Marzi: “I politici di oggi: tanti gattucci e pochi alani”

Sindaco per nove anni. Ma soprattutto simbolo di una stagione di rinascita per Frosinone ed il Lazio. Non etichettatile: per questo evitarono che diventasse senatore. Domenico Marzi racconta. "Comprai la Villa Comunale rischiando di persona". "Appena uscito dallo studio del conte Lucchesi Palli qualcuno di Frosinone che non voleva la villa rilanciò con 400 milioni in più”. La politica di oggi a Frosinone? "Molti gattucci e pochi alani". "Si circondano di gattucci per apparire più capaci”

Suo nonno era sindaco e avvocato. Lui ha scelto la stessa professione e poi si è messo a sua volta in politica. Qualcuno sostiene che sia stato uno dei migliori sindaci di Frosinone: bontà loro. Certo è che dopo di lui si è aperto un solco. Nel quale lo hanno politicamente sepolto proprio quelli che invece non avrebbero dovuto metterlo nella polvere ma portarlo agli altari. Non lo hanno fatto perché avevano chiaro che sarebbe stato un problema: perché l’avvocato – sindaco non ha preso solo il nome dal nonno, ma anche la sua indole a voler ragionare con la testa propria. In politica è imperdonabile. Lo sa bene Domenico Marzi.

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Domenico Marzi . 1998
Avvocato, quanto è pesante portare un nome come il suo?

“Francamente non ho sofferto il fatto di avere il nome di mio nonno. Era sicuramente una grande espressione di amore di mio padre verso suo padre, quella di rinnovare. E anch’io con mio figlio ho fatto la stessa cosa. Mio nonno è stato un personaggio straordinario, per come me lo hanno descritto e riferito, un personaggio che veniva da una famiglia nobile, molto benestante, con interessi importanti nel campo agrario e quindi…

Un uomo che poi ad un certo punto ha deciso di rompere con la famiglia e quindi con i grandi possedimenti e, diciamo, anche con il denaro. Che ha studiato Giurisprudenza a Camerino, dove doveva studiare per diventare prete, perché nella famiglia avevano deciso che mio nonno, ultimogenito, diventasse sacerdote. Ha ‘strambato’ completamente, si è unito con mia nonna senza neanche sposarsi, all’epoca – pensate – tant’è che mio padre è nato dopo diversi anni dal matrimonio: stiamo parlando di fatti dell’inizio del secolo scorso…

Quindi immaginate anche che rivoluzionario potesse essere un personaggio del genere in un periodo completamente diverso”.

Perfidia per descrivere il nipote: dicono che il nipote, quando andava in Tribunale nella parte alta di Frosinone, leggeva la tabella ‘Piazza Domenico Marzi’ ed era convinto fosse intitolata a se stesso e non al nonno…

“Questo credo sia una battuta di qualche spiritoso. Sapevo distinguere perfettamente: certo, obiettivamente mi faceva piacere leggere il nome di famiglia, di mio nonno lì che poi era anche il mio, ma insomma…”

E’ stata una sfida a distanza, sia con la toga e sia in politica?

“No, assolutamente. Non lo è stata né con la toga né in politica. Innanzitutto quella di mio nonno era una toga di altri tempi, in cui gli avvocati erano molti di meno, come numero rispetto… e quella degli inizi del secolo scorso era una professione molto elitaria. Successivamente la politica è cambiata, è cambiate anche la professione, poi…”

Domenico Marzi
Come nasce la passione di Domenico Marzi per la politica?

“Allora dobbiamo tornare indietro. Indietro e devo dire che anche il fatto di essere in una famiglia che veniva etichettata come comunista determinò in me l’idea di andarmene da Frosinone. Andai quindi a vivere in una città, Perugia, dove ho studiato, in cui si viveva il vero comunismo amministrativo e della qualità dei politici che trasformavano il territorio.

