Due milioni per la strada che non c’è

La Atina- Isernia strada pensata e mai realizzata: la Provincia di Frosinone però dovrà pagare i progettisti della superstrada. Ha perso il contenzioso

CESIDIO VANO

per LA PROVINCIA QUOTIDIANO

 

Alla fine, perso anche il ricorso davanti alla Corte d’appello di Roma, alla Provincia di Frosinone non è rimasto che trovare un accordo per evitare i danni: pagherà ai progettisti della superstrada ‘Atina- Isernia’, opera mai realizzata per mancanza dei fondi necessari, quasi due milioni di euro. L’accordo transattivo è stato già predisposto ed approvato dal presidente dell’ente Antonio Pompeo: prevede il pagamento alla Sein srl, società capofila dell’Ati Sein – Zollet – Lecce, che ha redatto il progetto esecutivo, della somma di 1.999.822,38 euro a chiusura di tutte le pendenze.

 

La transazione permetterà alla Provincia di evitare il pignoramento, già operato dai progettisti, presso la tesoreria dell’ente di oltre 2,6 milioni di euro la cui assegnazione era prevista per lo scorso 7 settembre ma è stata poi rinviata proprio per chiudere il tentativo d’accordo. Per elaborare l’accordo, il presidente Pompeo si è avvalso anche della consulenza dell’ingegner Antonio Trento, oggi in pensione ma in passato dirigente del settore Lavori pubblici della Provincia, che già si era occupato dell’opera.

 

Tra i progettisti e la Provincia erano sorte una serie di reciproche contestazioni dopo che l’ente di piazza Gramsci aveva approvato gli elaborati. Le contestazioni riguardavano proprio gli aspetti legati al pagamento dei compensi professionali e all’esatto adempimento dei propri obblighi. Così i progettisti, nel 2012, avevano richiesto di risolvere il contenzioso tramite un arbitrato, come previsto dalla convenzione di incarico. La Provincia aveva accolto la richiesta e nominato il proprio arbitro. Il lodo arbitrale era stato depositato a gennaio 2014 con l’accoglimento parziale delle richieste degli stessi progettisti.

 

La decisione degli arbitri stabiliva, tra le altre cose, che l’ente provinciale doveva pagare ai tecnici oltre 1,3 milioni di euro (per l’esattezza 1.323.945,76) più interessi nella misura legale dal 7 dicembre 2000 e sino al soddisfo. A febbraio 2015, il Tribunale di Roma aveva reso esecutivo il lodo arbitrale e l’amministrazione provinciale aveva deciso di impugnare il provvedimento davanti alla Corte d’appello, ottenendo anche la sospensione della esecutorietà.

 

Nei mesi scorsi, però, è arrivata la sentenza dei magistrati d’appello che hanno respinto le richieste della Provincia ed i creditori hanno fatto scattare il pignoramento. A questo punto, l’ente guidato da Antonio Pompeo ha deciso di salvare il salvabile e limitare i danni alle casse dell’ente. L’accordo con i professionisti è stato chiuso, come detto, a poco meno di 2 milioni di euro.

 

L’ Atina-Isernia era stata nel negli anni ‘90 e poi ad inizio del 2000 la grande risposta che la politica aveva messo sul tavolo per dare ossigeno e risorse alle economie del Sorano e della Valle di Comino. E’ esistita solo sulla carta e nei mirabolanti annunci fatti dalla politica e dai politici dell’epoca. Doveva rappresentare il tratto finale della cosiddetta ‘dorsale appenninica’ per mettere in comunicazione il Lazio al Molise.

 

L’idea era partita nel 1975, ma la vera svolta c’era stata nel 2001, quando con la “Legge obiettivo” era stata indicata quale opera strategica e la Provincia di Frosinone si vide assegnati 15 miliardi di lire (in tre anni) per la progettazione. E solo per la progettazione fu finanziata, perché i soldi per la realizzazione dell’infrastruttura, circa 291 milioni di euro, non vennero mai trovati. La progettazione dell’opera in realtà era stata già stata affidata nel 1999, perché non c’era tempo da perdere.

 

I 7,5 milioni arrivati nel 2001 riaccesero gli entusiasmi. Ma non di tutti, perché l’idea di una superstrada che tagliasse in due la Valcomino, piaceva pochissimo ad associazioni locali e ambientaliste, le quali misero subito il progetto sotto accusa. Ma al di là delle polemiche, degli scontri e delle accuse che ne seguirono, a fermare definitivamente l’opera fu il fatto che i circa 300 milioni necessari alla sua costruzione non saltarono mai fuori