Quelli che vanno allo stadio Stirpe per tifare gli avversari

Terra strana, la Ciociaria. Dove si va allo stadio ma per tifare la squadra che gioca contro il Frosinone. Abbiamo impedito di riscaldare le case gratis con i vapori di San Vittore: a Milano e Brescia ci sono arrivati anni dopo e lo fanno. Non vogliamo le fabbriche ma reclamiamo un posto di lavoro per i figli. E quando si parla di energia è no a tutto. Ma a Sant'Agata, in Trentino, in Germania, stanno facendo in modo diverso

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Frosinone è una terra strana. Non ha una storia a tenere insieme i suoi 91 Comuni, non c’è un presente capace di far sentire tutti come parte della stessa terra. È nata ‘a tavolino’: una specie di Frankenstein creato mettendo insieme pezzi della Terra di Lavoro con parti della Campagna e Marittima. (Leggi qui Tra regnicoli e papalini: una provincia, due identità).

Non basta a giustificare il masochismo di questa terra. La capacità di volersi male e farsi del male trova pochi eguali in giro per l’Italia. Da nessuna parte se chiedono di dove sei ti rispondono dicendo sono di vicino Roma. In poche parti del mondo sono capaci di dire così male su loro stessi, invogliando la gente a tenersi alla larga. Questa è una terra nella quale si paga il biglietto per entrare nello stadio Stirpe a fare il tifo per la squadra che gioca contro il Frosinone.

Non investite da noi

Carlos Tavares

Carlos Tavares appena messo piede nello stabilimento Stellantis a Piedimonte San Germano mise in chiaro le cose. Disse che tutto era splendido ed organizzato meglio che dovunque: ma qui la corrente elettrica costa troppo e c’è una fiscalità troppo alta.

Roma lo sa benissimo. E si sta organizzando di conseguenza. Con un termovalorizzatore che brucerà i rifiuti senza mandarli in discarica, li trasformerà in energia elettrica. I vapori non verranno emessi in aria ma incanalati nei tubi ed andranno a riscaldare gli appartamenti di interi quartieri: senza gas, senza caldaie, senza fumi. Le ceneri diventeranno sampietrini per ripavimentare l’Urbe oppure biglie di vetro con decine di altri possibili usi. Ai signori delle ecomafie questo non piace e stanno facendo di tutto per convincere la gente che è più igienico buttare l’immondizia così com’è dentro una buca.

Per quella visione delle cose il Partito Democratico s’è lacerato. Zingaretti disse che nuovi impianti per i rifiuti nel Lazio non se ne sarebbero fatti e varò una legge in questo senso con il Movimento 5 Stelle. Il sindaco Roberto Gualtieri lo mise di fronte alle evidenze contrarie e si fece appoggiare dal Governo Draghi. A salvare la faccia furono i numeri inviati in Regione Lazio ai tempi della sindaca grillina Virginia Raggi: si disse che erano completamente sballati e che il piano Zingaretti andava riscritto.

L’irresistibile tendenza a farsi del male

Roberto Gualtieri

Roma si sta sistemando le cose sue. E Frosinone? Sia chiaro un concetto: la domanda di partenza è Cosa rispondiamo al Ceo Stellantis Carlos Tavares quando dice che qui l’energia costa troppo? Perché le fabbriche si muovono con l’energia. Gli stipendi che si pagano ai lavoratori derivano da quell’energia: niente corrente, niente lavoro, niente stipendi. E niente investitori. Vanno da un’altra parte a far fruttare i loro soldi.

E sia ancora più chiaro un altro concetto: l’ambiente vale più di ogni altra cosa, una crudeltà come quella che per un periodo fu alla base di Ilva è un crimine contro l’umanità. Dire che erano più importanti gli stipendi che la salute dei tarantini è criminale. Lo sanno benissimo i signori dei fondi d’investimento: oggi se il loro prodotto non rispetta l’ambiente la gente glielo lascia negli scaffali. Il movimento veg che rinuncia al latte perché crudele per le condizioni delle mucche ha costretto alcune case a cambiare la pubblicità e mostrare il loro bestiame comodo come se fosse in una Spa.

