Arriva Matteo, quattordici anni dopo Silvio

Arriverà a Frosinone in macchina. Alla fine, l’ipotesi dell’elicottero è stata scartata. Matteo Renzi è atteso per le 16. A riceverlo, ci saranno sia il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani ed un viceprefetto.

CORRADO TRENTO per CIOCIARIA EDITORIALE OGGI

Quattordici anni dopo Silvio Berlusconi, un altro presidente del consiglio arriva a Frosinone. Era il giugno 2002 quando il leader di Forza Italia arrivò nel capoluogo, in pieno ballottaggio tra Domenico Marzi e Nicola Ottaviani.

Oggi Matteo Renzi, premier e segretario nazionale del Pd, sarà nel capoluogo ciociaro a pochi giorni dal voto sul referendum del 4 dicembre. La madre di tutte le battaglie politiche. L’appuntamento è alle ore 16, presso la sala del cinema teatro Le Fornaci. I sondaggi impazzano e secondo alcuni dati, ritenuti attendibili da Palazzo Chigi, la provincia di Frosinone è una di quelle di “frontiera”. Che potrebbero fare la differenza.

Ad accogliere il presidente ci saranno tutti i referenti provinciali, regionali e nazionali del Partito Democratico e dei sostenitori del “sì” al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. A fare gli onori di casa sarà il segretario provinciale Simone Costanzo. Che dice: «L’Italia della crisi economica, delle mille crisi politiche e delle manovre lacrime e sangue può e deve lasciare il posto all’Italia che crea, innova, progetta e programma con lo sguardo lungo. Lavoro, sanità, impresa, turismo, equilibrio di genere, infrastrutture. Ma soprattutto amore per l’Italia e per ne ha bisogno di certezze, di fiducia, di rilancio. Con un indotto industriale oramai ridotto allo stremo e con problematiche economiche che possono essere risolte solo snellendo la burocrazia e avvicinandosi ai parametri europei».

Ieri, intervenendo alla Leopolda, Matteo Renzi non ha risparamiato stoccate a chi, nel Pd, si oppone alle riforme. Dicendo: «C’è un po’ di amarezza perché in parte del nostro partito è prevalsa la tradizionale volontà non tafazziana, sarebbe troppo semplice dire che è farsi del male da soli, ma è prevalso il messaggio che gli stessi che diciotto anni fa decretarono la fine dell’Ulivo perché non erano loro a comandare la sinistra, stanno decretando la fine del Pd perché hanno perso un congresso e usano il referendum come lo strumento per la rivincita. Con rispetto, umiltà ma decisione non ve lo consentiremo. Abbiamo razionalmente smontato tutte le bufale del “no” ma a loro non basta perché per loro il referendum serve a bloccare tutto ciò che, partendo da qui, abbiamo fatto».

Poi gli attacchi politici a Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Quindi la sintesi politica: «Il referendum è un derby tra passato e futuro».

È evidente che il presidente del consiglio e leader del Pd non si accontenterà di un impegno di facciata. In tutte le province vorrà vedere dirigenti ed iscritti impegnati in prima persona, nel porta a porta. Poi, dopo il risultato finale, trarrà le conclusioni. Non soltanto sul governo ma pure sui futuri assetti del Partito Democratico. Ad ogni livello.

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