Le elezioni in provincia di Frosinone spiegate ad un marziano

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Alessandro Salvetidi ALESSANDRO SALVETI

Praticante alla scuola Rai di Perugia

 

 

Cinque anni fa atterrò per caso: un’avaria al motore dell’astronave, la sosta obbligata all’ombra dell’abbazia. E fu amore a prima vista: per Cassino, la sua gente, l’allegro caravanserraglio della disfida elettorale. C’era tanto da divertirsi, anche per un marziano, il nostro marziano: come in un luna park… spaziale. Infatti è tornato. Stavolta di proposito.

Qualcuno lo ricorda ancora: caso più unico che raro, dibattuto solo su queste colonne. Un’apparizione clamorosa ma che rimase lontana dai riflettori della grande stampa: perché il marziano cassinate, sbarcato qui fortuitamente ma appassionatosi alle elezioni, rimase in città senza fare rumore. Strinse mani e alleanze, concluse affari, piantò tutti in asso prima del voto: chiamiamolo pure “veni vidi vici” in salsa marziana.

Ora rieccoci, cinque anni dopo. Il marziano vuole essere dei nostri, anche stavolta. Plana su Cassino con un po’ di emozione, nottetempo, facendo attenzione in fase di atterraggio: dovesse esserci la funivia bisogna andare piano, badare ai cavi… Ma non c’è: nessun pericolo. Parcheggia l’astronave: ormai è scafato, sa bene dove non sarà notata. Gioca facile e la piazza proprio dietro una interminabile serie di manifesti elettorali. Si vede appena appena, nessuno ci farà caso.

Viene giorno e il marziano si sveglia di buzzo buono: deve farsi una cultura “elettorale”. Subito al bar per scroccare i giornali, studia gli appuntamenti della giornata. Sono in programma i comizi dei candidati: quale migliore occasione per capirci qualcosa? Il primo che riesce a seguire è in piazza Diaz. Folto pubblico, tra appassionati e figuranti. Addirittura qualche bandiera. Musica assordante, tanto che forse avrebbe potuto sentirla anche da Marte. Il silenzio cala solo quando sul palco spunta un sindaco-già-in-pectore. «Dobbiamo migliorare questo paese», declama quello, ispirato e appassionato. «Renderlo più forte, più sano, più nuovo. Da domani via Marsala… si chiamerà via Marsala all’uovo». Il boato della folla è come un lungo ruggito. Le orecchie lunghe del nostro captano l’osservazione di un bambino: «Papà, ma a Cassino nemmeno c’è via Marsala…». Ma la risposta è un rapido scapaccione: il candidato ha sempre ragione (fa anche rima).

Un po’ perplesso il marziano va al secondo comizio. Applausometro alle stelle, comparse già schierate. Qualche faccia sembra venire dall’altra piazza. «Saranno certo spie», pensa innocente l’extraterrestre. Ma ecco l’aspirante sindaco farsi largo in pedana, dribblando un esercito di candidati consiglieri. «Dobbiamo migliorare questo paese», spara il concorrente primo cittadino. «Renderlo più forte, più sano, più nuovo. Da domani via Marsala… si chiamerà via Marsala all’uovo». Il marziano sgrana gli occhi: «Va bene che le idee siano poche – riflette – ma addirittura le stesse…». Ma intanto il pubblico, immancabilmente, applaude.

Altri quattro comizi (e altrettanto improbabili toponomastiche) dopo, l’omino in verde è sempre più perplesso. Dall’ultimo incontro a cui ha assistito si è salvato fuggendo. Era proprio sotto al palco quando un uomo accanto a lui lo ha notato e ha esclamato: «Ma è il marziano!». Allora tutti i candidati di quelle liste, sindaco e consiglieri, hanno tentato di trascinarlo sulla scena con la forza. Ma non pensavano allo scoop, o a farsi pubblicità: avevano fatto confusione. Speravano di poter dire che anche Ignazio Marino fosse dalla loro parte.

Magari è solo l’extra jet lag. Ma il marziano è sconfortato davvero. Ha trovato rifugio su una panchina della villa comunale. Rimugina sulla sua scelta: era felice di tornare, cinque anni dopo. Ma per sua fortuna, nell’inferno della grande festa democratica, incontra un Virgilio. Incontra (modestamente) me. Me lo ricordo bene, alle ultime amministrative, e soffro nel vederlo così triste. In fondo è pur sempre un turista: bisogna farlo sentire a casa. Ora gli spiego due cose.

