
Il mare come leva dell’economia e Roma che contribuisce con il 12% di valore aggiunto nel Report Ue, subito dietro Berlino e Madrid
La Nave più bella del mondo ha fatto tappa a Ponza e Gaeta. Ricordando che quella è terra di marinai: l’ultima difesa del Regno delle Due Sicilie fu nella piazzafote di Gaeta, lì nascque la Regia Marina Italiana dalla fusione tra quella sabauda e quella borbonica. La Amerigo Vespucci è il veliero simbolo della tradizione navale italiana, la nave scuola della Marina Militare Italiana.
Il veliero è stato sabato a Ponza e poi ha proseguito la sua rotta verso il Sud Pontino, per attraccare al porto commerciale di Gaeta, quindicesima tappa del tour Mediterraneo che completa il giro del mondo iniziato nel luglio 2023. È un’iniziativa voluta dal ministro della Difesa per promuovere il Made in Italy.
Quella tappa è l’occasione per un piccolo ma necessario recap sulla Blue Economy: creare sviluppo economico con l’utilizzo sostenibile delle risorse marine non solo è possibile, ma fa Pil. Tanto di quel Pil che ad esempio la Blue Economy italiana “pesa” per circa 179 miliardi di euro a contare interventi diretti e valore dell’indotto.
Due conti fatti già a Gaeta

Tutto questo Giovanni Acampora, che è Presidente di Assonautica Italiana, di Si. Camera e della Camera di Commercio Frosinone Latina lo sapeva benissimo già un annetto fa. Cioè quando al Summit Blue Forum di Gaeta aveva lanciato l’Economia del Mare 5.0.
Aveva fatto due conti Acampora e quelli quadravano: perché con 228mila imprese e quasi un milione di addetti ai lavori certi conti non possono che tornare. Ed oggi, a distanza di nemmeno otto mesi dal varo di quel piano, altri conti confermano quelle considerazioni ribadendo quanto l’Italia può trarre dalla Blue Economy.
Lo spiega il The Eu Blue Economy Report 2025, che colloca il nostro Paese tra i performer di rango massimo di sistema. Ed Acampora ha commentato quei dati. Così: “I dati del The EU Blue Economy Report 2025 della Commissione Europea confermano il ruolo dell’Italia in Europa per valore aggiunto nella Blue Economy, riportando il nostro Paese al terzo posto tra i 27 Stati membri”.
Italia terza sul podio

Insomma, l’Italia è da podio su una faccenda che sarebbe stato troppo facile liquidare come fisiologicamente legata alle sue caratteristiche fisiche. Ed invece non è così, perché al di là delle migliaia di chilometri di coste la Blue Economy poi la devi fare, oltre che intestartene l’idoneità.
“È un risultato significativo – ha proseguito Acampora – frutto dell’impegno sinergico delle imprese del mare, dei territori costieri e del sistema camerale italiano”. Ed è vero, un sistema “che da anni investe in promozione, formazione, innovazione e internazionalizzazione del comparto marittimo”.
Ma cosa spiega nel dettaglio quel report? Ad esempio che “l’Italia contribuisce per il 12% al valore aggiunto complessivo della Blue Economy dell’Unione Europea, subito dietro a Germania e Spagna”. Ed Acampora analizza: “Questo traguardo va letto non solo come un riconoscimento economico, ma anche come una conferma del potenziale strategico del mare per lo sviluppo sostenibile dei territori”.
Cosa spiega il Report 2025

Perché “in un momento in cui l’Europa si prepara al varo del Patto Europeo per gli Oceani, il posizionamento dell’Italia nella Blue Economy assume un valore ancora più rilevante: dimostra che il mare è una leva fondamentale di competitività, coesione e innovazione per il nostro sistema Paese”.
Ecco perché, come spiega una nota stampa, “Assonautica Italiana, in coordinamento con il sistema camerale e le autorità locali, continuerà a sostenere attivamente il consolidamento e la crescita delle filiere blu”. E lo farà “promuovendo una visione integrata che unisca economia, ambiente e cultura marittima”.
“È tempo di investire ancora di più nell’economia del mare, valorizzando i porti, le imprese, donne e giovani, e le eccellenze che fanno dell’Italia una vera potenza marittima in Europa”.
Le altre filiere da considerare
La chiosa di Acampora è tecnica: “Naturalmente, come sappiamo, i dati europei non considerano alcune filiere”.
Filiere “che noi con il Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare rileviamo insieme agli altri dati del nostro Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare – Ossermare”.
Per questo “continueremo a lavorare con il DG Mare EU per armonizzare i dati”. Il che fa ben sperare per l’economia di un futuro che è già presente.