Internazionale: protagonisti della settimana nel mondo

Internazionale. I protagonisti della settimana sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Internazionale. I protagonisti della settimana sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

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RECEP ERDOGAN

Recep Erdogan

Non si è mai lasciato sfuggire neanche la più flebile occasione per mietere consenso interno mettendo naso e bocca in faccende esterne. E a dispetto della simpatia del tizio, che è roba da cercare con un contatore geiger, ha sempre funzionato. Perché lui è così: Recep Erdogan non le manda a dire neanche se il mondo sta questionando sui criteri di accoppiamento dei koala. Nell’equazione ci infila gli interessi della Turchia e lo spottone ottomano è servito.

Ha stupito molto perciò la reazione morbida che Erdogan ha avuto nei confronti delle affermazioni di Joe Biden sul genocidio armeno, che della Turchia imperialista e teppista porta non le impronte latenti, ma la firma in calce. 
Per carità, non che il leader della mezzaluna sia stato zitto eh? Però diciamo che a contare la foga di certe sue uscite su fatterelli tutto sommato marginali, su quello che vedeva il suo popolo assimilato ai nazisti ci si aspettava che ruttasse più lapilli dello Stromboli. E invece lui ci è andato giù morbido con un litighereccio “guardati allo specchio” indirizzato a Biden che gli dava del capo dei capi fra i macellai della Storia.

Ma Erdogan non è solo un autocrate fatto e finito, è anche, piaccia o meno, uno che aspira a fare lo statista e che sul tema ha una pagella niente male. Perché sa benissimo, come ben disegnato da Al Jazeera, che l’economia del suo Paese ha bisogno della spalla degli stati arabi che ora sono in palmo di mano a Zio Sam. E se Zio Sam è uno che ha rimesso l’America sul binario buttero del mondo che ha bisogno di una guida a cavallo, allora giocare a chi ce l’ha più lungo con questo nuovo tipo di Zio Sam che poi si chiama Joe è pericoloso e controproducente

Il portavoce di Erdogan e consigliere per la sicurezza nazionale, Ibrahim Kalin, aveva promesso sfaceli, salvo poi affidare a Reuters una dichiarazione pelosa con cui affermava che “gli interessi Nato non vanno lesi“, roba più alla Kissinger che alla Solimano. E Kalin ovviamente neanche si soffia il naso se Erdogan non gli dà il fazzoletto.

Il presidente musulmano più “vicino” all’occidente ha capito che l’occidente ha delle regole economiche che non vogliono giocatori bulli, non più bulli del più bullo di tutti almeno. E che il mazziere, quello che dà le carte e quello che dà le legnate, è tornato.

Mezzaluna di traverso.

NANCY PELOSI

Dire che è passata all’incasso significa aver sbirciato con più tigna nelle pieghe del “Discorso dei 100 giorni” che Joe Biden ha pronunciato davanti al Congresso Usa lo scorso 28 aprile. Perché ci vogliono tigna e gran faccia tosta a mettere la spunta sotto il nome di Nancy Pelosi mentre a parlare è il Capo della Casa Bianca e a stargli dietro è una che si chiama Kamala Harris.

Rewind e ossigeniamo il cervello: durante il discorso al Congresso a cento giorni dal suo insediamento Biden ha fatto una cosa che non è molto nelle sue corde: ha surfato l’onda pubblicistica di una vicepresidente donna, la prima di sempre negli Usa, e ha sottolineato quel momento storico. Ora, del pacioso Biden tutto si può dire meno che sia un istrione, uno che conosce i tempi e mette accenti emotivi e glitter etico al punto giusto. 

Eppure al Congresso lo ha fatto, voltandosi ed apostrofando quasi in modalità Mayflower la Harris come “signora vicepresidente… si, andava detto“. E di fianco ad una Kamala prossima a ululare dalla gioia c’era lei, Nancy Pelosi, speaker dem della Camera, algida, mastina e saputa come solo le politiche di lungo corso sanno essere. Nancy sorridente del sorriso che hanno le persone andate a meta. Quale? Quella che si è sostanziata quando Mr President è entrato nel merito del discorso ed ha annunciato la più grande riforma del welfare di sempre negli Usa: 1.800 miliardi, di cui mille in spendita immediata divisi fra 200 per sanità e scuola e 800 per detrazioni fiscali alle famiglie meno abbienti. 

