Migliorelli: «Caro Pd, con il renzismo hai tradito la mia storia »

ACHILLE MIGLIORELLI per L’INCHIESTA QUOTIDIANO
(già dirigente provinciale Partito Comunista Italiano e già sindaco di San Giorgio a Liri)

All’atto della sua fondazione ho aderito al Pd. Per la verità, quando, nel 2007, si trattò di decidere la fusione tra i Ds e la Margherita, votai contro: non ero convinto della utilità e della bontà della scelta: meglio sarebbe stato conservare – se, proprio, non era possibile costituire un partito della sinistra riformista e democratica – l’autonomia dei due partiti e realizzare una unità di centro-sinistra nell’eventuale governo del paese.

“Subii” l’operazione, anche perché pensavo che tra una forza di sinistra ed il mondo del cattolicesimo democratico ci poteva essere unità nei valori. Del resto tanti politici di quel mondo li consideravo più a sinistra dei Ds, nel campo sociale e culturale.

Il bilancio di oggi, soprattutto dopo la “scalata” del Pd da parte di Renzi, mi ha deluso oltre ogni più negativa previsione. Mi domando: “Che fare?” in un partito che sento estraneo alle mie aspirazioni? Resto o me ne vado?

Certamente non posso continuare a restare a metà del guado. Sento che a trattenermi ci sono la mia storia politica e l’avversione che nutro per i “voltagabbana”, anche se io non mi sento tale: semmai è il Pd, che ha tradito la mia storia. Perciò, per tener fede ai valori di una lunga militanza politica a sinistra e ad una identità che non voglio sacrificare, ho deciso di non restituire (ancora) la tessera, ma di operare nel rispetto esclusivo della mia coscienza e della autonomia più piena.

Cosa mi ha indotto a questo passo delicato e doloroso: tale certamente per uno che ha creduto (seppure criticandola, quando gli appariva giusto) nella disciplina di partito, prima nel Pci e, poi, nel Pds, nei Ds e nel Pd? Lo confesso: sono rimasto sconcertato, ma – nello stesso tempo – illuminato dalla lettura della prefazione, scritta da Nando dalla Chiesa, ad un libro di Ibio Paolucci: “Quando l’Unità era un grande giornale”. Ho visto in quelle parole la storia della mia vita. E … mi sono sentito, sì sconvolto, ma anche liberato. Chi ha la pazienza di leggermi, ben comprenderà il mio stato d’animo. Cosa scrive dalla Chiesa? Eccovi alcuni passi. “E’ davvero impietosa la storia. Avanza macinando realtà che sembravano granitiche, eterne. Piantate nella vita di classi e generazioni, fatte di rivendicazioni collettive, di scioperi e fredde nebbie mattutine o di tramonti primavrili arroventati dalla lotta elettorale. Le biciclette degli operai che muovevano dagli alveari di un’umanità orgogliosa verso i cancelli di fabbriche- città, le nuvole di parole e di fumo nelle sezioni imbandierate, vere scuole di politica e palestre di classi dirigenti di partito. I manifesti icastici e faziosi con la promessa di un mondo nuovo, in arrivo per il riscatto di sfruttati e diseredati. E le feste estive fumiganti di brace per raccogliere il popolo politicamente più partecipe e generoso mai conosciuto dalla storia nazionale. L’Unità è stata questo. Per decenni nessuno aveva immaginato che il partito comunista, tempio solenne dell’ideologìa, potesse chiudere per trasformasi in un partito pigliatutto. E nessuno aveva immaginato che l’Unità, il suo quotidiano da distribuire con la militanza “strada per strada, casa per casa”, potesse tirar giù le saracinesche dopo qualche guizzo finale e un’ingloriosa stagione di declino”.

(E aggiungo io, con delusione e tristezza profonde, ora divenuto – dopo essere stato il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, organo del partito comunista – lo “strillone” del renzismo.) Questo era il mio mondo politico. Non voglio, non posso dimenticarlo o tradirlo.