
Gli allarmi lanciati dal Lazio e le conferme dal Macfrut 2025: ortofrutta, la forza (e le fragilità) di un sistema che chiede regole e investimenti
C’è un Lazio che produce eccellenza, che vince sui mercati globali con kiwi e pomodori, mele e ortaggi. Ma c’è anche un Lazio agricolo che arranca, che perde alberi da frutto, che combatte contro il clima, i costi e la concorrenza sleale. Che si ingegna per contrastare l’acqua sempre più salata e trovarne altra in luoghi dove mai te lo aspetti. Entrambe si sono incontrate a Rimini, al Macfrut 2025, la grande fiera internazionale dell’ortofrutta. Un osservatorio privilegiato sul presente e sul futuro del settore.
Un settore che in Italia vale oltre 17 miliardi di euro in produzione e 12 miliardi in export, come ha ricordato Sergio Marchi, direttore generale di Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare. Ma che, al tempo stesso, rischia di cedere terreno se non si cambia passo.
L’acqua al centro

Sembra di sentire le parole dette appena a gennaio nella sede regionale del Lazio dell’Associazione Nazionale delle Bonifiche a Roma. Anche nel Lazio l’acqua si sta riducendo e sta diventando sempre più salata: con conseguenze gravissime per le coltivazioni. (Leggi qui: Quella diplomazia silenziosa che sta combattendo per l’acqua nel Lazio).
Un allarme ripreso il mese successivo dall’assessore regionale all’Agricoltura del Lazio Giancarlo Righini: intervenendo ad un convegno nella Sala della Ragione ad Anagni aveva ammonito: “il Lazio è a fortissimo rischio di desertificazione. Se non interveniamo in fretta e con decisione adesso, fra trent’anni l’agricoltura della nostra regione sarà sparita, cancellata dai cambiamenti climatici”. Il problema non è solo di quantità ma anche di qualità dell’acqua: “Il grado di salinità e di acidità è aumentato in maniera vertiginosa nel giro di pochi anni, se continuerà molte fonti non saranno più utilizzabili per l’agricoltura del Lazio. Difendere l’agricoltura significa difendere l’acqua“. (Leggi qui: Basta Ciociaria “parente povera”: ecco il Giubileo come lo vede Anagni).

Anche al MacFrut al centro di tutto c’è l’acqua. O meglio: la sua gestione. Luigi Scordamaglia, ad di Filiera Italia, è stato netto: “Non è vero che l’agricoltura consuma acqua. La trasforma. In cibo, in valore, in ricchezza“. Ma Bruxelles sembra ancora non capirlo. Da qui l’urgenza di una strategia per la resilienza idrica: senza invasi, senza una visione europea sull’approvvigionamento idrico, l’ortofrutta italiana non potrà reggere a lungo.
Il punto politico

La risposta più concreta sul piano politico al MacFrut nasce da un evento organizzato da Massimo Gargano, direttore di Anbi Nazionale. Nel Padiglione C1 ha ospitato l’intervento di prestigio del Vicepremier Antonio Tajani. Che da remoto ha parlato nell’ambito della Conferenza Organizzativa Nazionale dei Consorzi di bonifica ed irrigazione, dedicata alla digitalizzazione ed alle possibilità di utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella gestione delle acque di superficie.
“Non si può fare agricoltura, non si può fare nulla senz’acqua nel sud dell’Europa: e quindi noi inviteremo a partecipare tutti i Paesi europei, compresi quelli dei Balcani. Poi a marzo ci sarà anche la seconda riunione ministeriale dei Ministri degli esteri e dell’ambiente dell’Unione per il Mediterraneo allargato, che potranno assumere una posizione condivisa che rappresenti un punto di svolta anche per le successive scelte europee”.

Un intervento in sintonia con la tradizionale attenzione riservata da Macfrut ai Paesi Terzo Mondo ed in vista di “One Water“, Forum Euromediterraneo dell’acqua, previsto a Roma nel 2026. “Dal sistema irriguo Irriframe alla certificazione di sostenibilità Goccia Verde fino agli odierni sviluppi applicativi sulla A.I. e la digitalizzazione, la presenza di ANBI al Macfrut è sempre stata caratterizzata da uno sguardo verso il futuro delle risorse idriche” ha detto Massimo Gargano. Evidenziando che quest’anno si compie un ulteriore passo avanti, dedicando tutti e tre i giorni a confronti su innovazione e ricerca, presentando esperienze in corso, a conferma di come i Consorzi di bonifica ed irrigazione sono quotidiani laboratori a cielo aperto.

