A chi serve il congresso Pd?

di CARLO ALBERTO GUDERIAN

Ammesso che serva ancora, il nuovo anno ci porta un dubbio che definire amletico sarebbe riduttivo: a che, ovvero a chi, serve il celebrando congresso del PD?

Il 2015 è stato un anno vissuto “pericolosamente” dal partito a livello provinciale. Dopo le asperrime tenzoni del congresso mancato del 2013, gli altrettanto feroci scontri in occasione delle elezioni provinciali di fine 2014, non si sono registrati nel 2015 clamorosi scontri ma solo lievi scaramucce. Aspetto che per il PD rappresenta quasi una novità assoluta.

Qualcuno pensa che sia il segno di una ritrovata sintonia politica. Nient’affatto. Semplicemente è il pax conseguente al fatto che tutti i big sono incasellati su qualche poltrona di pregio. Quindi: tiriamo il fiato un attimo prima di tornare a scannarci per le prossime elezioni ed i conseguenti ricollocamenti di figure. Infatti, chi alla Camera, chi al Senato, chi nelle alte sfere del Partito, chi in istituzioni industriali, chi a sindaco, chi sia a sindaco che nelle istituzioni industriali (“adbundandis in adbundandum”, diceva Totò…) e così via… E gli schiavi nelle stive a remare. Ci si era concessi addirittura il lusso, in questo clima di pax a convenienza, di permettersi un segretario provinciale.

Sembravano insomma esserci tutti gli ingredienti per completare finalmente la tavola degli elementi e trovare la chimica per preconizzare un congresso unitario. Per una volta ci si era dati addirittura regole precise senza litigare: congresso nel 2016, vi avrebbero votato tutti quanti iscritti o rinnovati al 31 dicembre 2015, con tanto di data smaccatamente mielosa fissata al 14 febbraio, giorno dedicato a San Valentino. Quale occasione migliore, dunque, per tessere la rete di milioni di fili e arrivare a tenere per una volta un congresso unitario?

Sembravano talmente tutti intenti a trovare il candidato unitario. Ma più passavano i giorni, però, e di tutto si ragionava meno che del nome. Con Simone Costanzo che, ignorato da tutti, continuava ad urlare la propria disponibilità. Tuttavia da una palla di vetro insonorizzata. Chi era il segretario uscente, seppure di guerra (Simone Costanzo), chi il candidato a sua insaputa perché voleva esserlo a tutti i costi e guai a bruciarsi (Domenico Alfieri), chi tramava sotto sotto nel più assoluto riserbo ben sapendo che all’occorrenza sarebbe stato il candidato di garanzia vista la sua arte a cadere sempre in piedi, ovvero coi piedi sulle teste degli altri (Sara Battisti: forse l’unica nella storia riuscita farsi eleggere segretario provinciale con una prova di forza da Francesco De Angelis e poco dopo riuscita a farsi salvare da Francesco Scalia quando proprio De Angelis voleva la sua testa), chi addirittura provava con la vocina a farsi sentire da Cassino (Sarah Grieco) come se non bastassero i problemi che il Partito già tiene di suo.

Insomma, nella perfetta tradizione italiana, anche a Frosinone tutto sembrava cambiare nel Partito, perché nulla cambiasse.

Ed infatti si arrivava alla fine dell’anno ed il candidato unitario non c’è. Inoltre, visto che forse la “Ditta” non tira tanto più e si registra un’emorragia di tesserati, arriva la doccia gelata dalla Direzione nazionale: tesseramento prorogato al 31 gennaio 2016 (che poi cosa vuoi prorogare, se per la prima volta la tessera ha validità biennale… vallo a capire il calendario del partito, povero Gregorio XIII!). E di conseguenza, in un colpo solo se ne andavano a mare anche le ultime due certezze del Congresso, ovvero le regole e, soprattutto, la data!

Insomma, siamo nella prima decade del 2016 e tutte le certezze attorno al congresso del PD sono un ricordo sbiadito e confuso, tanto che nel frattempo è diventata un mistero anche l’utilità in sé del Congresso.

E pensare che il povero Ermisio Mazzocchi si era già scorticato le mani a stilare lodevoli documenti su una piattaforma politica – nel senso nobile del termine – che racchiudesse i temi su cui il Partito doveva essere chiamato a discutere per darsi nuovo vigore ed una nuova priorità di azioni all’indomani proprio del congresso. Altri, addirittura, avevano iniziato a divulgare quei fiumi anacronistici di parole che sono le mozioni congressuali, una cosa quasi sparita dal gergo partitico e dalla memoria, anche perché, ma chi vuoi che si legga più una mozione congressuale di Partito! Tuttavia, a quanto pare, l’è tutto da rifare.