Se quindi io ho consolidato un orientamento credo di averlo consolidato non perché mio nonno fosse comunista, o anche mio padre, ma perché ho visto i comunisti degli anni ‘70 amministrare molto bene un territorio, non solamente quello di Perugia, dove sono stato a studiare, ma anche quello di Bologna, dove mi recavo spessissimo, e quindi ho apprezzato la possibilità di trasformare un territorio con quella cultura: di tener presente sempre che la politica è amicizia verso gli altri, come quando si affronta un processo, lo si affronta con tecnicismo per consentire che la persona che ti si è rivolto abbia una prestazione da me di mezzi, amicizia e risultati. Poi la stessa cosa io l’ho vista in politica.

Politica è stata per me quindi cambiare Frosinone, tentare di cambiare Frosinone…”

La Frosinone nella quale si è candidato sindaco la prima volta non aveva ancora le fogne dappertutto…

“Mi piace ricordarlo. A parte che forse ancora in alcune parti non vi sono, però non sono in condizioni di essere puntuale e preciso… Sicuramente Frosinone, quando mi sono candidato, mancava di fogne in tutta la zona di Maniano, mancavano fogne nella zona di Via Piave, stiamo parlando del pieno centro…

Domenico Marzi

Frosinone non aveva marciapiedi in alcuna zona della città, via Aldo Moro era un po’ così, un insediamento sicuramente di attività commerciali ma non era minimamente servita dall’attenzione della collettività, benché fosse anche una zona di camminamento.

Frosinone aveva un serbatoio in Piazza Santa Maria, che qualche stolto aveva detto che io avrei abbattuto perché abito lì… Ma insomma, era ridicolo il serbatoio di fronte alle costruzioni in un momento in cui le pompe di pressione consentono di portare acqua dappertutto.

Però io devo anche dire che tutto quello che si è riuscito a fare in quegli anni è scaturito da uno straordinario entusiasmo che mi ascrivo, ma anche da un gruppo di colleghi e amici che concorsero con me a fare questa esperienza. Io ricordo Danilo Giaccari, Maurizio Ferrante, ricordo Marcello Mastroianni… Ho un ricordo straordinario di alcune persone che sono purtroppo sono scomparse, tipo Franco Celani e Sandro Lunghi; Sandro Lunghi è stato un ottimo sindaco di Frosinone, lui ha fatto di tutto perché la città si trasformasse e potesse avere dei finanziamenti, ed io ho interpretato il mio ruolo di sindaco proprio nella logica della continuità amministrativa: erra colui che, subentrando, trancia il passato e non dà continuità.

Lei l’ha data, questa continuità?

Io l’ho data e quindi il centro storico si è fatto perché ho avuto i finanziamenti di un governo eccellente della Regione Lazio con Piero Badaloni, con l’assessore Angiolo Marroni all’epoca ai Lavori Pubblici: ma con i progetti fatti fare da Sandro Lunghi già nel 1992/93 e quindi mi sono trovato la strada spianata, ad utilizzare quel progetto e poi ad avere i finanziamenti.

Idem dicasi per il Palazzo dello Sport di Frosinone, che usufruì dei finanziamenti Italia ‘90 e purtroppo, devo dire adesso, questo Palazzo dello Sport è abbandonato; anzi, qui mi permetto di dare un’idea, dato che ne stiamo parlando: quando una struttura come quella, che è bellissima – penso solamente al tetto fatto con legni fantastici, dalla struttura Holzbau di Bressanone – io penso che ogni politico che amministri Frosinone debba avere il compito di pensare come utilizzare quella struttura.

Allora, quando si vede un campetto di ghiaccio, come facemmo noi in villa comunale 15 anni or sono, per quale motivo, e l’abbiamo visto quest’anno al Matusa, per quale motivo dicevo non ipotizzare che con pochi denari si possa fare lì un Palazzo di Ghiaccio che magari richiamerebbe un’attenzione molto più alta di un Palazzo dello Sport purtroppo non utilizzato? E poi magari fra sette-otto-dieci anni quello che è il Palazzo di Ghiaccio puo’ tranquillamente ridiventare il Palazzo dello Sport di pallacanestro e pallavolo che in questo momento non ‘tirano’”.

