
La recente decisione della Regione Lazio di rifinanziare la Legge 46 offre un sostegno cruciale all’indotto Stellantis, ma non basta a risolvere le sfide dell’industria automotive. È necessaria una strategia a lungo termine per garantire la competitività e sostenere l'occupazione.
Il rifinanziamento della Legge 46 è una boccata d’ossigeno per l’indotto Stellantis, ma non basta a rimettere in moto il motore arrugginito dell’automotive. A ricordarlo è Enrico Coppotelli, Segretario Generale Cisl del Lazio, che lancia un messaggio chiaro: servono visione, coraggio e partecipazione. Ora.
La recente decisione della Regione Lazio di rifinanziare la Legge Regionale 46/2002 sull’indotto Fiat — oggi Stellantis — è una buona notizia. Non solo per i 5,5 milioni di euro stanziati per il biennio 2025-2026, ma soprattutto perché riaccende i riflettori su un’area strategica dell’economia laziale: quella dell’automotive e delle sue filiere.
Soddisfatto ma inquieto

Il plauso del Segretario Generale Cisl del Lazio, Enrico Coppotelli, è dunque pienamente comprensibile. Ma se la soddisfazione per la misura regionale è legittima, ancor più lo è l’inquietudine di fondo che accompagna le sue parole. Perché, come ha dichiarato lo stesso Coppotelli, “l’indotto Stellantis è già oltre la soglia dell’allarme rosso”.
Nel cuore della Ciociaria, lo stabilimento di Piedimonte San Germano non è solo un insediamento produttivo: è un pilastro occupazionale e sociale, un generatore di reddito e sviluppo per centinaia di piccole e medie imprese. Tuttavia, la crisi strutturale del comparto automotive — tra transizione ecologica, flessione della domanda, e riconversioni ancora indefinite — ha messo a nudo la fragilità del sistema industriale locale. La cassa integrazione non può diventare una condizione permanente di sopravvivenza.

A lanciare l’allarme c’è una concomitanza di elementi. In questo momento lo stabilimento Cassino Plant ha ben poco da produrre: perché i modelli più performanti di Giulia e Stelvio sono stati tolti dal listino e dalle linee di produzione: avrebbero innescato automatiche reazioni dalle rigide regole Ue. Inoltre, la convinzione di lanciare nel 2025 i nuovi modelli elettrici della berlina e del suv hanno portato ad allungare la vita di due modelli che risalgono all’era Marchionne. Senza nemmeno un restyling.
Inoltre, proprio in questo momento di assoluta debolezza, lo stabilimento ciociaro, che era in cima ai parametri di qualità del World Class Manufactuiring, si trova ad essere un doppione sfaccendato di Pomigliano d’Arco e proprio nel momento in cui Stellantis nomina un nuovo CEO per correggere la rotta di Carlos Tavares.
Rifacciamoci il trucco

L’asfalto gettato in questi giorni sull’asse attrezzato che collega il casello A1 e lo stabilimento Cassino Plant ha una logica. La si comprende se si ricorda che il professor Raffaele Trequattrini, commissario del Consorzio Industriale del Lazio, è riuscito ad aggiungere le aree inutilizzate di Cassino Plant all’interno dei memorandum di una delle principali aziende di Big Pharma. Che non ha detto no: ma ha chiesto “Cosa avete da offrire in termini di qualità e di servizi alla nostra azienda?”
Cassino è in competizione con altri tre siti italiani. Chi si rifà il trucco prima e meglio ha maggiori speranze. Come in un atroce ballo di gala in tuta blu anziché in smoking.
Il Programma Operativo previsto dalla Regione rappresenta dunque un primo passo, ma non può restare isolato. Occorre una strategia pluriennale che guardi alla riconversione tecnologica, alla formazione delle nuove competenze, al rafforzamento delle reti di impresa. In questo senso, l’iniziativa del “Tavolo permanente per l’unità di crisi” è importante solo se accompagnata da risposte strutturate e tempestive.
Giù dalle barricate

La posizione di Coppotelli non è quella di un sindacato barricadero, ma di una classe dirigente che ha scelto la partecipazione come metodo. Il voto unanime che lo ha confermato alla guida della Cisl Lazio, poche settimane fa, è il riflesso di una leadership che ha saputo tenere insieme i valori fondativi del sindacato con la capacità di leggere il cambiamento. Lo dimostra la sua insistenza sul ruolo che può giocare la nuova legge nazionale sulla partecipazione: una rivoluzione culturale che può trasformare la governance delle imprese in un’epoca segnata dall’intelligenza artificiale e dalla transizione digitale.
Il tema è cruciale: senza un vero protagonismo del lavoro — nella gestione del cambiamento, non solo nella difesa dell’esistente — il rischio è che la crisi dell’automotive travolga interi territori. L’area di Frosinone ne è un esempio emblematico. Come ha ribadito lo stesso Coppotelli, “il mal comune non può essere mezzo gaudio”: nel Basso Lazio, l’auto non è un settore come un altro, è la spina dorsale dell’economia.

Serve quindi una visione industriale più ampia. Zone cuscinetto per le province confinanti con le Zes, incentivi mirati per chi reinveste nella filiera locale, misure contro la desertificazione produttiva. Ma serve soprattutto un’idea di futuro.
La politica regionale ha aperto uno spiraglio. Sta ora alle imprese, alle istituzioni locali e al governo nazionale cogliere questa occasione. E sta al sindacato, come sta già facendo la Cisl Lazio, continuare a tenere alta la guardia. Non solo per tutelare i lavoratori, ma per difendere il tessuto stesso dell’economia reale.
In gioco non c’è solo una fabbrica. C’è il modello di sviluppo di un’intera regione.