La seconda puntata della Storia della Cassa per il Mezzogiorno nel Lazio Sud. La costituzione con la legge 646. I soldi. Ed una Ciociaria che si prepara a cambiare
Il 10 agosto 1950 venne ufficialmente approvata la legge numero 646, nacque così il progetto della “Cassa per il Mezzogiorno”. Un progetto ambizioso, una chiara visione della politica dell’epoca che aveva come obiettivo finale però non di replicare il modello del “centro-nord” nelle regioni meridionali, bensì permettere a quella parte dell’Italia di fare un passo in avanti e riuscire ad avere un ammodernamento nelle infrastrutture e nei metodi di lavoro.
La prima seduta del Consiglio di amministrazione della “Cassa” fu un momento di grande entusiasmo. Era chiaro a tutti che si stavano gettando le basi per un progetto epocale che avrebbe avuto i suoi effetti nei decenni successivi.
Le parole di De Gasperi
In quell’occasione intervenne anche l’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi che sottolineò: «Fuori di qui continuerà il lavoro ordinario. Che si adegua più che è possibile alle richieste e alle esigenze più evidenti e più conclamate. Ma qui, come dice la legge, si tratta di opere straordinarie, di opere non destinate semplicemente a soddisfare immediate esigenze. Ma ad incidere profondamente e permanentemente nell’economia del Mezzogiorno e delle Isole. Creando complessi organici che riguardano l’acqua per dissetare e irrigare, la terra per trasformarla e ridistribuirla, la viabilità minore, l’industria agricola e il turismo».
Una missione importante, forse impossibile, ma pioneristica come non se ne vedono più. La Cassa era un ente autonomo che venne dotato in prima battuta di una disponibilità finanziaria pari a 1.000 miliardi di lire (oltre 21 miliardi di euro attuali, tenuto conto del coefficiente di rivalutazione monetaria dal 1950). Si avvaleva del finanziamento della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Che era un organismo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite con lo scopo di sostenere lo sviluppo attraverso il finanziamento di programmi d’intervento.
Otto regioni ed un “sud” laziale
Il territorio su cui operava la “Cassa” era formato da otto regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Oltre che al Lazio meridionale rappresentato dalle province di Frosinone e Latina.
La Ciociaria all’epoca era pura terra agricola. I terreni si coltivavano o si utilizzavano per i pascoli, la gente viveva di ciò che produceva.
Un territorio che si preparava a subire un’ampia e forte trasformazione anche se gli abitanti dell’epoca, questo, non potevano ancora immaginarlo.
In Parlamento sedevano deputati e senatori eletti nel 1948. All’epoca la Circoscrizione elettorale raggruppava le province di Roma, Viterbo, Latina e Frosinone. Votarono in Ciociaria 234mila 499 elettori su 267mila aventi diritto al voto. La Democrazia Cristiana prese 140mila 721 voti pari al 60,86%. Socialisti e Comunisti si presentarono alle urne uniti per la prima ed unica volta nella storia repubblicana: sotto il simbolo della stella e di Giuseppe Garibaldi il Fronte Democratico Popolare ottenne nella provincia di Frosinone 39mila 795 voti pari al 17,21%. Ai Repubblicani andarono 15.655 voti (6,77%) ed al Blocco Nazionale 9.358 voti (4,05%). Tutti gli altri presero meno del 4%.
La Dc elesse 20 deputati. A Montecitorio il più votato fu Alcide De Gasperi con quasi 286mila voti, seguito da Giulio Andreotti con poco meno di 170mila voti. Frosinone elesse Cesare Augusto Fanelli, papà dell’ortopedico Paolo oggi assessore nel capoluogo: 71.194 voti. A rappresentare il cassinate fu Pier Carlo Restagno, il bancario piemontese che a Cassino teorizzò la Banca Popolare del Cassinate, con 23.185 voti. Nel collegio, il blocco socialcomunista elegge 10 deputati: il più votato è Palmiro ‘Il Migliore‘ Togliatti con 97.328 voti, seguito da Pietro Nenni con 57.020 preferenze. Il Sud Lazio vota Domenico Marzi Sr., nonno dell’attuale Consigliere ed ex sindaco di Frosinone: ottenne 27.126 voti, superando di poco un giovane Pietro Ingrao.
La metamorfosi della Ciociaria
Quella che sarebbe avvenuta negli anni successivi sarebbe stata una completa riconfigurazione dell’intera provincia. Il censimento Istat del 1951 registra 468.594 abitanti, ci sono stati 4.022 matrimoni. In quell’anno nascono 8.649 bambini, i morti sono 3.672. Ed il tessuto industriale è povero: buona parte dell’economia si basa ancora sull’Agricoltura, il comparto industriale è concentrato sul polo Sorano con le sue storiche cartiere. I ciociari continuano ad emigrare.
Lo mette bene il luce l’Archivio Storico dell’Emigrazione Italiana. Annota che la scarsa presenza di capitali da investire, l’inadeguatezza tecnico-economica degli imprenditori e dei lavoratori, la restrizione delle superfici coltivabili e la pressione demografica costituivano le principali cause degli alti indici di disoccupazione del Frusinate.
L’Asei rileva un paradosso proprio nel periodo in cui nasce la Cassa per il Mezzogiorno. Ormai sono risanati i danni della guerra e s’inaugurava un periodo di sviluppo economico: invece cresce il numero di emigrati. “Nonostante l’impegno dei governi e l’avvio di uno sviluppo industriale, l’emigrazione era vista dalle popolazioni del Frusinate come l’unica scelta per migliorare le proprie condizioni di vita”.
Nel 1950 all’interno della provincia di Frosinone si potevano rilevare due zone distinte di emigrazione, una nord-occidentale e una sud-orientale. Ed al loro interno l’emigrazione aveva assunto connotati differenti. Dalla prima area si emigrava meno all’estero, visto che gran parte degli spostamenti erano diretti verso la capitale. Nelle zone meridionali si registravano invece partenze con destinazioni differenti. In America si emigrava dai paesi a Sud del Liri, in particolare da Pontecorvo e Cervaro, in Francia dalla Valle del Liri e dal Cassinate.
Con l’avvio dell’industrializzazione innescato dalla Cassa per il Mezzogiorno la Provincia ben presto sarebbe diventata il principale luogo d’interesse per gli insediamenti industriali.
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1^ Puntata. La visione industriale che ci è mancata: fin dall’Unità d’Italia