Domenico Marzi con Michele Marini
Nell’elenco dei collaboratori che ha appena ricordato, non ha citato il suo successore: una dimenticanza?

“No, Michele Marini è un… Guardi, molto spesso hanno attribuito polemiche fra me e lui… Quello che mi è dispiaciuto con lui è stato il fatto che non abbia dato continuità all’azione amministrativa e… Io penso che sia stato vittima di disguidi, di disorientamenti, però è una persona a cui voglio bene. E poi io non parlo mai male degli altri”.

Non c’è stata continuità amministrativa?

“Si, per esempio c’era un Segretario comunale che io avevo scelto e che è stato capace durante quei 9 anni in cui sono stato sindaco di non creare alcun incidente di percorso… Bèh, io credo che chi era venuto dopo di noi avrebbe fatto bene a mantenerlo. Come anche tutti quei dirigenti che adesso non ci sono più, che hanno avuto strani, stranissimi conflitti con l’amministrazione. Obiettivamente hanno lasciato un vuoto…”

La Frosinone che lei ha preso in mano, oltre a non avere le fogne dappertutto, non aveva neanche una piazza.

“Io volevo lasciare Frosinone con la piazza dove c’è adesso il Matusa, perché la mia idea era di realizzare lì con il project financing un parcheggio sotterraneo importantissimo ed un centro nevralgico che fosse anche un centro dove vi fossero spazi per attività culturali, vi fossero anche dei palazzi e dell’altro. Ma queste cose non sono state capite.

Io ricordo, mi consenta, degli stolti che parlavano di cementificazione selvaggia, mi individuavano come il cementificatore, come colui che voleva fare affari attraverso il cemento; io faccio affari attraverso la mia professione, il cemento lo lascio agli altri. Bèh, quella era una soluzione che avrebbe consentito alla città di decollare e forse di diventare anche attraente rispetto a chi da Roma si trasferisce altrove: se tu da Roma vieni a Frosinone vedi una stazione che è uno schifo, vedi un campo sportivo dove si, adesso la gente cammina lì intorno… buona idea, obiettivamente, di occuparlo con gli spazi di ricreazione, però dal punto di vista urbanistico non vedo uno sviluppo della città, quindi non lo condivido; la villa comunale a cui lei ha accennato è stata un successo. Anche di quello si parlava moltissimo”.

Come la comprò?
La villa comunale di Frosinone

“Dunque, io andai dal conte Lucchesi Palli, che era l’erede della contessa De Matthaeis. Lo conoscevo anche attraverso mio padre, un uomo ovviamente un po’ più anziano del conte Lucchesi Palli ma con lui aveva avuto un trascorso perché entrambi… mio padre si recava spesso a Napoli, poi entrambi avevano fatto la Guerra d’Africa e quindi ci furono questi trascorsi di rispetto, anche se non erano rapporti di amicizia.

Mi recai dal conte e lui mi disse che a me avrebbe venduto la villa comunale. La villa… quel casale De Mattheis… ad una condizione: che ovviamente fosse intestata alla compianta contessa, e questo io lo feci immediatamente. Me lo vendette al prezzo di un miliardo e 200 milioni, che era un prezzo irrisorio per l’epoca, perché stiamo parlando di un manufatto importante di circa cinque ettari. Lo comprai con una scrittura privata e, questa è una cosa che adesso si puo’ raccontare, perché insomma, io avevo proprio esigenza di arrivare rapidamente al risultato, era…”

Scusi, compra con una scrittura privata: è come se avesse comprato lei personalmente…

Come se avessi comprato io, con l’impegno ovviamente di chiedere al Comune un miliardo e 200 milioni. Cioè se fossi caduto, diciamo il giorno dopo, io avrei dovuto sborsare un miliardo e 200 milioni, ovviamente non c’era a casa mia il miliardo e 200 milioni.

