«E noi non ci scappelliamo di fronte a Buschini assessore»

di STEFANO DI SCANNO
Direttore de L’INCHIESTA QUOTIDIANO

Di meriti particolari per occuparsi di ambiente come assessore regionale non se ne intravedono, per la verità: comunque meglio un giovane di Alatri nella giunta Zingaretti anziché un pidino magari di Monteporzio Catone o Centocelle egualmente senza master in acqua, aria, energia, natura e territorio. Non c’è da gridare al “grande risultato”, come fa, con cliché lessicale scontato, il marpione Francesco De Angelis (che sta solo “lavorando” per ritornare in Parlamento europeo). Anche perché di quale risultato parliamo, a proposito della nomina di Mauro Buschini, oltre a quello relativo al curriculum personale?

Cronisti di sicura presa e persino uomini della sinistra senzamacchia e pseudo-rivoluzionaria si sono, istantaneamente, prodigati nell’esternare parole di giubilo e nell’affermare con enfasi del ritorno della rappresentanza ciociara nel palazzo della Regione. Ma probabilmente le frasi beneauguranti, coi tempi che corrono, vanno dispensate con maggiore parsimonia che in passato: vanno riservate a chi si ama, ai propri parenti ed amici. Tutt’al più a disoccupati e malati che si trovano a risiedere in questa sempre più marginale e dimenticata provincia italiana, dove a migliaia vengono presi in giro con incentivi pubblici fantasma (accordo di programma) o a decine rischiano la vita quotidianamente se non arriva in tempo l’elisoccorso per Roma. Insomma anche ricevere gli auguri è un atto che va meritato. Non un cadeau collegato al nuovo baffo da luogotenente sulla spallina.

Per fortuna questa roba degli ossequi ai potenti sa di vecchiume. E di sicuro Buschini non si aspettava scappellamenti da noi, perché sa che non glieli faremo mai. E, viste le deleghe – ci sono pure i rifiuti -, forse “festeggiare” non è proprio la parola giusta. Sull’Acea il Pd s’è mangiato la foglia e vuol recuperare terreno affermando che la risoluzione contrattuale è nella prospettiva del partito, sin dal famoso documento Moretti. Del resto non è facile ammettere che Roberto Caligiore e Massino Ruspandini son riusciti a far meglio e in breve tempo – sul fronte dell’organizzazione di un serio fronte di contestazione al gestore romano – rispetto al più grande e potente assembramento di cervelli politici della provincia.

Ma tant’è. Il trucco dei rinvii è senza scuse, anche perché troppi sindaci e amministratori sono stati accontentati dalla società romana che, come noto, non è abituata a lavorare gratis. Le elezioni si avvicinano e l’aria che si respira è quella di una severa punizione nelle urne. La controinformazione tenterà di arginare la debacle. Ma non serve la palla magica per intuire che per i noti potenti non si mette bene. E meno male.

All’Università di Cassino la stagione dell’ingegner Giovanni Betta sembra decollata e le organizzazioni sindacali, che avevano dato segni di qualche tensione con l’altro ingegnere, Ciro Attaianese, adesso sembrano sollevate. Il clima favorevole è una conferma indiretta che il nuovo corso tenta di accontentare un po’ tutti, al punto che i maligni si sono fatti dei calcoli ed avrebbero rilevato come i docenti senza incarichi ormai siano una minoranza. Dalla stagione del “signor no” siamo evidentemente passati a quella del “signor sì”. Ma di fatto l’ateneo di Cassino sembra nel pieno di una crisi d’identità. Al punto che si torna indietro pure sul nome che era stato allargato al Lazio Meridionale. Da Uniclam ad Unicas il passo è breve. Come da 13 mila a circa 10 mila iscritti (la parabola dal dopo Vigo ad oggi). Qualcosa occorre inventarsi, e parliamo ovviamente di formazione. Un richiamo al dovere di impegnarsi e di produrre eccellenza sembra d’obbligo. Non è questione di classifiche nazionali. E’ storia che attiene al ruolo guida che un ateneo ha il compito di esercitare su un territorio. In questo momento la sensazione, caro rettore Betta, è che i punti di forza siano pochi e che, invece, occorra uno sforzo corale. Ma con le facili e grandi concordie è difficile che dipendenti e docenti apprezzino risorse e prosperità (di questo parliamo nel nostro contesto socio-economico). La funzione di un’Università deve essere da stimolo anche per il resto del comparto della pubblica amministrazione e non può appiattirsi sugli stessi privilegi e sulle stesse inefficienze. Arrivando magari a consentire la gestione delle assenze a proprio comodo ed alla faccia degli studenti. Quindi gli applausi dei sindacati, checché se ne dica, non sono un buon segno. Gli studenti dovrebbero guardare meno ai fondi autogestiti e di più al futuro che li attende. Perché dare una scossa al sistema, chiuso su se stesso e di trasparenza discutibile, dovrebbe convenire prima di tutto a loro. Dovrebbe.