Hanno ragione quei ragazzi: quelli che se la mucca soffre preferiscono il latte d’avena o quello di soia. Perché alla fine ciascuno continuerà a bere il latte che più gli garba ma almeno lo sfruttamento del bestiame è diventato un tema centrale.

Blocco ideologico

Il termovalorizzatore Acea di San Vittore impegnato nel progetto di monitoraggio con le api

Il problema di fondo è che in provincia di Frosinone non puoi fare. Niente. A prescindere. per lo stesso motivo in base al quale si va allo stadio Stirpe a tifare gli avversari del Frosinone.

Il termovalorizzatore in Ciociaria c’è da quando a Roma gettavano nelle buche i rifiuti. Ma paghiamo per bruciarci la nostra immondizia che non può essere riciclata e l’energia appartiene al privato che è titolare dell’impianto. A quell’epoca il presidente della Provincia Francesco Scalia provò ad individuare una soluzione: propose di aggiungere una linea all’impianto, per bruciare solo l’immondizia ciociara ed in questo modo non avremmo più dovuto pagare nessuno abbatendo di un terzo la bolletta.

Come andò a finire? Che uscirono alcune associazioni ambientaliste e dissero no. Risultato, l’immondizia dei Comuni ciociari a San Vittore viene bruciata lo stesso: ma paghiamo ogni mese nelle bollette. Non solo, il chiarissimo professor Paolo Vigo, già magnifico rettore dell’università di Cassino, ingegnere di fama internazionale per le sue abilità nella metrologia propose già allora di usare i vapori di San Vittore per teleriscaldare una parte di Cassino. Come andò a finire? Leggi l’inizio del capoverso.

Le cose che non diciamo

L’ingegnere Claudia Lena

C’è un blocco su tutto ciò che è nuovo e tutto ciò che va a togliere business alle ecomafie. Nessuno fino ad oggi ha voluto evidenziare che nell’impianto di San Vittore dal 2020 si sta applicando il progetto Urbees: tre arnie con le relative api proprio nelle zone più sensibili del termovalorizzatore. Perché? Le api sono sensibilissime e se c’è inquinamento non si riproducono, non fanno il miele, in pochissimo tempo vanno via: cambiano aria. Come stanno le api a San Vittore del Lazio? Nel 2023 hanno prodotto 40 chili di miele, confermando che l’aria è pulitissima. Un sistema che si trova lì grazie a due degli ingegneri che lavorano nell’impianto: Claudia Lena e Ilir Dhima. Ma noi preferiamo dire che la Ciociaria è una terra dei veleni, una succursale della terra dei fuochi.

Non diciamo che buona parte dei costosissimi test nella Valle del Sacco hanno rilevato che l’inquinamento da betaesaclorocicloesano è ad una profondità tale che occorrerebbe costruire un palazzo per raggiungere quelle quote con gli scavi delle fondazioni. Invece lì non si vogliono costruire palazzi ma ampliare capannoni. Che vengono bloccati, con i relativi posti di lavoro, sostenendo che è tutto inquinato mentre le evidenze dicono altro. Che quantomeno occorrerebbe prudenza prima di fare certe affermazioni. Ma noi preferiamo dire in giro che siamo una valle dei veleni.

La discussione che manca

Questa terra, questa Regione, non hanno mai affrontato in maniera serie e serena una discussione sull’argomento. Magari per rispondere ad una domanda banale: perché in Trentino, in mezzo ad ettari di meleti e vigneti di altissimo pregio, ci sono i biodigestori con i quali ricavano concime e biogas mettendoci dentro foglie ed avanzi delle coltivazioni? Perché quelle mele e quei vini li compriamo a prezzo caro per la loro indubbia qualità e qui pensiamo che gli stessi impianti siano opera del diavolo?

