I benedetti segnali del crollo di un sistema

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

E’ bastato appena un mese: il neo eletto presidente francese Emmanuel Macron ha perso dieci punti di popolarità. Lo ha rilevato l’istituto di sondaggi Ifop per il Journal du Dimanche (Jdd).

Trenta giorni sono il tempo appena sufficiente per analizzare i numeri della vittoria, comprendere cosa abbiano detto gli elettori con il loro voto, bilanciare una strategia di governo in base a quelle indicazioni, costituire un esecutivo fatto con figure che vadano incontro a quegli input e li attuino.

In altri tempi, una verifica della popolarità a così stretto giro nemmeno sarebbe stata oggetto di un sondaggio: è tra sette anni che gli elettori dovranno tornare alle urne e non tra sette giorni.

Invece, non solo nessuno trova sciocco sondare un dato simile. Ma addirittura lo stesso presidente si affretta a compiere un gesto con cui risollevare la sua immagine: blocca il passaggio degli storici cantieri navali di Saint Nazaire agli ‘odiati’ italiani di Fincantieri.

La rincorsa alla popolarità dell’ultimo minuto sta distruggendo le politiche di lungo termine. E’ come se a Frosinone occorressero mille case: invece di varare un piano per la loro costruzione (con annesso sviluppo urbanistico della città, impiego di decine d’imprese, posti di lavoro per centinaia di persone, coinvolgimento di fornitori) si decidesse di requisire subito tutti gli alloggi vuoti e disponibili in città.

Tutto e subito è una pessima strategia. E’ anche per questo che la politica sta rinunciando ad avere una strategia per il territorio: occorre tempo per realizzarla. La gente non è più abituata ad aspettare.

Chi si candida a gestire un territorio, a guidare un insieme di persone, invece avrebbe il dovere di indicargli un traguardo ed un tempo per raggiungerlo.

La delusione forse è l’antidoto a questa fase di follia, nella quale per essere un politico non conta se sei preparato, onesto, scaltro. Ma solo se ‘buchi’ il video ed hai la battuta pronta.

Colpa anche di elettori sempre meno preparati (ma chi di loro farebbe togliere l’appendicite alla figlia da un tizio senza laurea in medicina, senza esperienza in sala operatoria ma solo con una bella presenza? E allora perché la politica deve essere meno importante di un’appendicite?)

Quel meno dieci per cento di Macron trova conferme anche in Italia: Paolo Gentiloni non ‘buca’, parla poco, la battuta non sa nemmeno cosa sia. Ma sta tenendo a galla la barca. Gli indicatori dicono che la personalizzazione della Politica inizia a scendere. A profetizzarla fu un giovanissimo sindaco di Arpino, Fabio Forte, negli studi di Teleuniverso nel corso di una trasmissione che all’epoca si chiamava Il Nodo. «Oggi i Partiti hanno perso autorevolezza e credibilità, sta accadendo allora che i voti li abbiamo noi personalmente, cuciti sulla pelle e li spostiamo dovunque andiamo». Ebbe ragione.

Di lì a poco nacque il berlusconismo e per vent’anni hanno ‘governato’ i leader. Ma il modello è entrato in crisi: per conferme andare a Rignano e citofonare ‘Renzi‘.

Il reflusso di questo periodo potrebbe essere, a sua volta, un evento passeggero. Invece c’è da sperare che non lo sia.

Ricostruire una struttura che selezioni la classe dirigente di questo territorio è indispensabile. Un industriale non lascia l’azienda nelle mani di un figlio scemo ma vestito bene e con la battuta pronta, per evitarlo cresce un erede – di sangue o non, poco importa – dandogli l’esempio, facendogli vedere come si fa, non consentendogli di sbagliare perché gli errori si pagano a carissimo prezzo. La politica un tempo era così: selezionava nelle sezioni di Partito, all’interno delle quali sguazzavano pescecani con pochi scrupoli, gli incapaci mandavano avanti quelli capaci affinché alla loro ombra potessero crescere pure loro con i propri interessi.

Solo il ritorno di una struttura così, potrà ridare autorevolezza ai Partiti. Ed evitare che siano ostaggio dei personalismi. In altri tempi l’eterno conflitto De Angelis – Scalia sarebbe stato benedetto ma tenuto all’interno del perimetro di Partito. Per essere chiari: correte e sgomitate quanto volete ma non vi sognate di fare accordi con Mario Abbruzzese per il controllo di Asi, Cosilam, Saf o qualsiasi altra cosa. In quei tempi, non sarebbe rimasto irrisolto il nodo Marini – Cristofari che nei fatti ha messo Frosinone nelle mani del centrodestra per dieci anni. Complice – va ammesso – una congiuntura che ha visto sullo scenario un Nicola Ottaviani. Che è uno degli ultimi figli di quelli che si chiamavano Partiti.

Va ricostruito un sistema capace di elaborare strategie, tracciare rotte, pensare a lungo termine, a costruire le case e non a requisire gli appartamenti, capace di mandare nei posti chiave in Ue dirigenti capaci e fidati anziché accontentarsi di piazzare autisti ed uscieri.

Insultare chiunque, denigrare qualunque cosa, soffiare sul fuoco del populismo, ci ha fatto trovare medici che non vaccinano: il che è come farsi tagliare l’appendicite da uno con la faccia simpatica. Il livello della politica lo comprendiamo da ciò che abbiamo avanti.

Allora, viva il meno dieci registrato in un mese da Macron.

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