Il cancro criminale che uccide Cassino e la Ciociaria

Marco Galli

 

di MARCO GALLI
Sindaco di Ceprano

 

Caro Direttore,
che la Ciociaria sia un territorio pesantemente infiltrato dalle mafie è ormai una triste certezza.

Per anni politici scellerati, insieme a rappresentanti istituzionali, salvo alcune rarissime eccezioni, inadeguati se non incapaci hanno negato pervicacemente un problema che già dalla metà degli anni 70 era emerso in questo territorio.

Non solo Cassino, ma tutto il frusinate è stato ed interessato dal cancro mafioso che, pur non sparando, ha investito e riciclato milioni e milioni di euro. Insieme a questi investimenti, è chiaro, si sono modificati i comportamenti che, piano piano, hanno avvicinato sempre più la Ciociaria alle tristi consuetudini del casertano e del napoletano.

Persino la resistenza agli arresti, come le sceneggiate dei familiari che fanno di tutto per impedire l’opera delle forze di polizia non è più una novità.

Si è arrivati ad assalire e malmenare dei poliziotti in servizio, inseguiti e aggrediti fin dentro l’ospedale in un contesto che somigliava più a un film di Quentin Tarantino, che a una città della nostra provincia.

Mafie, clan nomadi, un problema per anni sottovalutato ed ora esploso in tutta la sua pericolosità, segnano pesantemente il territorio con forti implicazioni sociali, più gravi laddove lo Stato perde il controllo delle strade e dei quartieri e le leggi da rispettare divengono quelle della criminalità.

Negli ultimi venti anni, numerose sono state le operazioni di polizia, – di uffici esterni a questa provincia -, che hanno riguardato personaggi in odore di mafia e beni di proprietà dei clan; da quelli napoletani a quelli casertani.

Un cancro che, in silenzio, ha avviluppando tutta la provincia, costellata da sportelli bancari, finanziare, autosaloni di lusso che non hanno risentito per nulla di una crisi drammatica, che sta ancora martoriando il Paese.

Perché tutto questo? Come già detto anni e anni di negazionismo folle, di una classe politica sciatta e incapace, supportata dall’atteggiamento disonorevole, salvo rarissime eccezioni, dei preposti a fronteggiare tali situazioni hanno ritardato una reazione “militare e sociale” che, solo troppo tardi, si è intravista.

Questi soggetti non si sono limitati a negare l’evidenza, senza che dal Ministero dell’Interno, per esempio, arrivassero provvedimenti, ma hanno persino attaccato chi, coraggiosamente o per semplice spirito di servizio, lanciava l’allarme sui rischi che questo territorio correva, per una presenza sempre più massiccia della criminalità organizzata.

Potrei partire dalla metà degli anni 70, quando l’allora più potente boss al mondo, Raffaele Cutolo, passava la sua dorata latitanza a Fiuggi e, lì, come attestato da documenti processuali, incontrava elementi di spicco della “Banda della Magliana” che in quel periodo andava organizzandosi sul modello della N.C.O. “Banda della Magliana” con profonde radici ed interessi in Ciociaria.

Ma nel tempo sono state decine le operazioni che hanno interessato questa realtà, tra latitanti catturati, pericolosi latitanti che cercavano di arrivare in questo tranquillo rifugio, milioni di beni sequestrati ai clan, fino ad arrivare al controllo territoriale esercitato dalla mafia ucraina, dalla criminalità albanese e, quindi, dai clan nomadi dediti alla droga, usura, riciclaggio, estorsioni e chi più ne ha più ne metta.

Questa è la realtà con la quale, purtroppo, bisogna fare i conti. In tale contesto, la politica dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale, ossia, dovrebbe agevolare la creazione degli anticorpi sociali indispensabili per contrastare, culturalmente, questo degrado esiziale per il futuro.

Certo, una politica non corrotta, nuova rispetto a quella silenziosa e complice del passato, in grado anche di pretendere rappresentanti istituzionali capaci di svolgere il loro ruolo al meglio, che non può essere quello di silenziare le denunce per non disturbare il Governo. Già, per anni le carriere “locali” non sono state incardinate sulla capacità di fare, ma su quella di non rompere le scatole a Roma.

Nel territorio dove per due volte si è tentato di aprire istituti bancari per trasformarli in lavatrici di danaro sporco; nel territorio dei veleni sversati ovunque e di discariche della criminalità; nel territorio del riciclaggio e degli affari con sequestri di beni per centinaia di milioni di euro; nel territorio del quasi zero indagini sulle mafie si vada ad osservare chi ha fatto carriera.

Potrei andare avanti per molto, ma mi sono già dilungato troppo e rischierei di annoiare.

Cassino, cui sono fortemente legato per svariate ragioni, subisce il degrado che, tutta la provincia, in forme più o meno diverse, vive per le motivazioni che ho cercato di evidenziare nel mio intervento. Ora ci sono segni di cambiamento che, ovviamente, passano attraverso le persone ma il problema è il tempo perso, gli anni in cui non si è fatto nulla, il lunghissimo periodo dell’oscurantismo negazionista che ha condizionato drammaticamente il contrasto alla criminalità.

La difesa pervicace dell’oasi felice che, in realtà, albergava nelle coscienze grigie di chi propinava una così palese fandonia.

In ogni caso, ora, è importante parlarne, prendere coscienza della realtà e sostenere quegli uomini che non si rassegnano e, anzi, vogliono combattere questo mostro rispettando così la dignità della loro funzione. Dobbiamo fare in modo che le scuole e le famiglie siano luoghi ove si crea una coscienza sociale, capaci di educare cittadini consapevoli, che poi saranno in grado di rimediare agli errori compiuti dalla nostra generazione.

Dobbiamo “educare” la politica, nel senso che i cittadini devono comprendere l’importanza di selezionare con cura chi dovrà rappresentarli, per evitare gli errori del passato. La strada migliore è ricercare con forza il rinnovamento, quello reale fatto di nuove figure oneste e competenti in grado di decidere in piena autonomia. La battaglia non sarà facile e neppure breve, ma l’atteggiamento delle persone sarà fondamentale per stabilirne l’esito finale.
 
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