Benedetto Vecchio, il restauratore che chiuse la bottega e iniziò a suonare

Il solfeggio appreso dallo zio ad 8 anni. La prima esibizione con una chitarra a dieci. L'incontro con Eugenio Finardi e Bennato. La nascita dei Musicisti del Basso Lazio. L'orgoglio borbonico. E la decisione di chiudere il negozio da restauratore, ben avviato: "Scusate ho qualche concerto da fare"

Musicista, cantastorie, un po’ anche menestrello, sicuramente non giullare. Il termine che potrebbe definirlo è “frullatore”, perché è riuscito a mettere insieme la storia, il territorio, la musica. Il risultato? Un progetto musicale e culturale, che ha saputo cantare un territorio, raccontare le sue storie, il suo passato attraverso la musica e le canzoni. Esattamente come facevano i cantastorie, esattamente come facevano i menestrelli di un tempo. Esattamente come fa da qualche anno Benedetto Vecchio.

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Benedetto Vecchio con gli Mbl
Cominciamo dalla presentazione. Qualche anno fa Benedetto Vecchio, quando si presentava esordiva dicendo: ‘Piacere, Benedetto Vecchio, artista‘, come se neanche lui ci credesse che era riuscito ad arrivare…

La verità è che solo ad un certo punto ho cominciato veramente a focalizzare…

Cosa c’era dietro quella parola “Artista” pronunciata con orgoglio al punto da declinarla durante le presentazioni?

C’è un modo di vivere e concepire l’esistenza. Io ho scelto fin da piccolo tutte le strade che a quella direzione portavano, iniziando a studiare musica con mio zio a Pontecorvo, facendo solfeggio da bambino quando ero molto piccolo

A che età questo?

“Avrò avuto forse otto o nove anni…”

In genere gli zii portano i nipoti allo stadio o al mare, qui invece c’è uno zio che prende un bambino di 8 anni e gli insegna solfeggio. Che zio era?

Era insegnante di musica e viveva a Pontecorvo. D’estate io andavo lì – tra l’altro mi chiamo come si chiamava lui – e in casa c’erano molti strumenti: c’erano una chitarra, un mandolino, un sassofono, una fisarmonica…

In una casa normale, al massimo c’è uno strumento musicale: lì come mai ce n’erano così tanti?

Lui era nato nei primi anni del ‘900 e in quel periodo la questione musicale era molto più sentita nelle famiglie. Si pensava fosse una sensibilità solo dei ‘benestanti‘, concetto inesatto, dato che avveniva anche in quelle meno abbienti. Chi aveva la possibilità di far studiare musica lo faceva…

La televisione non c’era, la musica era un modo per fare festa dopo le giornate di lavoro, aveva un ruolo diverso…

Si, ma la musica è soprattutto cultura: a prescindere dal fatto che si parli di opera, di classica o semplicemente della popolare, cioé quella più diffusa nelle feste di popolo, in cui la gente imbracciava una fisarmonica“.

Benedetto Vecchio
A otto anni dallo zio a Pontecorvo inizia ad apprendere il solfeggio… e dopo?

“Con il metodo Bono, avrà cento anni quel medoto e ancora lo conservo…”

Il primo strumento quale è stato?

“Ricordo chi lì a casa a Pontecorvo si iniziava a suonare con una chitarra ‘francese’, la chitarra acustica da concerto, per capirci come quella che usava Domenico Modugno, molto antica…”

A che età questo?

Avevo circa nove anni. La prima volta che l’ho suonata in pubblico è stato a 10 anni: perché feci subito mio lo strumento. Quando fui sicuro di poter poggiare la mia voce su quattro accordi e di riuscire a farmi capire con una canzone…

E Benedetto Vecchio artista quando nasce?

L’idea dei Musicisti del Basso Lazio è di circa 22 anni fa. Io ho un’amicizia storica con Eugenio Bennato. Proprio parlando con lui, a proposito di promuovere questo territorio...”

Come nasceva questa amicizia con Eugenio Bennato? Non è che tutti conoscono Eugenio Bennato.

