Pieni di auto ma pieni di spese, e con i dati Istat che incidono su Cassino Plant

L’analisi di Achille Colombo Clerici di Assoedilizia ed un paradosso che riguarda anche i piani Stellantis per Piedimonte

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

La storia è piena di ossimori, di contraddizioni fattuali, e l’economia, in barba a chi l’ha messa come branca a parte, è parte della storia. Da un punto di vista concettuale perciò non fa particolare clamore il report di Istat sull’automotive di questi giorni. Non almeno fin quando non lo si incrocia con altri numeri. Quelli cioè che da un anno dicono che la crisi del settore ed i suoi multiformi aspetti rischiano di far crashare una fetta intera della capacità produttiva del Paese.

Quali numeri? Mettiamo a confronto le due risultanze e proviamo a tirare una riga analitica sotto ad esse. In Italia le auto pare non le compri più quasi nessuno: l’elettrico costa troppo, sul termico l’Ue non consentirà deroghe. Ed il potere di acquisto delle famiglie al di qua delle Alpi è talmente formattato da non consentire spese “abitudinarie” che foraggino l’automotive.

Due Mimit per due crisi diverse

Da qui, da questo stato di cose, la crisi parallela del lavoro d’ambito. Con licenziamenti, cassa integrazione al lumicino, e con l’indotto che come sempre è il primo a soffrire.

Su Cassino Plant nel sanno qualcosa gli operai della De Vizia, che a differenza dei loro colleghi di Trasnova non hanno spuntato una proroga di contratto annuale, ma solo una mensile che al 31 gennaio scadrà. Due tavoli Mimit diversi per due calvari eguali? In un certo senso sì, tutta questione di riflettori puntati sulle grandi questioni sociali al momento giusto.

“Effetto Caivano”, lo potremmo chiamare, quello per cui se un episodio abbastanza forte nel mainstream di cronaca fa alzare le antenne ai decisori allora quelli intervengono celermente “sul singolo spot a mo’ di spot”. E creano un paradigma di intervento che però, man mano che la faccenda si stemperare in cronaca, perde l’efficacia originaria. Con il risultato che oggi Caivano, grazie alla roulette orribile della cronaca, pare il set de La Casa nella Prateria, e a Tor Bella Monaca quasi ogni collare di pitbull è farcito dell’eroina messa a flusso dai clan rom del Litorale romano.

L’analisi di Clerici di Assoedilizia

E con l’auto? Idem con patate, ma con un dato in più che fa riflettere. Lo ha messo a regime su Il Giorno Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia. Così, ed un po’ sorprendendo tutti. “Non c’è solo la casa a pesare sui bilanci delle famiglie italiane. Secondo Istat, l’Italia, nell’Unione Europea, è il Paese con più autovetture per abitante/famiglia: 694 ogni 1.000 abitanti (571 la media UE).

Vero è che parliamo di dati del 2023, cioè di un anno precedente alla fase di acuzie della crisi del settore, ma ci sono dati ulteriori che resettano ogni obiezione. Il primo è quello per cui non esistono crisi con epifania immediata, e quello che nel 2024 è andato a massa critica esisteva in nuce già nel 2023.

Media di crescita e trend

Il secondo è il dato per cui – secondo il report citato da Clerici – “il tasso continua a crescere in media dell’1,3% annuo dal 2018, molto più che nelle altre grandi economie europee (Germania +0,7, Spagna +0,4, Francia +0,3)”. Stando ad un’indagine di CercAssicurazioni il costo per mantenere un’auto è variabile ma non scende mai sotto “i 1.400 euro l’anno, tenendo conto dei costi di bollo, assicurazione, revisione, carburante, una percorrenza di 10.000 chilometri l’anno e la residenza a Milano”.

Foto © Carlo Carino / Imagoeconomica

Fatta la tara all’ultima voce, che amplifica ogni cosa abbia a che fare con l’atto di scucire danè, resta il dato crudo e generalista di una spesa di mantenimento che è la più altra d’Europa. Spesa “cui si aggiunge l’importo ben più consistente dell’ammortamento. La spesa varia in base al segmento dell’auto”.

E cresce in maniera esponenziale in ordine alle auto di segmento premium. Cioè quelle a cui Cassino Plant ha affidato la sua renaissance. Sono le auto “che se tengono sul mercato portano in alto i conti di tutto il gruppo”. Ed è il settore che, dopo l’incontro al Mimit con Jean Philippe Imparato, hanno messo bollino ad una realtà consolatoria. Quella per cui Cassino “è ancora un asse strategico. E lo sarà ancora di più perché da lì è confermato che usciranno le prime auto premium di nuova generazione dell’intero Gruppo”.

Due cose difficili da conciliare

Adolfo Urso e Jean Philippe Imparato (Foto: Maurizio Brambatti © Ansa)

Senza contare poi che a Piedimonte San Germano partirà lo sviluppo avanzato delle architetture elettroniche Stla-Brain e Stla-Smart Cockpit. Come conciliare una sorta di “rinascimento” post crisi, una cosa che affonda le unghie cioè non solo sull’economia di scala ma anche su quelle delle famiglie dei lavoratori, con costi così alti di quel che di quel rinascimento dovrebbe essere volano?

Diamo un’occhiata concretamente. “Per il segmento A, le cosiddette citycar, la spesa media è di 1.453 euro. Considerando, invece le auto di segmento B, le utilitarie (ad esempio, Ford Fiesta, Lancia Ypsilon o Opel Corsa) la spesa media sale di poco, attestandosi sui 1.470 euro.

La spesa segmento per segmento

Ci sono poi le auto del segmento C, le berline medie, la cui spesa annuale è di 1.829 euro. E veniamo al premium, cioè alle berline incasellate nei segmenti E ed F, quelli su cui fondano le aspirazioni produttive di Cassino Plant. Per sportive e auto di lusso “il costo totale annuo dell’auto sale fino a 2.673 euro. A pesare è soprattutto è il carburante che incide tra il 53% e il 65%, con quest’ultimo valore che viene registrato per i segmenti più economici”.

A questa voce si aggiunge quella del bollo. E secondo il report “l’imposta sul possesso e la revisione varia tra il 12% e il 27%, in base alla tipologia di auto”. Attenzione: tutto questo è riferito ad una “gestione ottimale della vettura: se si dovesse ricorrere al meccanico o al carrozziere le differenze di costo tra segmenti economici e di lusso diventerebbero iperboliche”.

“Con il tempo l’auto si svaluta: e la svalutazione, ripartita fra gli anni di utilizzo, rappresenta un ulteriore serio costo annuale di ammortamento per l’utente”.

La riga che deve tirare la politica

(Foto Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Quale riga potremmo tracciare sotto la comparazione di questi due scenari? Quella per cui l’Italia è piena di auto mantenere le quali costa più che in ogni altro paese Ue proprio nel momento in cui l’Italia vuole far risorgere l’automotive e preservare forza lavoro? Quella di un futuro di speranza ma non del tutto roseo, perché non basta avere un mercato che risponde alle sollecitazioni della produzione?

Tuttavia bisogna allargare la sua disponibilità con interventi che non attengono la produzione. Lì entra in gioco la politica. Quella “dei due Mimit”.

Il primo che risolve ed il secondo che ti tiene in sospeso sul ciglio del baratro.