La quarta rivoluzione industriale era per «stimolare gli investimenti» sulla digitalizzazione. La quinta, firmata Mimit e Ges, sostiene «la trasformazione digitale ed energetica delle imprese». Il ministro Urso: «Primo piano in Europa con entrambe le transizioni». Gli specialisti di Profima: «Per il credito d’imposta, servono diagnosi energetiche entro il 2025».
La quarta rivoluzione industriale fu inaugurata nel 2016 dall’allora ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Lui lo ricorda una volta sì e l’altra pure appena si sfiora il tema. Il primo Governo Conte l’aveva poi sospesa ma il Conte 2 l’ha rinnovata.
Ai tempi del Pnrr, non si chiama più “Industria” bensì Transizione 4.0. Ma ora si passa al 5.0: la quinta rivoluzione, che non è un’evoluzione tout court della quarta. Parte con la transizione tra Mise e Mimit: il Ministero delle imprese e del Made in Italy.
Oltre sei miliardi di euro restano per il 4.0, che era «per stimolare gli investimenti», e altrettanti vengono destinati al 5.0, «sostegno – lo definiscono – alla trasformazione digitale ed energetica delle imprese». Si parla sempre di crediti d’imposta, da utilizzare per scontare tasse e debiti con lo Stato.
È una delle misure alle quali sta puntando nel Lazio il professor Raffaele Trequattrini, docente all’Università di Cassino prestato al mondo industriale nella veste di Commissario del Consorzio Industriale del Lazio. Lo ha detto con chiarezza al recente Tavolo Regionale dell’Automotive: se il sistema industriale del Cassinate vuole avere ancora un futuro deve scommettere sulla trasformazione energetica. Perché sarà quella la chiave di volta dei prossimi sistemi industriali. (Leggi qui. Semaforo verde per il nuovo corso del Consorzio Industriale. E leggi anche Stellantis e Governo ad alta tensione: “Noi abbiamo rispettato gli impegni…”).
La Transizione 5.0 del Mimit
Se con il 4.0 si ottengono per progetti di transizione digitale e ricerca, gli incentivi del 5.0 sono allargati anche alla transizione energetica. I 6.4 miliardi del 4.0 erano già stati stanziati con la legge Finanziaria, mentre gli altri 6.3 per il 5.0 arrivano da RePowerEu: il Piano scattato nel 2022 per l’indipendenza dal gas della Russia e il contrasto alla crisi climatica.
La Transizione 5.0 rientra nell’Agenda 2030, partita nel 2015 e attesa in 193 Paesi dell’Onu entro i prossimi sei anni. Durerà, retroattivamente, due anni: si considerano gli investimenti fatti tra il primo gennaio 2024 e il 31 dicembre 2025. La documentazione necessaria dovrà essere prodotta sul sito del Gse entro e non oltre il 28 febbraio 2026.
Il beneficio fiscale, a seconda del grado di innovazione, spazia dal 35% al 45%: nove aliquote rapportate all’investimento e alla riduzione dei consumi energetici. L’obiettivo è raggiungere quantomeno un 3% di risparmio nella produzione o un ribasso del 5% rispetto all’intero processo previsto dal progetto. Si “copre” la quota che l’azienda investe in impianti per produzione e consumo di energie rinnovabili.
Doppia transizione, senza Zes e Zls
La “doppia transizione” la può fare qualsiasi tipologia d’impresa (micro, medie e grandi). Si può anche cumulare con altre agevolazioni, eccetto due: la stessa Transizione 4.0 e i crediti nelle statali Zone economiche speciali (Zes) o nelle regionali Zone logistiche semplificate (Zls).
Il Lazio, dopo l’estromissione dalla Zes del Centrosud, non vede ancora Zls (a parte quella dei porti di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta). Non ha sgravi fiscali e burocratici previsti nelle regioni circostanti e attende quantomeno le reti tra maxi piattaforme e infrastrutture.
Il nuovo piano è stato presentato da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e Made in Italy: «Sarà uno strumento di nuova politica industriale che coniuga innovazione e formazione – ha messo in risalto il titolare del dicastero del Governo Meloni -. È il primo piano in Europa con incentivi per le due transizioni, green e digitale, insieme con la formazione dei lavoratori». (Leggi qui Buio… Fitto sulla Zls del Lazio, con la scusa di Roma ecco la fregatura bis).
Mimit: «Il modello è l’Industria 4.0»
Si aprono le danze «in complementarità» con la Transizione 4.0, mettendo sul piatto 12.7 miliardi per due anni. Anzi, il prossimo anno e mezzo, accettando investimenti fatti da gennaio scorso. Il modello, in ogni caso, è la “Rivoluzione calendiana”: «La riduzione dei consumi energetici – ricordano dall’ex Ministero dello Sviluppo Economico – deve conseguire da investimenti in beni materiali e immateriali funzionali alla transizione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”».
«Lo strumento avrà una durata di due anni e rientra le opere del Pnrr. Gli imprenditori potranno fare questi investimenti fino alla fine del 2025. In base ai loro risparmi energetici, potranno accedere a un credito d’imposta che va dal 35% al 45%. Al contempo, si potranno anche avere possibilità di formazione e incentivazione di sistemi energetici come il fotovoltaico».
La Transizione 5.0 prevede un automatismo: accesso al credito d’imposta senza istruttoria o valutazione preliminare. Per ottenerlo, però, serve stare sul pezzo sul sito del Gestore dei servizi energetici, il Ges, ormai aperto agli imprenditori dotati di chiave universale Spid.
«Diagnosi energetiche entro il 2025»
Enzo Altobelli, patron di “Profima”, società frusinate d’eccellenza nella consulenza per lo sviluppo, rammenta che «il sistema industriale era ormai fermo a seguito della chiusura dell’incentivo 4.0 e in attesa del 5.0, quindi si è riusciti dopo un anno a trovare un equilibrio con la Commissione europea, individuando oltre sei miliardi di euro».
«Non è una vera e propria evoluzione del 4.0, come si poteva ipotizzare, ma è uno strumento diverso – ritiene -. A monte c’è tutta una serie di attività tecniche sulle diagnosi di energia e consumi. Sono indispensabili per poter beneficiare di questo contributo. Noi siamo a supporto delle aziende che vogliono utilizzare questo strumento, mediante l’analisi dei consumi energetici, perché serve proprio a migliorare quelli per impattare meno sull’ambiente».
«Si deve puntare sia alla riduzione dei consumi di produzione, sia all’inserimento di sistemi di efficientamento come il fotovoltaico, l’idroelettrico o altre energie alternative – conclude -. Diamo un’assistenza alle aziende per analizzare il consumo energetico prima e dopo le migliorie, seguendo tutto l’iter che prevede la normativa. Tutte le informazioni necessarie verranno inserite nel portale del Gse, ente attuatore e controllore di questa misura. In questo modo, a step, si avrà la capienza della richiesta del contributo rispetto a quanto definito». (Leggi qui Finanza ancor più agevolata: «Ci aggiorniamo alla Profima»).