Allora un dubbio attanaglia le menti di quelli che, seppure in nessuna postazione di prestigio, il Partito se lo caricano lo stesso sulle spalle: abbiamo importanti rappresentanze istituzionali, un territorio che dire sofferente è poco, e allora perché non operiamo alle diverse sfere di governo che legittimamente occupiamo e non governiamo per dare per una volta priorità ai problemi reali della gente anziché impantanarci nell’ennesima conta? Abbiamo i comuni – o la maggior parte di essi, malgrado i capolavori tattici di Simone Costanzo –, abbiamo la provincia, abbiamo la Regione, governiamo la Nazione, a cosa serve allora il congresso del PD?

Neanche a dire che serve sanare le fratture interne al Partito che avevano determinato la burrascosa elezione di Simone Costanzo alla segreteria provinciale: Sara Battisti, che a quei tempi aveva formalizzato denunce ed aveva addirittura mandato i media nazionali a spulciare il tesseramento della provincia, non è più un problema, bensì la principale e più fedele compagna del Segretario (Simone, ecco non ti suona un po’ strano, quando la ritroverai segretario provinciale, poi non ti lamentare, noi non te l’avevamo detto in tempi non sospetti!). Francesco Scalia e Francesco De Angelis hanno ritrovato la sintonia – che è quasi sempre preludio a qualcosa di buono (forse) – sulla madre di tutte le sfide, ovvero un posto al sole – meglio se l’uno a discapito dell’altro, e viceversa – al lido dell’Italicum. Maria Spilabotte ormai veleggia bene e da sola nella politica romana. Mauro Buschini dovrebbe essere incoronato assessore regionale dopo 10 anni dall’ultima volta in cui un ciociaro era riuscito nell’impresa (passaggio di consegne per nulla simbolico, anzi, con il mentore Francesco De Angelis).

E allora cui prodest il Congresso? Se ve lo state ancora chiedendo, allora significa che non avete ben chiare le dinamiche di un Partito composto essenzialmente da correnti … eppure in molti venite dalla balena bianca della DC! Un partito articolato, ovvero diviso, in correnti vive e si nutre proprio di queste dinamiche, e cioè di periodi di tregua che altro non sono se non una parentesi tra una “guerra” e l’altra … Si vis pacem para bellum, recitava il celebre motto latino, derivante molto probabilmente da una massima forse di Publio Flavio Vegezio, ed il PD ciociaro ne è una delle migliori espressioni nella politica dell’età contemporanea.

Ecco che allora si comprende che, una volta constatata l’impossibilità a celebrare un congresso unitario, lo stesso serviva in realtà forse solo a predisporre il campo per la prossima battaglia, ovvero per quell’anno e mezzo a partire dalle amministrative di maggio prossimo, in cui non c’è istituzione che non andrà al voto ed in cui non bisognerà assicurare qualcuno dei big, e così a ripetizione, e poiché dall’ultimo (non)congresso del 2013 si vedono ancora le ferite suppuranti, non bisognava tergiversare oltre e cominciare se non con l’invasione della Polonia, almeno dal paventare che la visita di Francesco Giuseppe a Sarajevo non sarebbe stata poi così gradita a qualcuno.

La triste constatazione di fronte a questa situazione da nulla di nuovo sotto il sole, è: ma quando tutte queste energie decideremo di metterle a servizio invece del governo di un territorio che raschia il fondo di tutte le classifiche di qualità della vita? Vadano pure le guerre, ma sappiate che alla fine non ci sarà un piano Marshall della politica a garantire la ricostruzione e le macerie ce le ritroveremo in tasca tutti, sempre ammesso che ne abbiamo di così ampie!

Alla fin fine aveva ragione, e ci aveva visto lungo ancora un volta, il grande ed austero Alcide De Gasperi, – quello che mentre (quasi) tutti litigavano l’Italia la ricostruiva per davvero – quando nel tentativo disperato di salvare la DC dalle correnti, ebbe a profetizzare che “… tale deriva la può sostenere solo un Partito organizzato, ed i Partiti organizzati costano …!”.

E dopo 70 anni, forse, abbiamo anche capito a chi.