Fortunatamente l’operazione è stata portata a termine per due ragioni: primo, perché mi diedero subito indicazioni di andare in Regione dove si poteva discutere dei fondi europei. E qui poi aprirò un’altra parentesi: i fondi europei Frosinone li ebbe perché ebbi in Silvano Moffa, di Alleanza Nazionale, sindaco di Colleferro, un segnale di apertura immediato. Mi disse: ‘Frosinone non è mai venuta a chiedere i fondi europei, quindi diamo spazio all’avvocato Marzi perché possa avere questi finanziamenti’.

Li ebbi, e la Villa Comunale è stata realizzata quindi con l’operazione da un miliardo e 200 milioni, e quindi con la contrazione di un mutuo del Comune per pagare il conte Lucchesi Palli. E poi, successivamente, con i fondi europei”.

E’ vero che appena uscito dalla stanza del conte con la cessione firmata, le arriva una telefonata in cui le rivelano che qualcuno si era mosso perché non voleva…
Domenico Marzi

“Purtroppo è vero; mi è stato confermato recentemente dall’avvocato del conte Lucchesi Palli, di cui non faccio il nome per non creare imbarazzi, e mi dissero, all’epoca come recentemente, che diverse persone di Frosinone non volevano che si realizzasse la villa comunale e che quindi offrirono al conte 400 milioni in più il giorno stesso in cui avevo fatto la scrittura”.

Di fatto la villa comunale comincia a cambiare il volto di Frosinone: c’era un pensiero, un modo di vedere, un ruolo da dare alla città che fino a quel momento non aveva avuto.

“Ripeto, essere politico per me significa interpretare le esigenze dei cittadini e poi trasformare queste idee e trasferirle in un percorso di riqualificazione della città”.

Alleanza Nazionale, in teoria era un avversario: invece le ha spalancato le porte…

“Io non ho mai avuto avversari”.

Oggi la politica però è fatta di avversari…

“Io ho avuto contraddittori, a volte anche nel mio stesso ambiente politico, ma avversari mai. Ho sempre cercato di essere capito da tutti e quindi di offrire il miglior servizio alla collettività attraverso il dialogo”.

Quando viene mandato un avviso di garanzia a Francesco Storace, che era consigliere comunale di opposizione a Frosinone, oltre che Governatore di destra nel Lazio, lei si offre di assumerne la difesa seminando il caos nel suo Partito a sinistra.

“Perché io intuii immediatamente che Francesco Storace era vittima di una iniziativa giudiziaria assolutamente ingiustificata, e dirò, anche di un processo che si è protratto in primo grado per un lasso di tempo enorme.

Domenico Marzi con Francesco Storace e Francesco Scalia. A sinistra il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi

Vidi un ‘lucido romantico’, quale Storace definisco ancora tale, rispondere con una puntualità e con un’onestà intellettuale durante tutto il corso del processo, alle accuse ingiustificate che ebbe. Poi è stato assolto in secondo grado con una sentenza mirabile in un processo in secondo grado durato solamente due udienze. Quindi Francesco Storace ha avuto la mia amicizia, io ho la sua amicizia, cosa che ci porteremo fino all’ultimo dei nostri giorni”.

E’ una questione di tempi o è una questione di uomini? Quel tipo di rapporto oggi sarebbe possibile?

“Credo sia più difficile, credo che sia una questione di tempi. Io adesso la politica la vedo molto più conflittuale ed anche più povera nei contenuti. Con un desiderio enorme di apparire, di dimostrare di essere presenti, di poter cambiare, di poter costruire e creare… Poi in realtà non costruiscono nulla o poco più di nulla. E’ uno spettacolo indecoroso.

Anche a livello nazionale, che non credo lo debba scoprire Domenico Marzi, io penso che tutti i cittadini e gli elettori si siano resi conto che purtroppo la politica è caduta decisamente verso il basso”.

Biagio Cacciola, seduto su quella poltrona alcune settimane fa, alla domanda ‘Perché Nicola Ottaviani è Sindaco di Frosinone?’ ha risposto: ‘Perché non è andato al ballottaggio con Domenico Marzi’. Sottoscrive?