Esauriti i convenevoli, il discorso va rapido sulle elezioni. «Poche idee – fa lui – ma confuse (che cultura: del resto è pur sempre il marziano di Flaiano, nda). In compenso tutti in campo». «È divertente: come se fosse un nuovo gioco. Stavolta – gli dico – il gioco della democrazia. Pensa: ci sono più candidati a Cassino che a Bologna, e quasi come a Milano». Il marziano mi guarda storto, e quasi non ci crede. «Ma certo. Lì c’è una selezione naturale, nel senso che bisogna prendere i voti davvero per avere qualche speranza. Qui – rifletto a voce alta, ormai amaro – è più semplice, basta poco, ci provano tutti: come fosse una lotteria. Molti alla cosa pubblica non si sono mai interessati, non hanno mai letto un quotidiano, e lo fanno giusto per avere qualcosa da raccontare davanti al bar. Forse nemmeno lo sanno, che in palio c’è giusto un posto da consigliere con pochi euro di rimborso al mese… Magari si illudono di entrare nella “casta”, proprio quella che contestano comodamente sui social».

«Ma è bello – risponde il marziano – che la partecipazione popolare sia così intensa. Rispetto a cinque anni fa ci sono anche molte più donne, nelle liste…». «Amico mio – gli dico – ti scuso perché vieni da Marte, ma non essere così ingenuo. Adesso abbiamo un’innovazione che il mondo ci invidia: la doppia preferenza di genere! Puoi indicare due persone della stessa lista, un uomo e una donna. Infatti per riempire gli elenchi se le sono contese, quasi a peso d’oro, come fossimo al calciomercato». Anche stavolta l’interlocutore quasi non mi crede. «Cioè, non ho capito: c’è un sistema che stabilisce di votarle solo in quanto donne? E loro… non si offendono?». «In un mondo ideale – rispondo – dovrebbero. È un’idea quasi oltraggiosa, sicuramente l’ha avuta un uomo. Ma è anche un modo per “controllare” il voto, creare “abbinamenti”, contare le “pecore”. Quindi va bene a tutti».

Raccontargli questa storia mette malinconia anche a me. «Dai, sul serio. Ma a cosa servono – mi chiede – tutte queste liste, riempite di gente che oggettivamente ha poche speranze?». Gli rispondo in un soffio, all’orecchio, senza nemmeno pensarci su. «Intanto è una dichiarazione di fedeltà al burattinaio, ma quella vale poco. Più che altro per lui è un modo per marchiare i clientes. “Se stai con me non puoi stare con quell’altro”, e così via. Ma non lo capiscono, e si fanno marchiare. In cambio di qualche promessa».

Gli lascio un’ultima domanda, e poi me ne vado. «E come gestiscono la campagna elettorale?». «Ah, quest’anno – rispondo – è più facile. Sono tutti sui social. Non ci sono grandi proposte, ma la discussione si è spostata lì: pubblicano foto di cani e di manicaretti, e per un solo voto son pronti a farteli assaggiare. I manicaretti, s’intende».
Lo vedo che riflette, si è fatto pensieroso. Mi saluta frettolosamente e se ne va.

Qualche giorno dopo lo ribecco, bello tirato e incravattato. Come al solito ha indovinato il filone giusto. «Che combini?». «Mi godo – risponde – la campagna elettorale. Ho trovato un lavoretto: mi occupo di relazioni asociali». «Sarebbe?». «Relazioni asociali: faccio comunicazione per i candidati cercando tutti gli elettori a-social, cioè privi di social. Sono in affari con tutti, mi pagano benissimo, e in fondo non sono molto impegnato. In totale gli a-social saranno ormai sei o sette…». Controlla il cellulare, è arrivata una notifica. «No, adesso sono sei. Anche nonno Peppuccio è sbarcato su Instagram. Ma ora devo scappare…». E fugge via, trafelato.

Proprio come cinque anni fa gli è bastato poco per entrare nel mood. È amico di tutti: con tutti fa affari, da tutti riceve promesse, contraccambia con eguali proponimenti che sa di non poter mantenere. Ma in fondo è solo campagna elettorale. Un allegro gioco.

Stanotte l’ho sognato, il giorno delle elezioni. Anche il marziano andava a votare. Alto, distinto e… verde, con la solita ventiquattrore stracolma di euro. Arriva al seggio e tutti gli fanno le feste. Entra nella cabina (sicuro, disinvolto) traccia un segno sul suo segno, imbuca la scheda, saluta e se ne va. Una scrutatrice ragiona ex post, ad alta voce: «Ma quant’è bello, com’è elegante. E come si è ambientato! Ormai è proprio uno di noi». Tutti sorridono. Al presidente di seggio, però, viene un dubbio. Si alza di scatto, va a controllare.
Sì: il marziano è uno di noi. La matita non c’è più.