Perché Eugenio fin da quando ci siamo conosciuti ha capito il mio amore per il Sud…. Ci siamo conosciuti all’epoca del gruppo Musica Nova del quale lui faceva parte… Lo aveva fondato lui e del gruppo faceva parte anche il mio amico Gianni Perilli, che suona da 15 anni con gli MBL. Eugenio capì che io conoscevo tante cose sui questi temi…. Mi disse: ‘Perché non promuovi la tua terra e non provi a far conoscere nei dettagli questo territorio di confine che è il Basso Lazio in cui vivi?'”

E il gruppo come venne individuato?

Già avevo un gruppo che si chiamava La Voce dei Briganti e suonavo già anche in qualche piazza. Però dopo il consiglio di Eugenio Bennato decido di riprendere i temi popolari della Nuova Compagnia di Canto Popolare, o degli stessi Musica Nova che in quel senso erano stati degli apripista del filone… In quel periodo gestivo un locale a Roccasecca e chiamavo spesso dei musicisti ad esibirsi. Ne sono passati anche di importanti: jazzisti americani assieme ad Agostino Di Giorgio. Però venivano anche dei ragazzi locali, come ad esempio il chitarrista Gennaro Del Prete, insieme al bassista Michele Cantarella. Ascoltando questi ragazzi mi resi conti della loro preparazione musicale che poteva di certo essere al’atezza del lancio di un progetto professionale, serio“.

Benedetto Vecchio con gli Mbl
Quindi, una sera vi parlate e… chi ha lanciato la proposta di provare a fare una cosa insieme?

Promotore di questo progetto fui io. Anche con altri ragazzi fra i quali qualcuno che purtroppo oggi non c’è più, come ad esempio Rolando Gargano. Ci si vedeva a Castrocielo davanti ad un camino, a parlare di lanciare un progetto di musica popolare che avesse una valenza nazionale e che facesse conoscere sia le danze – come la nostra ballarella di cui nessuno parlava stante la tirannia della tarantella garganica – che il resto. Ci siamo detti: ‘Nel nostro territorio abbiamo una ricchezza musicale…‘”

Qual è la nostra ricchezza musicale?

È fatta di strumenti tradizionali che sono in uso un po’ in tutta l’area del Mediterraneo, perché la zampogna ad esempio non è solo nostra, la usano anche nel mondo arabo. O come la ciaramella, le ciaramelle del Maghreb sono molto simili alle nostre. Però c’è una particolarità: la nostra zampogna, quella ‘ciociara’ della nostra area, conserva tutte le caratteristiche dello strumento così com’era 2000 anni fa, è rimasto quindi lo strumento di sempre. Piffero e zampogna sono rimasti in pratica quegli stessi che ‘accompagnavano’ il presepe migliaia di anni fa. Grazie a queste antiche attività – su cui facemmo un apposito documentario in merito alle attività natalizie degli zampognari di Villa Latina, con i costruttori di zampogna che sono esisiti grazie al fatto che c’era il Natale e che le zampogne si dovessero costruire per venderle ai suonatori – questo strumento si è fermato alle origini ed è arrivato fino al giorno d’oggi“.

Chi è andato alla ricerca degli strumenti?

Quelli sono arrivati da soli, perché se vai ad eseguire una ballarella della valle di Comino ti accorgi che una ballarella cominense antica si suona con piffero e zampogna, accompagnata dai tamburi bassi o da un tamburello, nonché da un organetto eventualmente. Si tratta quindi di una costruzione musicale tipica del periodo“.

E voi come facevate a saperlo?

C’è un fiume di materiale, una mole di studio e ricerca sul territorio, di registrazioni fatte anche da altri etnomusicologi ai primi del ‘900 come Ivan Calicchia e tanti altri; ascoltando ancora registrazioni di ottanta-novanta anni fa, girando in lungo e in largo. Insomma, c’è stato un lavoro enorme per capire cosa fosse quella musica. Tuttavia la cosa più difficile è stata capire cosa fosse e che cosa quella musica potrebbe essere oggi. Ecco, lì c’è stata la trasformazione della musica popolare in ciò che da essa nasce… Un po’ come ha fatto, se posso permettermi, Pino Daniele, quando cantava le sue prime cose: avevano l’odore delle vie di Napoli. Le ultime avevano l’odore delle strade brasiliane, perché la sua musica era diventata bossa nova…

Benedetto Vecchio
Voi come avete fatto?

“Una specie di fusion, ecco cosa diventa, fra la musica popolare autoctona con il mondo. Si chiama World Music, come dice il mio amico Enzo Avitabile…. Il primo brano che abbiamo composto prendendo la musica tradizionale e facendo fusion è Canto di Primavera”, con un violino rumeno.

