Acea, cento milioni in bolletta senza un litro d’acqua: e nessuno si ribella

STEFANO DI SCANNO per L’INCHIESTA QUOTIDIANO

Per un po’ di fumo o anche per furti di necessità al supermercato si rischia grosso. Le denunce ed i carichi pendenti legati alla repressione degli organi dello Stato; ci sono poi l’ignominia e l’umiliazione mentre si passeggia per strada. Ma un giorno spunta Mario Antonellis e ti fa due pagine sul nostro giornale ipotizzando – sulla base di cifre tratte da bilanci, grafici e tabelle basate su dati ufficiali – che il gestore idrico, nella massima trasparenza e col coinvolgimento consapevole di Segreteria Tecnica e di sindaci, avrebbe fatturato 100 milioni di euro senza erogare un solo litro d’acqua. (leggi qui il precedente)

Uno s’immagina che una cosa simile scateni una rivoluzione. Invece… nessuno parla. La politica tace. Non c’è traccia di un solo indignato che chieda chiarezza. Perfino i titoli sui media o mancano del tutto o sono ridotti a corpo 27. I consiglieri regionali – sempre pronti a copiare e incollare dichiarazioni a raffica sui temi meno probabili – stanno a guardare, altrove.

Ma tant’è. Acea incute timore, e l’avvicinarsi dell’assemblea dei sindaci di giovedì 18 gennaio con l’avvio della procedura di risoluzione contrattuale consiglia cautela. Al punto che il segretario Pd Simone Costanzo s’è scagliato da Teleuniverso contro il “trasversalismo” del gruppo di Ceccano che vuol chiudere i rapporti con Acea: da quale pulpito, verrebbe da dire, visto che il suo partito ha avallato accordi con Forza Italia e Ncd pur di gestire tranquillamente (e senza opposizione e intralci vari) Saf, Asi e Provincia, tanto per fare qualche esempio.

Il trasversalismo di Ceccano, l’unico a memoria che possa essere davvero utile ai cittadini, non può che essere osteggiato dal Pd che a Roma prima ancora che a Frosinone, considera Acea parte di una rete di potere dem consolidata. Un tempo si gridava che “avevano una banca”. Adesso ne abbiamo guadagnato sul fronte del pudore. Quanto alla sostanza evidentemente siamo sempre lì.

Allora, che la Guardia di Finanza ci restituisca fiducia anche nella possibilità che torni un po’ di equità e solidarietà! Insomma alle Fiamme Gialle ed alle Forze dell’ordine ormai affidiamo anche una missione etica, che va al di là dei codici e delle aule di giustizia. Non c’è bene più simbolico dell’acqua per ripartire da zero e rimettere le cose a posto. Una gestione pubblica e solidaristica che eroghi gratuitamente le quantità minime necessarie alla vita dignitosa degli ultimi. Non è una prospettiva rivoluzionaria ma semplicemente una esigenza di civiltà minima. Se non fosse che la tanto invocata legge regionale per il riordino dei bacini idrici – attesa entro febbraio in base alle parole dell’assessore Refrigeri – potrebbe confermare l’idea che si ha sulle scelte accentratrici e romanocentriche zingarettiane.

A caldo la consigliera Bianchi ha commentato che la norma dovrebbe rappresentare di fatto uno stop alla fusione tra Acea Ato 2 ed Acea Ato 5, ma le prime indiscrezioni parlano di bacini idrici di dimensioni maggiori degli attuali e la multinazionale romana – abbondantemente partecipata dai francesi – sarebbe, per evidenti ragioni, l’unica in grado di gestirli. Potremmo darle il benservito a Frosinone per ritrovarcela comunque stampigliata sulle bollette. Un incubo oltre che un marchio ormai abbinato a prelievi forzosi dai nostri portafogli e disservizi. Nella vita però mai abbassare le difese contro batteri, protozoi, virus e zanzare. Ovvio che ci facciano simpatia Caligiore ed i suoi sindaci trasversali: più che una combriccola di politici sventati e spudorati, sembrano al momento uno spray ammazza-ingiustizia.

Il congresso del Pd s’è già chiuso prima di iniziare, niente sorprese e niente novità. Solo una soffusa aria di giggionaggine in cui De Angelis e Scalia si scambiano confidenze e battute, magari sorseggiando un prosecco. Quant’acqua passata sotto i ponti dalla nascita ufficiale delle correnti nel principale partito della sinistra: erano il 1989-1991 gli anni della rinuncia al centralismo democratico. Un quarto di secolo più tardi siamo al centralismo dei notabili.

Al Cosilam l’unico che prova a cambiare il verso decennale della gestione si ritrova a dover fronteggiare un fronte vasto di neo avversari. Fra questi evidentemente sta tranquillamente al suo posto di comando, coccolato e rassicurato a dovere, l’immarcescibile direttore generale. La forza della lobby politico-economica è tale che tra poco passerà pure per vittima della furia iconoclasta del presidente Zola. A Zola rinnoviamo sentimenti di stima e di simpatia. Se davvero c’è chi vuol accorpare il Cosilam o chiuderlo del tutto sappiamo bene che non è colpa sua. Ma degli altri mattacchioni. Una bandaccia di conservatori impenitenti che si affeziona alle cose al punto di perpetuare con cura pure una gestione decennale che ha caricato 24 posti e spese varie sulle spalle degli operai di una cartiera. Complimenti vivissimi.

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