Gli svogliati consiglieri che producono solo 18 leggi in un anno

CESIDIO VANO per LA PROVINCIA QUOTIDIANO

Se fossero studenti, di loro i professori direbbero: «Si applicano, ma non riescono». Sono, invece, i consiglieri regionali del Lazio che iniziano con tutta la buona volontà, ma alla fine riescono a portare a casa risultati miserrimi.

Nel 2015 approvate solo 18 leggi
Prendiamo un dato: nel 2015, anno da poco concluso, i consiglieri regionali sono stati capaci di redigere e produrre qualcosa come 310 proposte di legge sulle più svariate materie, ma alla fine sono riusciti ad approvarne, cioè a trasformarle in legge, appena 18, di cui tre relative al bilancio e alla finanziaria (come si diceva una volta), cioè leggi che sono ‘di routine’ nella parte finale dell’anno e a rendiconto.

Se poi dal totale togliamo quelle leggi che i Consigli regionali sono tenuti ad emettere per obbligo derivante da disposizioni dello Stato, il ‘bottino’ di norme varate si riduce sì è no ad una decina. Cinquanta consiglieri (51 se si conta il presidente della regione) hanno cioè proposto, nel 2015, circa sei leggi a testa, e ne hanno approvato una ogni 5 eletti. E non è che nel Lazio, le cose vadano così divinamente che non ci sia bisogno di nuove e buone leggi, anche perché un organo legislativo che non legifera è completamente inutile. E se depositare una proposta legislativa ha il più delle volte il fine di accaparrarsi uno spazio sui media, l’esito finale resta una vera e propria chimera.

E negli anni precedenti è lo stesso
Direte: ma il 2015 sarà stata un’annualità particolarmente arida. Al contrario: è una di quelle in cui alla Pisana si è prodotto di più. Almeno rispetto a quelle precedenti della stessa legislatura: nel 2014, ad esempio, le proposte di legge presentate sono state 231, quelle approvate (compreso bilancio, legge di stabilità e consuntivo, sono state 18. Né una di più né una di meno di quelle varate nel 2015. L’anno precedente, il 2013 – quello che ha visto l’avvio ad aprile della X Legislatura – le proposte di legge sono state 116 e quelle approvate sono state 14, al lordo delle normative finanziarie e d’attuazione della normativa nazionale (come la spending review sui costi della politica, decisa dal Governo Monti proprio a seguito degli scandali regionali – Lazio in testa – per l’uso allegro e disinvolto dei fondi pubblici elargiti ai gruppi consiliari). Del 2012, proprio per quello che è accaduto alla Pisana, non proponiamo dati.

Se fossero studenti, con questi risultati, non resterebbe che far ripetere loro l’anno. Ma siccome sono consiglieri regionali, è proprio quello che cercano.

Acqua e Comunità montane:due casi emblematici
Alla scarsa produttività, si unisce poi, in alcuni casi, la ‘recidiva’: due casi eclatanti: la legge sull’acqua pubblica e quella per l’abolizione delle Comunità montane.
Nel primo caso, ad aprile 2014, il Consiglio regionale all’unanimità ha approvato la legge di iniziativa popolare presentata da diversi Comuni e comitati per l’acqua pubblica, la n.5. Una legge che doveva essere approvata per forza, anche perché altrimenti sarebbe scattato l’obbligo di indire un referendum, visto che la proposta era di iniziativa popolare. Così, quel testo voluto da Comuni e comitati, benché palesemente in contrasto con la normativa nazionale ed europea, fu acclamato a furor di popolo. Ed infatti il Governo ha dovuto impugnarlo davanti alla Consulta. Non c’è stata sentenza perché – passato il clamore – il Consiglio regionale ha deciso di emendare la normativa secondo le censure di palazzo Chigi.

All’epoca dell’approvazione del testo proposto, però, i consiglieri regionali, gli assessori ed anche il governatore avevano fatto a gara per elencare i pregi e la portata innovativa della legge voluta dal basso, spingendosi ad augurare che anche le altre regioni prendessero quel testo a proprio riferimento. Una legge tanto buona e tanto bella che – caso più unico che raro -, per essere attuata aveva bisogno… di un’altra legge (con cui individuare i nuovi ambiti di bacino idrografico). E già qui bisognava capire che c’era la fregatura. Tanto era buona quella normativa – poi decimata dagli emendamenti – che ancor oggi è rimasta inattuata, mentre i comitati aspettano e sperano.

Nel secondo caso, legge per l’abolizione delle comunità montane, si è arrivati al paradosso per cui la proposta di legge approvata dalle commissioni è giunta in Aula ad aprile scorso e lì è rimasta, iscritta all’ordine del giorno della seduta n. 42 e buonanotte. Il tutto nonostante sia dall’ultimo governo Prodi che si è in attesa di un riordino o trasformazione degli enti montani, i quali sono praticamente moribondi sul territorio senza sapere cosa debbono o possono fare e con quali risorse. Ma qualcuno ha deciso che sta bene così.