Sorprende il caso dell’ipotetico impianto di biometano che secondo una interrogazione dei consiglieri del Terzo Polo di Cassino Giuseppe Sebastianelli e Franco Evangelista si vorrebbe realizzare nelle campagne di via Cerro alla periferia nord della città. Il Comune qualche settimana fa ha già messo in chiaro che «nello scorso mese di maggio è stata respinta l’istanza di autorizzazione paesaggistica avanzata dalla società interessata. In virtù dei provvedimenti adottati non è in essere alcun legittimo titolo perché tale impianto possa vedere la luce».

Bene, benissimo: lì non si poteva fare e lì non si farà. Ma a prescindere dallo specifico impedimento: in linea di principio questo territorio quel tipo di impianti li vuole o no? L’energia dai rifiuti la vuole ricavare o vuole continuare a pagare?

Il biodigestore di Sant’Agata Bolognese nato bonificando una ex discarica

Altrettanto fa riflettere l’esposto presentato alla Procura di Frosinone contro un altro impianto dall’Associazione Medici di Famiglia per l’ Ambiente e dal Comitato Selva dei Muli. Legittimo. Ma le Procure servono per denunciare reati e non per esporre “al fine di essere rassicurati se tutte le considerazioni di ordine sanitario, prodotte nel corso del procedimento, abbiano trovato una giusta considerazione…”.

Per la cronaca, in queste ore la Conferenza dei Servizi in Regione Lazio ha definitivamente archiviato la proposta imprenditoriale di realizzare in via Messina a Frosinone un impianto di bidigestione dal quale ricavare concime naturale e biometano dagli avanzi di cucina.

I comitati che in questi anni si sono schierati contro, per ribadire il proprio no, hanno ricordato che l’impianto sarebbe nato vicino alla ex discarica di via Le Lame. Giustissimo. Ma a Sant’Agata Bolognese hanno ragionato in maniera opposta: hanno bonificato l’ex discarica e sù ci hanno messo il più grande bidigestore del territorio. E non stanno morendo come moscerini. (Leggi qui: “Ora vi racconto come il bio metano ha cambiato il mio Comune”).

Chi non vuole la discussione

Il problema sono gli impianti? O chi li fa? Come vengono realizzati e gestiti? Perché le stesse perplessità vennero sollevate con ancora maggiore veemenza quando si trattò di fare il termovalorizzatore a San Vittore. Ed oggi le evidenze dicono che lì l’aria è pulita. Esattamente come dicono che l’aria emessa dalle ciminiere dell’impianto A2A di Acerra è più pulita dell’aria che entra.

Chi è a non volere la discussione, chi è a non volere gli impianti. Gli ambientalisti? Non sempre, purtroppo. In alcuni casi ci sono interlocutori che rappresentano poco più di se stessi. Ai tavoli per decidere operazioni da milioni d’euro sono state ammesse in Regione associazioni che rappresentavano cinque persone contate. Per paradosso, trovare questi ‘insormontabili’ ostacoli finisce per fare una cortesia immensa a Regione Lazio e Provincia di Frosinone: il finto ricatto ambientalista consente loro di fare i santoni a difesa di un Ambiente che in realtà non sempre è minacciato se si rispettano le regole: di progettazione, di costruzione, di rispetto del paesaggio e del contesto.

Stoppare gli impianti in provincia di Frosinone all’atto pratico avvantaggia il futuro impianto romano. Ed in Ciociaria non è complesso riuscirci: qui le imprese sono viste male, c’è un sentimento antindustriale ma poi tutti reclamano un posto di lavoro per i figli. Gli impianti di trattamento (privati o pubblici fa poca differenza) sono visti male nel Lazio: ma poi tutti reclamano l’energia. In Germania, tanto per fare un esempio, quel dibattito l’hanno affrontato: hanno avviato lo spegnimento delle centrali nucleari. Ma l’energia continuano a produrla. E le discariche a malapena sanno cosa siano.

Forse è l’ora di mettere le cose in chiaro. E smettere di andare allo stadio per fare il tifo contro la provincia di Frosinone.