Stellantis, i numeri (non negoziabili) di una crisi industriale italiana

Crollo del 31,5% per Stellantis in Italia nei primi nove mesi del 2025. A Cassino minimo storico: solo 14.135 veicoli. Mezzo personale in cassa. La FIM-CISL denuncia una crisi strutturale e chiede un piano industriale concreto.

La notizia è di quelle che non lasciano spazio ad ambiguità: nei primi nove mesi del 2025 la produzione complessiva di Stellantis in Italia si è fermata a 265.490 veicoli, in calo del 31,5% rispetto allo stesso periodo del 2024. A renderlo noto è il puntuale rapporto che il sindacato FIM-CISL elabora ad ogni trimestre: un report che analizza stabilimento per stabilimento la situazione del gruppo in Italia. A questo ritmo, sottolinea il sindacato, si arriverà a fine anno con meno di 200.000 autovetture prodotte, e un totale non superiore ai 310.000 veicoli.

Una flessione di questa portata non può essere rubricata a semplice congiuntura negativa. Siamo di fronte a un fenomeno strutturale, che tocca al tempo stesso la solidità industriale di Stellantis, l’attrattività dell’Italia come polo produttivo, e più in generale la traiettoria dell’industria automobilistica europea nella transizione verso l’elettrico.

La mappa di una contrazione generalizzata

Il calo colpisce in modo trasversale tutti gli stabilimenti italiani del gruppo, seppur con intensità diversa.

  • Pomigliano d’Arco, dove si produce la Fiat Panda e l’Alfa Romeo Tonale, il calo è del 35% rispetto al 2024: 91.920 unità prodotte nei primi nove mesi, delle quali oltre 79.000 sono Panda.
  • Melfi, centro nevralgico per i modelli Jeep, la contrazione è vicina al 39%: le 58.000 vetture prodotte sono circa la metà di quelle che uscivano dalle linee nel 2019.
  • Mirafiori, storico impianto torinese, si segnala una flessione più contenuta (–17%), ma su volumi già ridotti: 18.450 unità nei nove mesi, quasi tutte 500e elettriche. La produzione Maserati è pressoché azzerata (140 unità).
  • Cassino, si è toccato un nuovo minimo storico: 14.135 unità (-28,3%).
  • Modena, sede della produzione artigianale di Maserati, il dato è più che simbolico: appena 75 vetture prodottedall’inizio dell’anno, con un crollo del 65,9%.
  • Il polo di Atessa, specializzato nei veicoli commerciali, registra una flessione del 23,9% (114.060 unità). È l’unico sito con numeri significativi, ma è anch’esso interessato da cassa integrazione e riduzione di turni.
  • Quanto a Termoli, che dovrebbe ospitare una futura gigafactory per batterie, il progetto è stato rinviato. Al momento, l’impianto è in fase di conversione e lavora a ritmo ridotto.

Nel complesso, oltre il 50% dei dipendenti italiani di Stellantis è attualmente coinvolto in ammortizzatori sociali, con una combinazione di cassa integrazione, contratti di solidarietà, fermate temporanee e riduzioni strutturali dell’orario.

Il quadro di cassino Plant

(Foto © AG IchnusaPapers)

La produzione nello stabilimento Stellantis Cassino Plant nei primi nove mesi del 2025 è crollata a 14.135 unità, pari ad un calo del 28,3% rispetto al 2024. Per il sindacato si tratta del peggiore dato quantitativo nella storia dello stabilimento, dove da quattro anni si lavora su un solo turno e non più sui tre nei quali Cassino Plant era storicamente organizzato.

In base ai numeri Fim sono state 10.600 Alfa Romeo Giulia e Stelvio prodotte nel 2025 a Piedimonte San Germano, mentre le Maserati Grecale sono state 3.535 e la versione Folgore cioè la full electric rappresenta solo il 4% sul totale. Fino ad oggi, si sono registrate oltre 84 giornate di fermo produttivo; nelle giornate lavorate, circa 600 lavoratori sono stati coinvolti nel Contratto di Solidarietà.

Ferdinando Uliano

Per Ferdinando Uliano, Segretario Nazionale Fim, “Lo stabilimento ha enormi potenzialità ma senza un piano chiaro e tempi certi si rischia di prolungare l’incertezza“. A Cassino è stata assegnata la nuova piattaforma Stla Large Bev per la produzione di modelli del segmento Premium ma il lancio delle nuove Giulia e Stelvio elettriche, inizialmente previsto per fine 2025, è stato rinviato senza una nuova data: si sta lavorando per inserire anche un motore ibrido, rispondendo alle richieste del mercato. (Leggi qui: «Il progetto Giulia e Stelvio è sospeso. La ripresa? Nel 2028»).

Durante l’ultimo tavolo al Ministro è stato comunicato l’arrivo di un terzo modello “top di gamma” per il 2027. Fim Cisl giudica “urgente che Stellantis dia certezze concrete sui tempi del lancio dei nuovi modelli, senza ulteriori rinvii”.

L’assenza di un piano industriale credibile

(Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

Stellantis si trova oggi a un bivio cruciale. Da un lato, ha promesso negli ultimi anni ingenti investimenti sull’elettrico e la mobilità sostenibile. Dall’altro, nei fatti, l’Italia è rimasta in una posizione marginale, stretta tra le nuove priorità globali del gruppo (a partire dagli Stati Uniti) e le difficoltà nel rendere competitivi gli impianti nazionali.

A oggi, il piano “Forward 2030” — che pure aveva suscitato aspettative — non sembra aver prodotto effetti tangibili nella riconversione produttiva italiana. Le previsioni sul rilancio di alcuni stabilimenti (Mirafiori con la 500 ibrida, Melfi con i modelli STLA Medium, Termoli con l’e-DCT) sono ancora allo stato di annuncio.

La FIM-CISL, nel documento pubblicatooggi, lo dice con chiarezza: serve un piano industriale “certo e concreto, che dia tempi, modelli, volumi, e garanzie occupazionali. Le sole rassicurazioni generiche, in assenza di misure operative, non bastano più. Il fatto è che nemmeno Stellantis ora ha le idee chiare: ha cambiato CEO in corsa, ne ha scelto uno che è stato allevato da Sergio Marchionne ed ha il cognome italiano. Sembrerà poco ma è tutto se si vuole soffiare aria sulle trombe e lanciare il segnale di ripartenza.

Il futuro prossimo: attese e incognite

Antonio Filosa (Foto: Caroline Brehman © STF/ ANSA)

Il 20 ottobre è previsto un incontro importante tra il sindacato e il nuovo CEO di Stellantis Italia, Antonio Filosa. Sarà un passaggio cruciale per verificare se il gruppo intenda davvero rilanciare il ruolo produttivo dell’Italia. O se le recenti tendenze segnino un lento ma progressivo disimpegno.

In quel contesto, non basteranno parole rassicuranti. Serviranno numeri, progetti esecutivi, tempi precisi. Se ciò non accadrà, il rischio non è solo quello di una crisi industriale, ma di una più profonda crisi di fiducia. Tra il gruppo, il sistema produttivo italiano e i lavoratori.

Come sempre, non è con gli allarmi eclatanti che si comprendono meglio i fenomeni, ma con l’osservazione accurata dei dati. Dei segnali e delle tendenze di fondo. E oggi, osservando i numeri di Stellantis, l’impressione è che ci si trovi in presenza non di un episodio contingente ma di una tendenza consolidata.

Sta alla politica — e alla dirigenza industriale — dimostrare che non è così.