«Perché un direttore vero è solo, nella buona come nella cattiva sorte»

 

CORRADO TRENTO per CIOCIARIA EDITORIALE OGGI

«Ragazzi’, vai in consiglio comunale di corsa. Si chiude alle 22.12, ce la fai a scrivere il pezzo in un quarto d’ora? Non è ammesso un no come risposta».

Il mio primo giorno a Ciociaria Oggi fu questo, eravamo nel 1995 e Paolo Fanelli era appena diventato sindaco. Conoscevo già Umberto Celani, ma dietro la scrivania da direttore faceva decisamente un altro effetto. Fumava e dava ordini (non solo di servizio), urlava, non faceva sconti a nessuno e se gli articoli non andavano bene, finivano in fondo al cestino. In mille pezzi. Il suo telefono squillava in continuazione, lui non si fermava e intanto scriveva l’editoriale.

Non si è mai preoccupato di piacere o di apparire: era duro, spigoloso, collerico, a volte perfino iracondo. Male sfuriate erano indirizzate alle persone alle quali teneva. Le altre le liquidava con un sorriso distratto. Ma Umberto Celani era anche passionale, generoso, entusiasta, intelligente come pochi. Una volta gli dissi provocatoriamente: “Umbé, Dante Alighieri si definiva un misantropo e un magnanimo fazioso. Che dici, può andare bene?”. E lui: “Non male, direi di sì”.

Era il primo ad entrare in redazione e l’ultimo ad uscire. Sapeva che niente trascina più dell’esempio. Sapeva di non piacere a tutti, sapeva di avere molti nemici. E chiosava: «Aiutano a passare la vecchiaia, i nemici». Non gettava la prima pietra, ma non porgeva neppure l’altra guancia. “A bandito, bandito e mezzo. Perché dove sono cresciuto io, per la strada, impari velocemente la spietata legge della vita”.

Sapeva giudicare le persone come pochi, ne capiva immediatamente le potenzialità e le mediocrità quotidiane, ma andava avanti. Con lui sono cresciute generazioni di giornalisti. A pane e cazziate. Ma non c’è un altro metodo. Era interessato a tutto e l’amore sportivo per la Juventus è stato emblematico: nessun rito scaramantico veniva risparmiato per favorire il gol di Michel Platini piuttosto che di Roberto Baggio o di Alessandro Del Piero. Ha sempre dato tutto, nel lavoro come nella vita. Fare il direttore in un giornale di Giuseppe Ciarrapico non è propriamente una passeggiata, ma in redazione non arrivava niente. Perché un direttore vero è solo, nella buona come nella cattiva sorte.

Adorava la musica e, soprattutto, Roberto Vecchioni. In particolare una canzone, “Sogna ragazzo sogna”. Un pezzo fa così: «E la vita è così forte che attraversa i muri per farsi vedere, la vita è così vera che sembra impossibile doverla lasciare, la vita è così grande che quando sarai sul punto di morire, pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire ». Ciao Umberto, è stato un viaggio meraviglioso. E noi non smetteremo di sognarti.