Il primo disco invece?

“Danza d’Estate, su cui come non potevo non mettere in copertina una foto di famiglia. Mi sono trovato una foto del dopoguerra, degli anni ’50, con mio zio che a Pontecorvo suonava il mandolino e mia zia Angelina che suonava il tamburo. C’erano anche una fisarmonica e una chitarra…”

Allora non era solo lo zio musicista, era tutta una famiglia di musicisti!

Infatti nel giardino di casa a Pontecorvo c’era questa festa di tarantella immortalata in uno scatto. Quando poi Eugenio Bennato venne a casa mia nel 2000 o 2001, non ricordo, vide questa foto appesa al muro e ne rimase estasiato. ‘Ma cos’è?’, mi chiese. Era la mia famiglia che stava suonando delle ballarelle“.

Quindi, quando in casa ha detto: ‘Voglio fare il musicista‘ non le hanno risposto ‘Trovati un mestiere‘….

Io penso che certe cose vengano da dentro, Non ci fu alcuna forzatura. Tra l’altro io a scuola ho studiato Arte, al liceo. Poi ho fatto molti corsi di aggiornamento anche per restauro seguendo anche quella mia altra passione. Ho restaurato credo qualche buon migliaio di mobili antichi della nostra area che, non dimentichiamolo, è definita ‘Napolitana’, perché faceva parte del Regno di Napoli. Ho salvato tantissimi oggetti per la mia attività di antiquario, come restauratore. Ho sempre avuto una passione per gli oggetti antichi, per i quadri e le cornici antiche, una passione per tutto ciò che è antico. Ovviamente non poteva mancare la passione per la musica, questa matrice che viene da lontano…“.

Quando avete deciso di incidere il primo disco? Oggi con Amazon, Spotify, SondCloud è molto più semplice che nel passato: ma venti anni fa per realizzare un disco occorrevano mezzi, finanziatori, strutture..
Benedetto Vecchio

Infatti non è stato semplice. Devo ringraziare il compianto Gianfranco Molle e l’associazione Onlus che in tal senso si adoperò. Tra l’altro ci mise in contatto con altri artisti; ricordo all’epoca Fulvio Cocuzzolo, cantautore cominense con il nostro stesso sogno-progetto di descrivere il dialetto la Valcomino. Avevamo già un primo embrione di amicizia con Sandro Parente di Coreno Ausonio, con il mondo dell’organetto...”

C’è stato in questi anni di ricerca qualcuno che vi ha aperto il baule dei ricordi a casa, tirando fuori magari qualche strumento del nonno o qualche spartito antichissimo. Ma molto è andato perduto.

Sicuramente tanto, però è anche vero che grazie non solo a me, ma a Fulvio Cocuzza e a tanta gente, a chi scrive libri, a chi va a scovare storie che hanno a che fare con la nostra tradizione e cultura, poi molte cose le abbiamo anche salvate e recuperate.

La soddisfazione è quando, incontrando poi un antico suonatore di organetto di Colle San Magno, detto ‘Gliù Brigante’, a casa sua poco prima che morisse, gli feci ascoltare un pezzo. Lui aveva ancora l’organetto che suonava quando si andava a raccogliere le pannocchie. Ascoltando il brano mi disse: ‘Ma tu come fai a conoscere questi suoni?...”

Oltre al lavoro dei campi, il brigantaggio, l’emigrazione soprattutto, la Seconda Guerra Mondiale, il passaggio delle truppe coloniali francesi…

Se le mie camzoni sono arrivate nelle università italiane un motivo ci sarà. Ci saranno forse una ventina di ragazzi che si sono laureati facendo degli studi sul mio lavoro. Questo per me è motivo di orgoglio, ho decisamente realizzato i miei sogni”.

Se le dicono che assomiglia ad Eugenio Bennato lei dice che è un complimento. Se la paragonano ad Ambrogio Sparagna non dice lo stesso: qual è la differenza tra i due?