E la cassa da cui attingere? Una vera e propria “patrimoniale” con cui i più ricchi fra i ricchi dovranno sborsare ai dracula dell’Irs bancali di danè. E chi è stata l’ispiratrice di quella legge che si appresta a scotennare soprattutto gli odiati potentati repubblicani che avevano dato birra politica al Pensionato in Chief Donald Trump? Proprio lei, Nancy la sorridente, la coguara al curaro che si è potuta permettere di essere star della serata in una serata che avrebbe messo in ombra anche Lafayette.

Burattinaia.

FLOP

VIVEK CHERIAN

Lui non voleva dire quel che ha detto, ne siamo moderatamente sicuri, ma delle cose esistono l’effetto e l’intenzione, come diceva Giovannino Guareschi, e sono comari solo a tratti.

Vivek Cherian è un medico, uno di quelli studiati “meregani” che spulciano nei mille modi per dare scacco matto al Covid. Lavora nell’ospedale di Baltimora ed ha contribuito alla stesura del report che i Center Disease Control degli Usa hanno pubblicato in merito ai motivi per cui i vaccini danno effetti collaterali più marcati su giovani e donne. 

Il sunto scientifico di quel “papello” è che i giovani hanno corazze immunitarie forti che scatenano reazioni forti e che le donne, specie prima della menopausa, hanno un calo di estrogeni che stravolge la risposta immunitaria e crea noie. E Cherian l’ha spiegata più o meno così. 

Già, più o meno, visto che alle agenzie ha spiegato anche che per le donne c’è una “differenza comportamentale“. Cioè? In pratica le donne, a detta del medico che forse quel giorno andava di fretta, avrebbero di più la “tendenza a segnalare effetti indesiderati anche lievi“. 

Se all’equazione togli “tendenza” e ci metti “abitudine” vien fuori lo stereotipo fatto e finito della massaia bigodinata e isterica che se vede un ragnetto di tre millimetri nel cesso chiama gli Avengers, e la cosa non è bella. Doc Cherian ci ha tenuto a piallare subito questa sua affermazione rilanciata oltre oceano dal velenosissimo Sun, e ha fatto bene. 

Tuttavia tre quarti di danno erano ormai fatti e nelle associazioni in difesa della parità hanno scoperchiato le mitraglie. Perché la medicina è una scienza caro doc, e se solo per un attimo si struscia addosso alla sociologia masculeggiante neanche la buona fede basta. Perché quella emenda l’intenzione, ma non cancella l’effetto.

Speriamo sia single.

MARIO DRAGHI 

Mario Draghi (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Diciamocelo senza pudore: Mario Draghi è un internazionale prestato all’Italia in comodato d’uso, perciò in questo step ci sta come un pisello in un baccello, a dirla con Stanlio ed Ollio. Ci sta bene in termini di misura sartoriale ma maluccio nello specifico di quello che gli si contesta in questi giorni. E mai come in questi giorni Tripoli non è più “bel suol d’amore“. 

Avrebbe dovuto saperlo, il premier, quando in visita ufficiale nella città libica si è lasciato scappare una serie di affermazioni boomerang che gli sono tornare dritte dritte sul nasone romano.

Leggiamole per inquadrare contesto e portata delle faccenda: “Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e, nello stesso tempo, aiutiamo e assistiamo la Libia“. In pratica un raspone fatto e finito alle strutture libiche di intervento sulla questione migranti, vale a dire la Guardia Costiera, questo con il primo ministro libico Abdul Hamid Dabaiba a pigolare di soddisfazione.

Tutto bello o quanto meno innocuo e di circostanza fin quando non si è materializzato su Twitter il video dell’Ong Sea Watch. In quel frame si vedono i componenti dell’equipaggio di una motovedetta libica che sganciano un gommone in mare i cui sgherri si mettono allegramente a manganellare gli occupanti di un barcone di migranti in mezzo ai flutti infidi del Mediterraneo. Nulla di nuovo a ben vedere: la Guardia Costiera Libica non è Bay Watch ed è di comune dominio che i suoi effettivi siano più kapò di baracca che capitani di mare. 

Però Draghi su di loro ci ha messo faccia e parole e forse avrebbe dovuto usare una maggior cautela nei confronti del corpo militare di un paese terzomondista e bullissimo. Non ci vuole una slavina di neuroni per capire che con quei tizi prima o poi ti ci scotti terga e reputazione. Mario Draghi è un leader dell’economia planetaria, ma pretendere che questo suo talento copra per proprietà transitiva anche i sottili ambiti della politica è ancora una chimera, alla faccia di chi giura che è sempre stata una certezza.

Più economia di parole presidè…