Addio Delfo Faroni, il medico che è andato a spasso nella Storia

Si è spento il professor Delfo Galileo Faroni. Aveva 101 anni. È stato il padre del Gruppo Ini. Pochi sanno che ha attraversato la grande Storia. Da Lucherini a Pende, da Macario a Sordi, dall'Aga Kahan a Levi Montalcini. Ed una lezione da imitare: "Scrutare sempre il progresso”

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Tra i suoi pazienti c’era l’ex ministro degli esteri di Mussolini, Dino Grandi: all’uomo che firmò l’ordine del giorno con cui venne determinata la caduta del fascismo lui diagnosticò un Dupuytren che gli stava irrigidendo le mani. Venne consultato sulle condizioni di salute di due papi: Pio XII e Giovanni XXIII pur non avendoli visitati direttamente. L’emiro dal Qatar lo fece prelevare da un aereo privato con cui venne portato a Doha e lì dovette visitare, a turno, tre persone identiche: gli venne chiesta la diagnosi di ciascuno, uno era l’emiro e due erano i sosia, cosicché nemmeno lui sapesse quali erano le reali condizioni del sovrano. Delfo Galileo Faroni è stato uno scienziato di primissimo livello, al quale solo la modestia ha impedito di avere una fama che fosse proporzionale.

In punta di piedi nella Storia

Il professore Tommaso Lucherini FOTO: ARCHIVIO LUCE

Nipote di uno dei più grandi reumatologi italiani di ogni tempo, il professor Tommaso Lucherini, ereditò da lui la passione per quella branca della medicina. Mentre la curiosità infinita per la scoperta di nuove frontiere la prese dal padre indiscusso dell’endocronologia in Italia: quel Nicola Pende di cui fu l’allievo prediletto ed al quale solo una cosa negò il premio Nobel, il fatto che vaesse firmato il Manifesto della Razza dal quale derivò il pretesto per dare il via alla persecuzione degli ebrei anche in Italia.

Sul fatto Delfo Faroni fu testimone diretto e sostenne sempre che Pende firmò altro e non un documento politico, al quale mosse severe critiche anche se solo su base scientifica. Faroni venne ascoltato dalla Commissione delle Comunità Ebraiche. Che lo tenne in altissima considerazione al punto che riabilitò Pende.

Il salvataggio degli ebrei

Il professor Nicola Pende nel 1962. Foto Archivio Luce

E non poteva essere altrimenti perché Delfo Faroni era tra i pochissimi al fianco dell’allora capo della comunità ebraica di Roma Giuseppe Nathan quando si trattò di inventare ogni pretesto per evitare il rastrellamento del ghetto. Era al fianco di Pende quando si tratto di salvare le vite di molti ebrei ricoverandoli nel Policlinico di Roma: fu tra quelli che escogitarono l’idea di un finto padiglione di Altamente Infettivi in modo da scoraggiare ispezioni dei soldati.

Altra leggenda vuole che evitò alcune fucilazioni quando nel ’44 a Regina Coeli andò per fare visita ad un detenuto ed incontrò un capitano delle SS. Al quale, d’istinto – sulla base degli insegnamenti di Pende – diagnosticò una patologia. Che l’ufficiale aveva tenuto segreta. Rischiò la tortura per rivelare come avesse fatto a conoscere quel dettaglio così nascosto, spiegò di essere uno scienziato e fornì anche la possibile cura: a base d’un decotto di broccoli e cavolfiori. Funzionò. L’ufficiale gliene fu grato. E qualcuno evitò il muro.

Gli amici ed il jet set

Delfo Faroni

Non cercò mai gloria per questo. Preferì conquistarla nel campo della medicina. Per la sua competenza e la sua bravura divenne fidato amico di Rita Levi Montalcini. Ebbe una compagnia teatrale con Erminio Macario, vedeva Vanda Osiris ed Alberto Sordi lo prese come ispirazione per una delle sue pellicole più famose. Il principe Aga Kahan Karim pranzava con lui dopo le riunioni del CdA della Ciga Hotels dove discutevano dei piani di sviluppo per la Costa Smeralda.

Apprezzato non solo per la sua scienza ma soprattutto per la sua cultura. Vasta, approfondita. E della quale mai faceva sfoggio: solo se interpellato tirava fuori il dettaglio giusto. Nell’arte (di cui era appassionato al punto da possedere un’apprezzata galleria privata), nell’archeologia (una delle sue residenze è in parte in un’antica villa romana), nei safari (per un periodo ebbe un giardino zoologico: in famiglia gli imposero di dismetterlo quando ebbe una discussione con una delle tigri con cui dormiva in casa).

Dalle aule agli ambulatori

DELFO FARONI NELLO STUDIO DI VEROLI

Convinto che il suo futuro fosse l’insegnamento universitario, fu la mamma a convincerlo che doveva aprire un suo ambulatorio, specializzato in reumatologia e terapia fisica. Lo fece nel 1947 in via Torino a Roma, alternandosi con l’attività accademica.

Pochi sanno che fu lui a lanciare la celebre Acqua Santa Croce di Canistro. Era l’unica che la mamma poteva bere senza avere problemi renali. E così Delfo Faroni il fine settimana si metteva in macchina e da Roma raggiungeva Canistro in Abruzzo per fare scorta da quella sconosciuta fonte. Fino a quando un giorno disse, tra il serio e lo scherzoso: “Mamma, mi sa che conviene comprare la fonte e farla imbottigliare, impiegherei meno tempo”. Leggenda vuole che la risposta fu “Bravo, così anche altri potranno goderne. E non sarebbe male se mettessi anche lì un centro di cura”. Detto e fatto.

Fu un’intuizione geniale. Come l’apertura di ciascino dei centri medici di livello nazionale ed universitario, riuniti oggi intorno al Gruppo Ini – Istituto Neurotraumatologico Italiano. Da Veroli a Grottaferrata, da Tivoli a Canistro. Una realtà sanitaria con 1200 posti letto e oltre 1400 dipendenti. Mettendo al centro di ciascuno la sua scienza e la cura del paziente. Spostando ogni volta in avanti la frontiera: è stato tra i primissimi in Italia ad introdurre la macchina per la Roentgen Terapia, ad utilizzare il litotritore per la calcolosi renale, la Risonanza Nucleare Magnetica. Affiancato in ogni passo dalla moglie Nadia ed aiutato dai figli Cristopher (direttore generale del Gruppo Ini) e Jessica (presidente dell’Aiop Lazio, la principale associazione della sanità Privata).

Cento anni

Delfo Faroni con la moglie Nadia ed i figli Jessica e Cristopher

Due anni fa si mossero il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ed il governatore del Lazio Nicola Zingaretti per celebrare i suoi 70 anni di attività.

Nel 2020 invece sono i suoi primi 100 di vita.

A Roma l’Ordine dei Medici li ha consegnato un riconoscimento. Nel corso della cerimonia, Delfo Faroni ha sottolineato “Abbiamo speso 100 anni della nostra esistenza per onorare l’arte che fin da bambini abbiamo scelto di praticare, cioè la medicina. Abbiamo fatto della medicina la nostra vita, la nostra esistenza. Quello che posso dirvi è che una parte di me si è sempre dedicata a scrutare il progresso di questa scienza”.

Se n’è andato in punta di piedi, oggi pomeriggio, in una delle sue cliniche: l’INI di Grottaferrata. Fino alla fine ha voluto stare tra i suoi pazienti.

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