L’insostenibile FasciAmata

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LICANDRO LICANTROPO per CIOCIARIA EDITORIALE OGGI

Ormai lo vedono dappertutto. Tanto che qualcuno pensa che una sorta di santità lo abbia dotato di una specie di dono dell’ubiquità. Si tratta del “portafascia” per eccellenza. Il successore di Peppe Patrizi nella rappresentanza 24/24 della Provincia che non c’è più. Talmente dentro al ruolo che non si cura nemmeno del tema o del motivo delle manifestazioni a cui presenzia.

L’altro giorno si è infilato, tra il disappunto di tutti, e lo sconcerto di Pilozzi, alla riunione del Pd per sostenere i comitati del “Sì” senza sapere, ovviamente, che l’unica cosa buona di quel “Sì” sarà la sua cancellazione definitiva da ogni “album” della politica.

Andrea FasciAmata è il nuovo prodotto della nostra povera politica. Un sentenziatore di primissimo piano. L’opinionista che mancava. Un intellettuale che con le idee (degli altri) fa girare la ruota del nostro misero dibattito.

Non c’è processione, messa cantata, festival della zampogna o degli organetti dove lui non porti il verbo della Provincia che lui stesso si prodiga per abolire. Non c’è missione che non lo veda protagonista. Non c’è intervento di cui poi, quatto quatto e lesto lesto, non chieda il rimborso al paziente tesoriere di piazza Gramsci.

E quando FasciAmata arriva, la festa comincia. Taglia in due la folla. Cammina sull’acqua, qualche volta fa il miracolo.

FasciAmata va dappertutto. L’altro giorno ha seguito San Cataldo e la sua agenda, dicono, sia fitta di impegni fino al 2019.

Andrea FasciAmata imperversa su Facebook dove spaccia per sue brillanti elucubrazioni scritti di fior fiore di intellettuali. Marcello Veneziani è il suo preferito. E allora via con il copia-incolla e il gioco è fatto.

Tiene rubriche su gloriose testate edite da piccoli faccendieri allineati al suo rango. Inonda tutte le redazioni di selfie con sguardo sexy e ammaliante come un novello candidato a Mister Italia o alla prossima copertina di Playboy. Il suo sogno proibito è Ciao Darwin dove rappresenterebbe bene l’ultima generazione di maschio italico cresciuto a pane e Berlusconi, illuso da una laurea infruttifera alla Luiss, sedotto da Pallone e perennemente alla ricerca di un podio sul quale arringare una piccola folla che, ahimé, nemmeno piccola, non ha mai avuto e mai avrà.

Andrea FasciAmata è un rischiatutto ambulante, un quizzone itinerante, un enigma vivente che si aggira tra piazze e oratori, tra campi sportivi e chiese della nostra provincia. Inghirlandato con la preziosa fascia, quando c’è lui, il santo è bello che oscurato.

E mentre ammirano il suo calmo incedere, il suo sorriso stampato, la sua postura a favore di flash e riprese, tutti ma proprio tutti, ce ne fosse mai uno che lo conoscesse, cominciano a interrogarsi sulla sua identità, sul suo cognome, sul suo nome. A Supino lo hanno chiamato Antonello pensando a Iannarilli. Una vecchietta di Morolo pensava fosse Pompeo. A Ceprano gli hanno gridato “evviva, evviva, evviva San Rocco”.

Ma Andrea FasciAmata continua ad apparire. E spavaldo, mentre Renzi cancella il Senato e spiana le Province, macina chilometri imponendo la professione politica del terzo millennio: il portafascia a rimborso chilometrico. A spese dei fedeli.

 

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