Regione Lazio, l’ultimo trucco per pagare le sagre

ALBERTO DI MAJO per IL TEMPO

La Regione Lazio ha speso troppi soldi per sagre, feste e convegni. Tanto da aver superato il limite previsto dalla legge. Avrebbe impegnato almeno un milione di euro in più della soglia stabilita dalla spending review nazionale. Era stato proprio Il Tempo a denunciare alcuni mesi fa il conto salato dei contributi assegnati dalla Pisana ai Comuni. Soldi destinati a finanziare rievocazioni storiche, concerti, fiere gastronomiche e convegni.

Ora i nodi vengono al pettine, visto che gli uffici amministrativi dell’ente hanno rigettato le richieste di erogare quei fondi già impegnati dall’ufficio di presidenza guidato da Daniele Leodori, proprio perché superiori ai limiti di spesa previsti dalla legge. Ma niente paura, le vie della politica sono infinite (o quasi). Così ieri, per evitare di far saltare il banco, il Consiglio regionale ha tentato di approvare un provvedimento specifico. La norma nazionale, contenuta nel decreto 78 del 2010, recepita nel Lazio con la legge 4 del 2013, prevedeva che le Regioni non potessero spendere più del 20 per cento delle somme impegnate nel 2009 per «rappresentanza» (intesa sia come spese «istituzionali» che come contributi per patrocini e iniziative varie). Una cifra bassa, rispetto ai faraonici stanziamenti delle ultime legislature: intorno ai 100 mila euro. Molto meno dei soldi già impegnati dall’ufficio di presidenza. Così gli strateghi della Pisana sono corsi ai ripari e hanno inserito nel provvedimento che era in discussione ieri (abolizione di due piccole agenzie regionali) un emendamento che chiarisce che i contributi dati ai Comuni non devono essere considerati nel capitolo «rappresentanza» (quello su cui si è concentrata la legge sulla spending review dell’ex ministro Tremonti) ma in un altro che sarà definito a breve dallo stesso Consiglio regionale. Una piccola magia. Con poche righe si evita di ricadere nella normativa nazionale e si sanano tutti gli interventi.

L’articolo della legge che ieri è approdata in Aula si intitola «Disposizioni interpretative in materia di contributi» e recita: «Le disposizioni recate dagli articoli 2 e 3 della legge regionale 15 maggio 1997, n.8, si interpretano nel senso che i contributi concessi dall’Ufficio di presidenza (…) alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.196, non costituiscono spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza». L’articolo 2 aggiunge: «L’Ufficio di presidenza con proprio regolamento disciplina la fattispecie in cui i contributi di cui al comma 1 possono essere concessi». Poche parole e il gioco è fatto. Che poi nemmeno si capisce tanto perché un ente legislativo come il Consiglio del Lazio (che ha un assessorato al Turismo che stanzia contributi proprio per queste iniziative) finisca per dare «mance» ai Comuni per eventi a volte anche discutibili. Ma non è tutto.

Con il provvedimento, arrivato in Aula ieri e alla fine slittato al 21 ottobre, il Consiglio regionale ha istituito anche una nuova Commissione speciale (composta da 14 consiglieri). Si occuperà delle riforme istituzionali. Quelle che vengono decantate in ogni legislatura e mai realizzate. Fondi per sagre e convegni e una nuova Commissione, tutto inserito in una legge che all’inizio era soltanto di due articoli che servivano a chiudere le agenzie Ardis e Arp. E pensare che l’articolo 70 del regolamento assegna al presidente del Consiglio regionale la facoltà di negare l’accettazione di emendamenti e articoli aggiuntivi estranei all’oggetto della discussione.

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