I miei dubbi su una riforma mediocre

Daniela Bianchi
di DANIELA BIANCHI
Consigliere Regionale del Lazio
Blogger su:Danielabianchi

 

Manca solo l’invasione di cavallette, poi le paure le abbiamo evocate tutte! Distruzione, terrore, fine del mondo, i cavalieri dell’apocalisse e il diluvio universale… C’è tutto sul tavolo… E a spazzarle via, come nel migliore plot narrativo, arriva il Cavaliere Bianco … (quello nero non lo evoco perché poi potrebbe tornarvi alla mente Gigi Proietti, e invece questo è n post serio…!!!)

Naturalmente sto parlando del referendum. Cercavo un focus per pronunciarmi su questo argomento. Perché in fondo a leggerla questa riforma, non emerge quella che una mia amica chiama la killer action, cioè un punto che in qualche modo sia in grado di trainare con energia un posizionamento netto su un contenuto specifico.

Quella di cui parliamo è invece una riforma media, che fornisce delle soluzioni medie, fatta in maniera media e che rimanda a successivi aggiustamenti …medi. Ed ecco allora che per riparare a questa assenza, si ricorre ad elementi da marketing diretto facendo leva su sensi di colpa, paure e pericoli apocalittici. Da ascrivere in queste categorie: 1) chi vota NO è contro il governo! 2) E’ una riforma che taglia finalmente i costi della politica, chi vota NO vuole salvare la poltrona! 3) Sono vent’anni che si parla di riforme, chi vota NO non vuole cambiare nulla!

Si può invece dire no, semplicemente perché è una riforma mediocre, raffazzonata e anestetizzante, che non cura i mali di questo Paese. A partire dall’incapacità del Parlamento attuale di legiferare seguendo un’idea chiara di economia da contrapporre alle rigide politiche europee.
Parliamo di una riforma che manca di coraggio, mediocre nelle scelte e che rimanda quasi tutto a provvedimenti successivi. Mediocre nell’accezione che usa Angelo Mincuzzi del Ilsole24ore quando scrive di una mediocrazia che nell’ultimo ventennio ha travolto tutti.

È stata una rivoluzione silenziosa, nella quale è avanzato chi si posiziona senza disturbare, non mettendo mai in discussione l’ordine sociale ed economico vigente. Il mediocre gioca con i compromessi di breve termine, chiudere gli occhi per regole sottaciute e cancella la politica con la P maiuscola. L’azione politica infatti si è ridotta alla gestione, senza più provare a dare visioni di lungo periodo. Una forma mentis che appartiene anche a chi come il Movimento 5 stelle si è affacciato solo da pochi anni nel panorama politico. La riforma costituzionale, e la discussione che ne è seguita, è figlia di questo tempo.

Non a caso al centro di tutto c’è l’argomento di pancia, il taglio dei costi della politica (in Regione abbiamo dimezzato gli stipendi dei consiglieri ragionali e la spesa di funzionamento del Consiglio senza troppi clamori) dimenticando che l’obiettivo principale doveva essere il miglioramento del sistema democratico. E su questo, senza scadere nell’allarmismo di una deriva autoritaria che personalmente non vedo, la riforma è semplicemente raffazzonata e peggiorativa. Il Senato rimane, la rappresentanza locale non è chiaro come sarà garantita, la voce dei territori è indebolita. Oltre a una ridefinizione delle materie tra Stato e Regioni confusionaria e che rischia di ingessare ancora di più le decisioni. Se parliamo, ad esempio, di cultura, lo Stato avrà la legislazione esclusiva sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici. Allo stesso tempo alle Regioni viene assegnata la contraddittoria competenza legislativa sulla disciplina delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici. Mentre tutto il tema della gestione del suolo viene completamente accentrato nello Stato, lasciando alle Regioni le briciole (approvazione dei Piani Paesaggistici). Senza dimenticare che la Riforma non tiene in considerazione la necessità di rivedere per macro aree il sistema delle Regioni italiane, un’azione che se fatta bene avrebbe davvero ammodernato il Paese. (rimane la mia contrarietà all’accorpamento della nostra provincia alla Campania, ma resto favorevole alla creazione di una macro-regione del centro-Italia).

La vera domanda quindi non è quanti soldi ci fa risparmiare la riforma, ma perché abbiamo bisogno di una riforma costituzionale.

Sotto la spinta anestizzante abbiamo accettato di tutto, ma sempre giocando al ribasso. Senza alcun rispetto per la qualità, per il valore. Sotto questa spinta anestizzante ora siamo spinti ad accettare una riforma costituzionale che non fa l’unica cosa di cui questo paese ha bisogno.

Perché questa riforma media, con soluzioni medie, non ci dice per esempio come si intende colmare un vulnus gravissimo per il nostro paese come la mancata definizione di sistema economico, cosa che ci rende pericolosamente dipendenti da un certo tipo di Europa. Non ci dice con chiarezza come si legifera, visto che le modalità previste son ben 12…

Si ricorre ad argomenti prretestuosi per avvalorarne la necessità. Io personalmenterRitengo pretestuoso l’argomento costo della politica. Si taglia il Senato a 100 senatori, lascio a voi i conti del risparmio.

Così come ritengo pretestuoso l’attacco al governo. A me sinceramente non me ne frega niente di mandare a casa questo governo. O meglio non baserei mai la mia attività politica solo su un obiettivo così riduttivo.

Non mi lascio neanche minimamente toccare dalla tentazione del “tanto peggio tanto meglio”…non è che perché sono 20 anni che parliamo di riforme ora dobbiamo portarci a casa quello che c’è, se quello che c’è comunque non è sufficiente.
Questo paese non ha più bisogno di mediocrità, ad iniziare dalla sua classe politica ed imprenditoriale. Questo paese ha bisogno di ricominciare a dare respiro a chi quotidianamente si danna l’anima per raccontarne la qualità, sotto tutti i punti di vista, sociale, economico, relazionale, culturale, ambientale, una miriade di persone …vittime delle scelte medie….

Perché allora non ci diciamo a chiare lettere che Il vero piano del contendere di questo referendum costituzionale è quello economico e sociale? Maldestramente nascosto sotto un po’ di riforme medie. E allora su queste cose io voglio disturbare, eccome….

Ma non mi accontento di dire no e basta, perché poi c’ho pure un po’ di tigna e a me l’idea di essere considerata una che punta i piedi, una conservatrice, a dirla tutta non mi va proprio. Sì, insomma, non dico no e basta mettendomi comoda anche io nella zona comfort…Ecco, proviamo a rilanciare due o tre controproposte, attuative fin da subito e non fra 20 anni. Autonomia democratica, Legge elettorale con sbarramento serio e rapporto diretto eletto elettore, Riduzione Camera a 400 deputati e Senato a 200 senatori. Si può fare?

L’incertezza è un’arma che non voglio lasciare come pretesto a chi cerca soluzioni di comodo. Solo se riusciamo ad uscire dall’angolo in cui ci ha confinato la mediocrità possiamo garantire al paese crescita, stabilità, governo , futuro.

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