cause, individuate al millimetro, ma gli effetti. “Secondo le nostre valutazioni, gli effetti diretti per gli esportatori italiani e le loro filiere restano nel complesso limitati, grazie ai punti di forza appena menzionati”.

Potrebbe aiutarci “il buon andamento delle esportazioni”, che “è stato un fattore decisivo nella tenuta della nostra economia”. Tuttavia restano irrisolti i nodi di industria ed imprese, sui quali il ministro Adolfo Urso non è stato esattamente quel che si dice un “master and commander”.

Come sta messa l’industria

Fabio Panetta (Foto: © Imagoeconomica, Stefano Carofei)

E Panetta non lo dice, ma lo sa. “In un contesto difficile, l’industria italiana ha saputo mantenere le proprie posizioni sui mercati internazionali, raccogliendo i frutti della ristrutturazione produttiva”. Tuttavia la competitività delle imprese italiane non può essere data per acquisita, soprattutto alla luce delle attuali tensioni commerciali e delle incerte prospettive della domanda globale”.

Quindi, se i dazi hanno avuto effetti limitati per l’export italiano nel complesso, “non vanno però sottovalutati gli effetti che si concentrano su singoli settori o territori, né quelli indiretti. Il rallentamento del commercio globale incide sull’intera economia, comprese le aziende e i lavoratori non esposti al mercato statunitense. Questo effetto è amplificato dall’incertezza che ancora circonda l’evoluzione delle politiche commerciali”.

E i fruitori finali e “banali” di quegli sportelli che tutto sommato stanno così bene? Attendiamo notizie, anche per capire se i rimbrotti di settore verranno spalmati sui conti degli italiani. Come accade in ogni macro manovra, quando se non hai i soldi per turare i buchi non ti resta che aumentare il prezzo delle sigarette.