Per favore, qualcuno fermi Peppino e Carlo Maria

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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Per favore, basta. Qualcuno spieghi al legittimo sindaco di Cassino Carlo Maria D’Alessandro ed al suo legittimamente perplesso predecessore Giuseppe Golini Petrarcone che la campagna elettorale è finita.

Il giocattolo è rotto ed i cocci li hanno già portati via: l’acquedotto di Cassino è stato consegnato ad Acea e loro due continuano ad azzuffarsi. Come se a quei 13.407 cittadini che ora dovranno pagare l’acqua l’iradiddio gli interessasse sapere se la colpa è di Peppino che non ha messo una marca da bollo o Carlo Maria che aveva promesso di avere una strategia con i cannoni e invece era armato con una pistola ad acqua.

La verità è una soltanto. Nessuno dei due poteva salvare l’acquedotto di Cassino. Sui palchi elettorali hanno detto solenni fesserie entrambi. Gli acquedotti di Cassino erano irrimediabilmente perduti: né per le mancate costituzioni in giudizio di Peppino, né per le strategie fallaci di Carlo Maria, né per le clausole messe da Bruno. Erano perduti per via del Diritto, delle norme firmate dai sindaci della provincia di Frosinone quindici anni fa senza che nessuno gli mettesse una pistola alla tempia quando hanno deciso di affidare la gestione dell’acqua ad un privato e quella gara è stata vinta da Acea, uno dei top player in Europa.

L’unica possibilità di salvare l’acquedotto di Cassino era che scendesse domineddio e separasse gli impianti di Cassino da quelli di Ato5 così come separò le acque del Mar Rosso nel giorno in cui fece passare lì in mezzo Mosè ed il popolo in fuga dall’Egitto. E con tutto il rispetto, né Carlo Maria né Peppino hanno la taglia del patriarca.

La verità è che gli acquedotti erano perduti fino dall’inizio. La consegna era solo questione di tempo. E correttamente tutti i sindaci succedutisi hanno fatto ostruzionismo e si sono attaccati a cavilli, virgole, interpretazioni, per dilazionare la data. Ma il tempo prima o poi finisce. Il problema è che tanto Carlo Maria quanto Peppino hanno strillato dai palchi di avere in mano la soluzione. E chiunque avesse vinto avrebbe dovuto mettere in piedi la scena alla quale stiamo assistendo ora. Ad uso e consumo di qualche decina di creduloni che pensava dicessero sul serio ed oggi continuano ad agitare le pagine di Facebook facendo i tifosi o di Carlo Maria o di Peppino.

Balle elettorali. E’ bastato un integerrimo funzionario dello Stato di nome Ernesto Raio per mettere tutti in mutande ed in fila. Non c’è stato bisogno né del professor Carnelutti né di Demostene nel foro di Atene: solo di un onesto, preparato, inflessibile funzionario, dotato di un senso dello Stato ormai d’altri tempi e del quale non finiremo mai di ringraziarlo abbastanza per avere ricordato a Carlo Maria, a Peppino, ai loro tifosi e tutta la provincia di Frosinone, che lo Stato, quando vuole, se vuole, è presente.

La speranza di avere a che fare con due sindaci che finalmente abbiano capito che la campagna elettorale è finita, si infrange con le dichiarazioni delle ultime ore: Peppino e Carlo Maria sembrano due bambinoni con la faccia sporca di ciccolata che negano spudoratamente di avere toccato la Nutella e si accusano l’uno con l’altro. Peppino chiede le dimissioni di Carlo Maria che non aveva una strategia, Carlo Maria nega che gli abbiano tolto gli acquedotti. Il primo si copre di ridicolo perchè nemmeno lui ha un cencio di soluzione, il secondo si copre di altrettanto ridicolo perchè nella storia non si ricorda un sindaco smentito in maniera altrettanto clamorosa come gli sta facendo Acea in questi giorni: prima con la storia che il suo ricorso aveva paralizzato Ernesto Raio (un consiglio, prima di parlare della gente è opportuno informarsi: il dottor Raio è il tipo che in nome e per conto dello Stato, se lo Stato glielo ordina, morde agli stinchi e non molla la presa fino a quando non interviene un prefetto), poi la storia che aveva vinto il ricorso e se ne parlava a settembre, poi la storia che la consegna è differita a settembre. Se c’è un regista che sta dirigendo questo film, sappia D’Alessandro che non sta recitando ne L’Ultimo dei Moicani ma in una commedia di Totò: congedi il regista, lui è attore per ben altri scenari. Tanto quanto Petrarcone: le elezioni le ha perdute, per duecento voti, che sono uguali ad uno, per informazioni telefonare Amaseno e chiedere per quanti voti Antonio Como governa il paese in tutta tranquillità e legittimità.

Ora c’è la città. Vuole risposte. Dipende solo da loro se al prossimo giro consegnarla ad un qualsiasi candidato del 5 Stelle: realtà politica che a Cassino ci ha già regalato quella gloria patria chiamata Marino Mastrangeli.

Per favore, basta: uno governi e l’altro faccia opposizione. Ma per favore, risparmiateci questo spettacolo. Siamo già finiti sott’acqua.

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