“Ma si, avevamo dei sondaggi, nel 2014… mi pare che dicessero che in caso di scontro diretto con Ottaviani io avrei vinto. Ma insomma, son cose che comunque appartengono al passato e non hanno grande significato. Io nei confronti di Nicola Ottaviani manifesto amicizia e stima, e per me è anche un buon amministratore. Credo però che sia rimasto troppo solo al comando, con una auto referenzialità eccessiva, e che non abbia compreso l’importanza di avere intorno sette/otto persone disponibili a condividere un progetto, un programma e quindi individuare la strada per raggiungere dei risultati in tempi più brevi e più concreti”.

Il Buon Governo è anche la capacità di dotarsi d’una squadra e non essere uomini soli al comando?

“Vede, quando si costruisce una buona squadra intorno, io ho sempre fatto così, obiettivamente la tua persona si affievolisce di visibilità. Cioè, è molto più facile essere circondati da ‘gattucci’ che non da alani o persone di qualità.

Se si sceglie di essere circondati da ‘gattucci’ o da personcine, obiettivamente si può dare alla collettività la sensazione di eccellere, però poi non si viene ricordati per quello che si è fatto.

Se oggi lei mi chiama dopo tanti anni significa che ho lasciato un buon percorso e un buon ricordo, e questo ricordo io lo voglio condividere con tutti quelli che sono stati con me e che hanno amministrato con me con entusiasmo e con passione”.

Nella politica di oggi a Frosinone vede più ‘gattucci’ o alani?

“Gattucci”.

Cosa manca oggi a Frosinone?

“Manca proprio la volontà di costruire per raggiungere dei risultati che servano alla città. Noto in tutti una grande voglia di essere visibili e di poter raggiungere il risultato, come se vestire il ruolo del sindaco, la fascia di sindaco possa rappresentare un significato ed un successo personali. Io non l’ho mai interpretato così, anzi, devo dire che che quello di sindaco è un ruolo estremamente faticoso, un ruolo che logora, un ruolo che ti mette al centro, mentre cammini per la strada ti salutano tutti, sei… tenuto a rispettare quel saluto e anche a rispondere con garbo ed educazione… però la privacy viene completamente meno.

Allora se ti ami e desideri stare in mezzo agli altri bèh, insomma, devi anche sapere che per gli altri devi fare tutto”.

Non le hanno fatto fare il senatore: è stato perché non era gestibile o perché era politicamente pericoloso?

“Ma sa’, quando sono 315 da una parte e 330 dall’altra obiettivamente non si puo’ essere pericolosi… no?”

Domenico Marzi con Francesco De Angelis
Ma all’interno del Partito sì: avrebbe fatto saltare una serie di equilibri non da poco…

“Secondo me a suo tempo nel Partito non hanno capito che io sarei stati utile a loro nel renderli ancora più forti…”

O lo hanno capito troppo bene?

“No, io sarei stato più utile a loro nel farli più forti, anche perché non credo mai che avrei potuto avere, per le mie caratteristiche individuali, voglia di diventare titolare di un’opinione e quindi di occupare spazi che non potevano essere miei”.

Esclude un suo ritorno in politica in questa fase?

“Lo escludo categoricamente. Ci sono i furbacchioni che dicono ‘Mai dire mai’, io questa frase non la utilizzo, sono proprio logoro, ho fatto quell’esperienza, la ricordo con piacere ma obiettivamente l’ho iniziata a 44 anni, l’ho finita a 53…

Ecco, io penso che 44 anni sia l’età giusta per fare quell’esperienza politica. Se vuole un mio parere io oggi penserei anche ad una candidatura di genere, quindi penserei ad una candidatura femminile per Frosinone… Perché da troppo tempo non c’è stata una candidatura così, l’unico sindaco donna è stata Miranda Certo, oggetto di un accordo quale era allora fra le forze politiche che avevano la maggioranza. Io oggi penso che una donna, come possono essercene tante, determinate, e grintose, possa dare di più alla città”.

Il centrosinistra in questi anni ha giocato a farsi del male a Frosinone: sono maturi i tempi per cominciare ad aprire il dibattito con il quale individuare il candidato sindaco o è troppo presto?

