Le ‘sviste’ dei sindaci per perdere facile contro Acea

CESIDIO VANO per LA PROVINCIA QUOTIDIANO

Ai sindaci piace perdere facile. Esattamente al contrario del famoso slogan pubblicitario. Sul fronte del servizio idrico, da anni ormai, l’unica strategia messa in campo pare esser quella di lasciare ai giudici decidere cosa sia meglio fare. Senza assumersi responsabilità per le quali, poi, i cittadini da una parte o il gestore dell’altra potrebbero chiedere ragione e danni. Si agevolano così i ricorsi al Tar, confezionando atti amministrativi senza alcuna cura istruttoria.

E’ stato così per le tariffe dal 2006 al 2011: i sindaci si sono guardati bene da deliberarle, anche quando erano stati diffidati dal Tar, hanno preferito far venire il commissario. Ai cittadini è toccato pagare 75 milioni di euro in più; loro però possono dire che hanno le mani pulite, anzi conserte.

Stessa cosa per l’applicazione del nuovo metodo tariffario nel 2014. Con l’esistenza del minimo impegnato poteva essere rimandato e con quello gli aumenti conseguenti, ma i sindaci avrebbero dovuto assumersi delle responsabilità. Non hanno voluto: meglio applicare il minimo previsto dalla legge – hanno detto – e se poi l’authority aumenterà le tariffe la colpa non sarà nostra. E così i cittadini si sono ritrovati con altri 53 milioni di euro sul groppone, anzi sulle bollette.

La linea non è cambiata neanche ai giorni nostri.

Vedasi vicenda fusione Acea Ato2-Acea Ato5. La convenzione di gestione è limpidissima: il parere favorevole o il diniego motivato lo deve dare il presidente dell’Ambito, sentita la Sto e la Consulta. Cosa è accaduto in realtà: il presidente Pompeo non ha voluto assumersi la responsabilità. Ha portato la questione all’attenzione della Conferenza dei sindaci – che non è l’organismo deputato a rilasciare il parere – e poi si è limitato a riferire ad Acea che i sindaci (non lui chiamato per legge a farlo) hanno detto di ‘no’ alla fusione. Il tutto con una comunicazione priva di motivazione e di fatto non conforme all’atto previsto dalla convenzione. Perché? Per favorire un ricorso al Tar già vinto in partenza dall’Acea? Qualcuno lo spieghi, per favore.

Altra vicenda, altri errori macrosopici: avvio della risoluzione contrattuale. Si è arrivati, dopo almeno sei anni che se ne parlava, ad approvare la delibera ‘del secolo’ e si è stati capaci di giungervi senza uno straccio di schema deliberativo che fosse completo, preciso, esaustivo e condiviso. E’ stato necessario emendare il testo portato in assemblea (due paginette scarse) anche nelle premesse, tanto era carente.

Si è deciso – e qualcuno spieghi perché – di abbandonare la strada maestra del voto per appello nominale (che è a prova di contestazione) per percorre quella dell’alzata di mano, in una sala affollata da persone che non avevano diritto di voto. Ma. lasciando stare anche questo, si è approvata una delibera dove non c’è traccia dettagliata delle inadempienze che si contestano al gestore e per le quali, tra sei mesi (campa cavallo!) lo si vuole mandare a casa.

Una delibera tanto importante che, a 8 giorni dal voto, ancora non è stata redatta, pubblicata e consegnata ad Acea, che anzi ha dovuto richiederla con un accesso agli atti.

Ma non è finita: la relazione in cui dovrebbe essere contenuto l’elenco delle inadempienze del gestore finisce per riconoscere ad Acea lavori fatti in più per 2,5 milioni di euro (!); maggiori costi operativi rispetto a quelli messi nel piano degli investimenti appena l’anno scorso e dove sono ‘capi d’accusa’ le mancate acquisizioni delle gestioni di Cassino, Atina e Paliano (con il sindaco di Cassino che ha anche votato a favore!).

Una relazione in cui si applica, esattamente al contrario, la norma del Capitolato che regola le integrazioni delle penali. Senza averla capita: per asineria o in malafede. Per quale motivo – lo si chiarisca! – se non quello di facilitare i ricorsi del gestore?

I sindaci voglio perdere facile, per far passare la linea di Acea davanti al Tar e continuare a dire ai cittadini imbufaliti: noi stiamo combattendo al vostro fianco. Sì, vabbé.

 

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