La scomunica di Gallinaro, così la chiesa difende i fedeli

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ANNALISA MAZZEO – Avvocato canonista – Frosinone
per L’INCHIESTA QUOTIDIANO

Le recenti cronache si sono soffermate sui fatti relativi alla scomunica della sedicente organizzazione pseudo religiosa denominata “Chiesa cristiana universale della nuova Gerusalemme di Gallinaro. Scevri da qualsiasi considerazione di natura morale, vogliamo evidenziare gli aspetti tecnico – giuridici sottesi alla vicenda ed analizzarne le conseguenze.

Com’è noto, la Congregazione per la Dottrina per la Fede, dopo un’attenta istruttoria, ha giudicato colpevoli del delitto di scisma tutti gli aderenti all’organizzazione “pseudo religiosa”.

Ma, cos’è la Congregazione per la Dottrina per la Fede? Quali sono i suoi compiti? La sua importanza, non è solo di tipo storico, ma anche dogmatico-ecclesiologico. Essa sovraintende alla salvaguardia della fede e della morale cattolica, nonché aiuta e collabora con le istituzioni ecclesiastiche cercando di fissare il sensus fidelium. I pronunciamenti della Congregazione hanno una ripercussione importante per il Diritto Canonico e per il Magistero della Chiesa. La stessa è strutturata come tutti i Dicasteri della Curia Romana. Il Cardinale Prefetto dirige, governa e rappresenta il Dicastero, che è a sua volta costituito da un determinato numero di Padri Cardinali e Vescovi. La Congregazione ha la competenza propria ed esclusiva su tutto ciò che è inerente alla fede a ai costumi. Lo stesso Dicastero include un dipartimento dottrinale, uno disciplinare e un altro matrimoniale.

La Congregazione ha giudicato colpevoli del delitto di scisma l’organizzazione di Gallinaro. Il gruppo è incorso nella scomunica latae sententiae, secondo il disposto del canone 1364 del Codice di Diritto canonico, ricompreso nel Libro VI, Parte II. Il canone in esame stabilisce al Paragrafo 1: “L’apostata, l’eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae….” Poiché spesso si genera confusione sul tema, è necessario fare chiarezza su cosa si intenda per scisma. Lo scisma consiste nel rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa, secondo quanto stabilito dal canone 751 del Codice di Diritto Canonico. Tale delitto si applica, ovviamente, solo per le persone battezzate nella Chiesa Cattolica o in essa accolte. Tale reato, per essere tale, è necessario che abbia una manifestazione esterna e una piena responsabilità.

Il gruppo di Gallinaro, come dicevamo, è incorso nella scomunica, di cui il nuovo Codice non dà una definizione per questioni metodologiche, ma ne elenca solo gli effetti. La scomunica è la più grave delle censure poiché comporta l’esclusione dalla comunione ecclesiale acquisita durante il battesimo. Chi ne è colpito viene escluso dalla comunione dei fedeli. La scomunica viene annoverata tra quelle che sono le pene medicinali o censure, così chiamate perché l’obiettivo principale è quello di emendare il reo. Essa è da utilizzare come una medicina ed ha valore se c’è un ammalato che deve essere guarito.

Ma di cosa viene fatto divieto allo scomunicato? Il canone 1331 al Capoverso 1, va ad indicare una serie di divieti, quali ad esempio quello di celebrare sacramenti o di ricevere i sacramenti stessi, di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi. Ci si chiede, se la censura o pena della scomunica, come in questo caso, abbia un tempo definito. In realtà, essa non può essere paragonata alla pena espiatoria che termina nel momento in cui trascorra il tempo stabilito o si compia l’atto imposto nella condanna. La censura cessa solo per remissione della medesima data dalla competente autorità. Pertanto sarà legata esclusivamente all’atteggiamento del reo. Dunque, non vi è una durata prestabilita.

Quando si può affermare che il reo possa ottenere realmente la remissione della censura? Il canone 1358 del Codice di Diritto canonico, stabilisce a tal proposito che il reo per ottenere la remissione della censura, recedendo dalla contumacia (che consiste nella pertinax voluntas del reo, ovvero nell’atteggiamento antigiuridico e delittuoso e persistente di disobbedienza che manifesta chi ha commesso un delitto), deve pentirsi veramente del delitto commesso, riparare o essere disposto a farlo, ai danni e allo scandalo provocati con la violazione della legge o del precetto. Dunque, se cessa la contumacia, l’assoluzione non può essere negata, perché il fedele ha un vero diritto ad essere assolto.

Inoltre, occorre capire, cosa si intenda per pene latae sententiae, qual è la differenza con le pene ferendae sententiae. Le prime, ovvero quelle comminate come nel “caso” di Gallinaro, sono quelle già pronunciate, in cui si incorre per il fatto stesso d’aver commesso il delitto, senza che sia necessario imporle tramite un processo canonico o un decreto, mentre le seconde, sono quelle da pronunciare, e costringono il reo solo dopo che sono state inflitte.

Può essere punito con una pena canonica un minorenne? Per poter essere puniti con una pena canonica bisogna aver compiuto 16 anni di età, se il fedele ha meno di 16 anni, avrà commesso un peccato grave, ma senza incorrere in una pena canonica come stabilisce il canone 1323 Paragrafo 1.

Alla domanda, perché la Chiesa Cattolica punisce con pene canoniche, si può affermare che l’esistenza di un diritto penale canonico è un modo di tutelare e proteggere ciò che è giusto nella Chiesa, avendo la stessa pena scopi medicinali, espiatori e preventivi. I fedeli per la Chiesa hanno una grandissima importanza e si cerca di tutelarli attraverso diversi mezzi, uno di questi è l’imposizione delle pene canoniche.

Così come avvenuto nel caso di Gallinaro.