“Per me per individuare il candidato sindaco due anni prima del voto è presto, però costruire un percorso individuare un percorso più che costruirlo, che possa fare arrivare alla vittoria e quindi alla costituzione di una situazione di successo credo sia opportuno farlo. Quindi non parlare delle solite cose, di programmi… vedere come si puo’ governare una città in maniera migliore”.

Il centrodestra si puo’ battere a Frosinone?

“Si puo’ battere sicuramente, ma non pensando ‘io vado a prendere uno che sta nel centrodestra e me lo porto da me così ho fatto l’addizione’ insomma. Queste sono operazioni di basso cabotaggio. Si puo’ battere… il candidato, quando poi si va a scontrare con l’altro – mi auguro la candidata – mette in condizione l’altro di perdere, se è superiore…”

Giovanni Turriziani, Foto: © Stefano Strani
Che ruolo dovrebbe avere Frosinone nel Lazio?

“Guardi, io ho letto di un’iniziativa che condivido dall’inizio alla fine: quella di Unindustria che con il presidente Giovanni Turriziani ha percorso un tracciato volto a volere e poter creare qualcosa che superi la logica della città di 45mila abitanti, purtroppo al ribasso, e si proponga come un centro di aggregazione che non sia targato né Frosinone, né Veroli, né Ferentino, né Alatri, e forse né Ceccano o Anagni, ma che diventi un bacino di interesse importante.

Se vengono meno i fanatismi, se vengono meno i protagonismi individuali, se nella politica si affievolissero decisamente queste forme anche di fanatismo, credo che potremmo arrivare ad essere più visibili anche nel panorama regionale e non essere più marginalizzati.

Quello quindi è il percorso da fare: trovare, in altri termini, dei programmi che possano essere in qualche modo condivisi per l’intero territorio. Non può essere la lotta per il fiume Sacco, per il suo bacino, un problema solo di Ceccano, deve essere un problema di recupero molto più vasto.

E l’Agenda 2020/2030, che già detta i criteri, è un’agenda che può essere colta proprio per raggiungere questi risultati. Ricordo sempre a chi amministra che se non porta i fondi dall’Europa è meglio che lasci perdere, i fondi per fare i marciapiedi si trovano anche vendendo un manufatto, insomma si trovano facilmente, i fondi (però) che Frosinone non ha avuto negli ultimi anni sono i fondi europei”.

Ha un’amarezza come sindaco e come cittadino?

“Si, un’amarezza ce l’ho, di non aver visto quell’impegno, quella continuità nell’azione amministrativa, quell’entusiasmo che riuscimmo a creare nel ‘98-’99-2000. Se io mi fossi reso conto tempestivamente che la mia iniziativa di seguito non sarebbe stata compresa né condivisa per l’entusiasmo e la voglia di realizzare forse non l’avrei fatto il sindaco, perché di fare il sindaco per 9 anni per dire ‘Sono il Sindaco di Frosinone’ francamente non ne avevo bisogno”.

Domenico Marzi
Avvocato, si sta rimproverando di non aver lasciato un erede?

“Mi sto rimproverando di aver lasciato una traccia precisa di entusiasmo, almeno per come lo comprendo io, l’entusiasmo. Poi per altri entusiasmo puo’ essere anche alzarsi, mettersi la fascia, non di essere ‘fascista’, ma ‘infasciato’, perché a qualcuno piace molto di più di quanto potesse piacere a me

Come vorrebbe essere ricordato tra 200 anni?

“Guardi, intanto la piazza ce l’ho già, quella di mio nonno, per cui dovrebbero mettere ‘Domenico II, La Vendetta’, lasciamo stare.

A me piacerebbe essere ricordato… ma guardi, io intanto voglio essere salutato oggi con entusiasmo così come mi salutano i cittadini. Se poi un domani dovessi essere ricordato… obiettivamente la Villa Comunale è un successo che mi ascrivo e che resterà per tutti i bambini, per tutti coloro che vorranno fare una passeggiata, baciarsi, amarsi, litigare, correre, divertirsi, e quella è una bella cosa”.