Gli stessi concetti espressi poche settimane fa da Daniele Pili, presidente di Coldiretti Latina. Che intervenendo alla trasmissione A Porte Aperte su Teleuniverso aveva detto anche altro, spostando lo sguardo al futuro molto prossimo: “Oggi l’agricoltura deve essere sostenibile. Non è vero che per cercare la sostenibilità si alzano i costi di produzione ma è vero il contrario. Perché l’innovazione alza la qualità ed abbassa le spese“. (Leggi qui: La Rivoluzione Gialla di Daniele Pili).
Concetto ribadito da Luigi Niccolini presidente di Confagricoltura Latina: “A Latina se non ci fosse il Consorzio non ci sarebbero né settore agricolo né le stesse città. Noi non ce ne rendiamo conto appieno, ma il cambiamento climatico è stato veloce, e di fatto noi viviamo una situazione di siccità latente“.
Tra Roma e Bruxelles

Ecco allora l’altro punto politico. Il dibattito che si gioca tra Bruxelles e Roma, tra strategie ambientali e necessità produttive. Perché non si può chiedere agli agricoltori sostenibilità e qualità se poi si lascia spazio all’importazione di prodotti a basso costo, coltivati senza regole, con manodopera sottopagata. È la questione della concorrenza sleale, esplosa con forza nel padiglione del Lazio ma anche della Toscana: lì dove Coldiretti ha denunciato il crollo del patrimonio frutticolo – un albero su due sparito in dieci anni.
Il vero nodo per il Lazio è passare da territorio di produzione a territorio di strategia. Lo ha messo in evidenza la presidente di Anbi Lazio Sonia Ricci con il suo direttore Andrea Renna. hanno spiegato che non bastano le eccellenze locali. Serve una cabina di regia regionale che metta insieme ricerca, mercati, infrastrutture, export. Come già fatto per il turismo o l’aerospazio. L’agroalimentare, in particolare l’ortofrutta, merita lo stesso livello di attenzione politica ed economica.
Nel frattempo, il Lazio osserva e partecipa. Non con clamore, ma con continuità.
La presenza dei mercati laziali nella rete Italmercati, la collaborazione col sistema camerale per la digitalizzazione dei prezzi, i progetti in corso sul riuso dell’acqua e sulle comunità energetiche legate al mondo agricolo: sono segnali. Ancora parziali, ma indicativi.
Il sistema resiste

Eppure il sistema tiene. E prova a rilanciare. Con strumenti concreti. Come la piattaforma Prezzietariffe.it, presentata al MacFrut da BMTI: un servizio che consente a imprese e operatori di accedere in tempo reale a milioni di prezzi all’ingrosso, per fare contratti trasparenti, tutelare i produttori e dare stabilità alla filiera. Perché oggi il vero valore è l’informazione: sapere quanto vale davvero un prodotto, in quale mercato, con quali dinamiche. Per questo la digitalizzazione non è più un lusso. È necessità.
Ed è qui che entra in gioco anche la cooperazione: quella vera, che non si limita a fare sistema, ma prova a guidarlo. Le parole di Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare, sono chiare: “Dobbiamo fare come gli altri Paesi europei: aggregare valore, non solo produzione“. Il problema in Italia non è solo quanto si produce, ma come si contratta il valore sul mercato. E qui le cooperative, se ben organizzate, possono fare la differenza.
Ruolo da protagonista

Alla fine, Macfrut 2025 ha confermato una cosa: l’ortofrutta laziale ha tutto per giocare da protagonista nel mondo. Ma ha bisogno di giocare di squadra, di regole certe, di investimenti veri.
Senza acqua, senza lavoro qualificato, senza filiere forti, il rischio è quello già visibile in Toscana: sparisce la frutta, sparisce il reddito agricolo, sparisce un pezzo d’Italia.
E allora la domanda è semplice: vogliamo esportare il Made in Italy o vogliamo abbandonarlo? La risposta non può più aspettare.