Terremoto, il questore: «Spostavo pietre e speravo. Ma Marco era sommerso»

GIUSI FASANO per IL CORRIERE DELLA SERA

 

«Verso mezzogiorno qualcuno ha gridato: l’ho trovato, l’ho trovato. Io ero lì davanti, mi hanno allontanato…». La voce si spezza, il questore di Frosinone Filippo Santarelli piange. «Non sapevano in che condizioni fosse il corpo, per questo mi hanno tenuto lontano. L’ho visto dopo, il mio Marco, quando l’hanno portato ai giardini, dove arrivavano le salme. Sono stato un po’ con lui. Se ci penso… Non so trovare le parole per dirle quanto dolore c’è in un padre che sopravvive al proprio figlio. Forse non esistono».

 

Suo figlio aveva 28 anni ed era ad Amatrice in vacanza.
«Andava lì ogni estate nella nostra casa di famiglia, invitava sempre qualcuno. Anche stavolta era con due amici. Uno si è salvato ed è riuscito a fuggire, l’altro l’hanno estratto vivo dopo qualche ora. Anche per questo ho sperato fino all’ultimo che potesse salvarsi».

 

È vero che ha scavato anche lei a mani nude per cercarlo?
«Uno dei ragazzi che erano con lui aveva detto che Marco era lì sotto, quindi avevamo la certezza che ci fosse. E allora quando sono arrivato sono stato aiutato da poliziotti e volontari del soccorso alpino, abbiamo fatto una catena umana per spostare le pietre che riuscivamo a muovere. Ho visto che in mezzo a quel mucchio di macerie la cucina aveva tenuto, mi ci sono infilato nella speranza che lui potesse essere lì. Purtroppo c’erano solo detriti. Marco aveva fatto anche il passo più giusto per mettersi in salvo…».

 

Il passo più giusto?
«Quando è arrivata la scossa nonostante fosse piena notte i ragazzi erano svegli, giocavano al computer. Quindi non sono stati sorpresi nel sonno, hanno pensato quali fossero i posti più sicuri e in teoria era tutto corretto. Uno di loro si è messo sotto l’arcata della porta della cucina, l’altro sotto un grosso tavolo di noce massello e Marco sotto l’arcata della sua camera da letto. Però purtroppo la parete ha ceduto e su di lui sono caduti parte del tetto, il secondo e il primo piano. Era sommerso dai detriti ed era praticamente impossibile che ne uscisse vivo».

 

Lei dove si trovava quando c’è stata la prima scossa?
«Ero a Roma. Sono stato svegliato dalla scossa e ho guardato i siti per capire se c’erano problemi a Frosinone e organizzare eventuali soccorsi. Poi ho sentito il sindaco di Amatrice che diceva che gran parte del paese non c’era più e allora mi sono messo in macchina. Avevo l’angoscia nel cuore, continuavo a chiamare Marco sul cellulare. All’inizio squillava, poi più nulla».

 

La voce è interrotta di nuovo dal pianto, lunga pausa per riprendere fiato.
«Sono arrivato alle sette, sono rimasto senza fiato davanti alla devastazione che vedevo. Non c’erano più i vicoli, le case, la chiesa. I cani molecolari hanno trovato vivo il gatto di Marco, lo portava sempre in vacanza. Ma non sentivano lui. Poi più niente fino a quel giro: l’ho trovato…».

 

Quando l’ha sentito l’ultima volta?
«La sera prima del terremoto. Volevo sapere come andavano le vacanze. L’ho sentito contento. I suoi amici sono venuti ad abbracciarmi e a dirmi che lui era un amicone per tutti, faceva la differenza di una serata, di una vacanza. Era disponibile, non è mai stato un solitario. Mi fa piacere che venga ricordato così».

 

Cosa voleva fare nella vita?
«Sognava di diventare chef, aveva seguito un corso per cuochi. Era felice perché aveva cominciato a lavorare in un ristorante vicino a Frosinone».

 

Era figlio unico?
«No, io e mia moglie siamo separati e abbiamo un altro figlio, Matteo: vive con lei in Umbria. Marco invece stava con me. L’avrei visto il 28 ad Amatrice».

 

Da poliziotto e da questore avrà visto disperazione sul volto degli altri tante volte.
«Sì, ci pensavo anch’io. Nel nostro mestiere capita di avere davanti feriti o persone che hanno subito lutti gravi. Ma vedere una devastazione così imponente e avere davanti il proprio figlio senza vita. Non c’è un modo per essere preparati a una cosa del genere…».

 

Sono già stati fissati i funerali?
«L’abbiamo portato al Verano, a Roma, e domani (oggi, ndr) alle 11.30 avremo la cerimonia funebre nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme. Ad Amatrice il cimitero è inagibile. Lo porto nella cappella della famiglia di mia madre, in provincia di Perugia. Lo accompagno un’ultima volta».

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