Questa è… è una cattiveria… Si, di certo siamo diversi. Eugenio è uno che ha raccontato il Sud ed io in quello mi identifico, dato che per il Sud Italia provo amore, mi sento cittadino delle Due Sicilie, perché la cultura di quel regno portata dai Borbone la sento sulla pelle. Il primo treno e la prima università furono napoletani, come pure i primi conservatori. Ancora, il primo ponte sospeso, come quello di Brooklyn a New York, è stato edificato sul Garigliano dai Borbone. Il primo esercito  organizzato alla Nunziatella era borbonico. Tutti i primati italiani erano lì, poi si fa l’Unità d’Italia e diventiamo brutti, sporchi, cattivi, non sappiamo leggere… No, c’è qualcosa che non quadra“.

Benedetto Vecchio © Gianna Reale
Ama l’epoca borbonica, canta il brigantaggio, no si perde l’inaugurazione di un cippo o di un’antica dogana borbonica che vengono riscoperti. Soprannominato anche per questo ‘Il Brigante’. Da dove arriva questo soprannome?

Mi hanno sempre accostato a questa figura, forse proprio perché ho capito che quelli non erano briganti, non erano cioé le figure che sono state descritte… Non erano dei banditi… No, molti di loro non lo erano affatto, erano a tutti gli effetti dei patrioti che avevano prestato giuramento durante il loro servizio militare. Avevano giurato fedeltà ad un re, ad uno Stato, il Regno di Napoli e delle Due Sicilie. È ovvio che poi chi vince scrive quello che vuole.

Benedetto Vecchio è il front man, l’ideatore e l’anima dei Musicisti del Basso Lazio, abbiamo detto però che all’interno del gruppo ci sono alcuni tra i migliori musicisti in assoluto di musica etnica del territorio. Quanto è stato difficile andarli a cercare? Perché, abbiamo detto, il maestro Perilli con la ciaramella ha fatto esibizioni di livello internazionale, cioé ci sono persone che suonano nei MBL che hanno un curriculum di tutto rispetto…

Polonia, New York, Canada, la musica tradizionale di Ciociaria portata all’estero… Allora non è solo ‘roba nostra’ che possiamo ascoltare perché siamo di questo territorio, anzi, è roba che si ascolta pure fuori…

Veder ballare il popolo di Varsavia con la nostra musica è stato davvero emozionante, alla fine del concerto abbiamo fatto mezz’ora di autografi, in un teatro enorme, il Bemowo di Varsavia. Sinceramente quando ci hanno portati a fare questa trasferta io non avevo capito dove dovevamo suonare, credevo che dovessimo fare quelle cose che normalmente noi italiani facciamo andando all’estero, più piccole, in location raccolte o magari nella sala di un ristorante.

In reatà mi avevano fatto una vera ‘trappola’, perché gli amici polacchi ci hanno fatto esibire al Bemowo, dove se non ho capito male ha suonato anche David Bowie. Io pensavo fosse uno scherzo, tanto che ho detto ‘Si vabbè, ma ora dove andiamo a suonare?’. Invece questi ci misero intorno dei body guard, ci fecero suonare proprio lì nell’ambito del programma ufficiale messo in cartellone dalla città di Varsavia“.

Benedetto Vecchio
Bisogna crederci. Benedetto Vecchio ci ha creduto, ha messo su gli MBL e soprattutto ha salvato oltre ai mobili antichi che ha restaurato, anche la memoria, la tradizione e la musica. Magari a leggere quest’intervista ci sono ragazzi che amano gli strumenti musicali ma si sentono dire ‘no, è inutile, perché tanto non si vive di questo…’. Ma è vero che di passioni non si vive?

Io ci ho creduto e mi sono messo in gioco, perché questo bisogna fare. Ammiro tutti i ragazzi che provano a fare musica, lo possono fare a livello amatoriale o professionale se hanno progetti validi. Perà io l’ho fatto, non è che mi sono messo lì e ho solo pensato di farlo. Praticamente ho chiuso il negozio, ho messo un cartello con su scritto Torno Subito e l’ho fatto. Due mesi dopo c’era ancora qualcuno che cercava i proprio mobili antichi, ho dovuto dire ‘Scusate, ho avuto un black out’…

…Ho avuto qualche concerto da fare…

Mi sono messo a suonare eh ho cominciato a spingere su questo progetto, ci ho creduto e ci credo ancora: Non esiste un pulsante che lo spingi e smetti di volerlo fare, perché se ti viene da dentro alla fine puoi solo seguire la tua vita e quello che sei. Ho sentito forte che dovevo cantare“.